Solness e il demone del successo: un Ibsen in chiave contemporanea
Solness
di Giuseppe Distefano per exibart
Il costruttore Solness (1892) un dramma dell’estrema maturità di Henrik Ibsen in cui tutti i temi esistenziali e personali dell’autore norvegese paiono esasperarsi in una trama simbolica complessa e tortuosa, quasi ossessiva.
Un viaggio attraverso il grande talento femminile che ha inciso, segnato e modificato la nostra storia, passando spesso attraverso dure battaglie sociali, discriminazioni e sofferenze. Hanno aderito al progetto, alcune delle firme più prestigiose e talentuose del nostro panorama autoriale.
Il teatro in carcere rappresenta un efficace strumento di rieducazione e reinserimento sociale, offrendo ai detenuti l’opportunità di esprimersi, riflettere sul proprio vissuto e sviluppare nuove competenze. La pratica teatrale aiuta a rafforzare l’autostima, la gestione delle emozioni e le capacità relazionali, elementi fondamentali per un futuro fuori dal carcere.
Sulle arie virtuosistiche e gli esaltanti pezzi corali della partitura musicale di Gioacchino Rossini (registrazione dell’Orchestra di Santa Cecilia diretta da Antonio Pappano), lo spettacolo si impone per densità poetica ed emozionale, per vigore espressivo ed intima partecipazione.
Può il teatro sentire il grido di aiuto che i nostri tempi stanno lanciando, in un mondo di cittadini impoveriti, rinchiusi in celle di realtà virtuale, trincerati nella loro soffocante privacy? In un mondo di esistenze robotizzate all'interno di un sistema totalitario di controllo e repressione in ogni ambito della vita?
Rivedere in Tv una commedia osservata in teatro, significa coglierne aspetti e ritrovare ulteriori ragioni di coinvolgimento. Questo sembra emergere dalla visione a Bergamo Tv della commedia ‘I contadini coraggiosi di Calvenzano’...
Un testo, l’ultimo di Čechov, che presenta a tratti monologhi più concettuali e smaccatamente filosofici rispetto ai precedenti, ma che continua a sballottarci da un personaggio all’altro, spostando la “ragione” su più punti e facendoci letteralmente girare la testa.
L’assurdo non vive gettato nel domani, ma vive ogni istante presente nella folle compiutezza. In quella annunciata illogicità dell’Imperatore non esiste una scala di valori, l’uomo deve puntare all’ammasso, alla quantità delle esperienze, vivere nel disinteresse del futuro e nel desiderio di consumare tutto ciò che ci è dato nell’esistenza.
Il passo a due a distanza è un crescendo passionale tra ricordi, fantasia e desiderio, con un finale imprevedibile. Il lavoro è scritto interamente in versi e trascina l’attenzione di chi ascolta in un vortice emozionale.
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