#131 - 15 giugno 2015
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterŕ  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerŕ  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, puň durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni piů importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchč (Mark Twain) "L'istruzione č l'arma piů potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non č un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchč i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltŕ  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensě nella capacitŕ  di assistere, accogliere, curare i piů deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltŕ  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo č un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminositŕ, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Il testo Telepromozioni è risultato segnalato dalla Giuria del Concorso Nazionale “La Valle delle Storie II edizione” promosso dall’Associazione Terra di Mezzo e dalla Biblioteca Errante di Vallefiorita”

I

telepromozioni

di Ruggero Scarponi

La Signora Rosa passava quasi tutto l’inverno tra la televisione, sempre accesa fino a tarda sera e la finestra della sala da pranzo, da cui poteva osservare il passeggio della gente nella via sottostante. Essendo freddolosa e assai risparmiatrice, per evitare di accendere i caloriferi e difendersi dal gelo, nei mesi più freddi, viveva tutta intabarrata sotto strati di vestaglie e camicioni di lana. Sulle gambe, poi, indossava pesanti calze tipo collant e in più dei calzettoni da montanaro che le arrivavano fin sopra il ginocchio e che dovevano essere appartenuti al figlio, quando, da ragazzo, si era appassionato all’alpinismo. Completavano la tenuta delle orrende pantofole, imbottite di finta pelliccetta d’agnello ingrigita dal tempo e sformate sul tallone fino ad essere ridotte al rango d’ordinarie ciabatte.

Nella città, d’inverno, pioveva spesso e da dicembre fino a marzo non era raro che fioccasse la neve. La signora Rosa si godeva quelle giornate più che se facesse bel tempo. Specie nei tetri pomeriggi, quando, appollaiata dietro alla finestra, si divertiva a spiare i passanti sferzati dalle intemperie sotto esili ombrelli e che, spesso, finivano innaffiati dagli spruzzi delle auto in corsa sulle pozzanghere.
Ma la cosa che più le piaceva era di assistere al lento declinare della luce del giorno che da grigio-chiara a poco a poco, all’avanzare del pomeriggio, andava spegnendosi fino a confondersi nell’oscuro giungere della sera. Il buio di quell’ora penetrava anche nella sua misera casa che risplendeva soltanto nella sala da pranzo illuminata dal tenue chiarore della televisione. Quello era il momento di mettersi in poltrona a guardare la tivù, fin l’ora di cena.

La signora Rosa era indifferente a quasi tutti i programmi, che guardava con lo stesso disinteresse, però le piaceva essere cullata dal chiacchiericcio televisivo, in una condizione di dormi-veglia, nel quale scivolava dopo pochi istanti che si era accomodata sulla poltrona. Le uniche cose che avevano il potere di risvegliarla e di richiamarne l’attenzione erano le televendite. Suo figlio aveva cercato di metterla in guardia più volte su quel genere di acquisto. Spesso, le aveva detto e ripetuto che dietro l’apparenza di affari vantaggiosi si potevano nascondere volgari truffe per ingenui. Ma la signora Rosa, da quella testarda che era, non si era fatta convincere o meglio, gli unici capaci di convincerla, erano proprio i tele-imbonitori che specie negli ultimi anni, da quando era diventata più anziana, le avevano venduto di tutto. Suo figlio a volte si spazientiva e arrivava ad alzare la voce, vedendo come sua madre sperperava il poco denaro della pensione, acquistando oggetti inutili o sopravvalutati. Tuttavia la signora Rosa alle sfuriate del figlio opponeva un silenzio ostinato, come una muraglia impenetrabile, dietro la quale si ritraeva risentita. Evidentemente suo figlio non poteva capire l’importanza di possedere, per una come lei, certe cose. Non poteva capire la sua ansia di ricevere il pacco con l’oggetto acquistato, a mezzo posta, come fosse un dono inviatole per magia da un luogo immaginario e sconosciuto. E poi se qualche volta si era lasciata andare a comprare qualche oggetto futile, era stato per causa della cataratta che le impediva di vedere chiaramente gli oggetti posti in vendita.

Una sera si risvegliò all’improvviso. Come al solito si era addormentata in poltrona con la televisione accesa. Dal video riuscì a cogliere, tra il sonno e la veglia, il tono concitato con cui l’imbonitore stava reclamizzando qualche cosa. Doveva trattarsi d’un affare da non lasciarsi sfuggire, pensò agitata. Cercò di focalizzare l’attenzione con scarsi risultati. Quelle maledette pillole che le aveva prescritto il dottore e che suo figlio si era tanto raccomandato che prendesse prima di cena, le rendevano tutto confuso. Riuscì solo a comprendere il prezzo e qualche altra cosa vaga ma che in ogni caso doveva rappresentare un’occasione unica. L’uomo dalla televisione la fissava, mentre aumentava il ritmo delle parole. Le sembrava addirittura che la chiamasse per nome. La voce si faceva ogni momento più insinuante, perentoria e allo stesso tempo lusinghiera e carezzevole. Rosa si sentiva mancare il respiro per l’agitazione. Il cuore le batteva in petto come un tamburo impazzito. Era una super offerta, valida solo per quel giorno, non poteva lasciarsela sfuggire. Ma come fare? Con tutta quella nebbia che le offuscava la testa, non riusciva neanche a capire dove si trovava, se in casa sua o in un luogo estraneo. Allungò tremante una mano alla ricerca del telefono, con gesto istintivo e quasi piangendo per lo sforzo, compose il numero per fare l’ordinazione. Poi si accasciò stremata e dormì fin l’ora di cena.

Fu qualche tempo dopo, in un tetro pomeriggio che si presentò alla portineria del palazzo, il figlio della Signora Rosa. Aveva occhi azzurri, gelidi e al fondo vi si scorgeva una rassegnata stanchezza. Parlò con il portiere, che lo accolse con poche parole di partecipazione e d’incoraggiamento. Il figlio della Signora Rosa disse che si trovava fuori al momento in cui era avvenuto il fatto e non era potuto rientrare prima. Ora desiderava ringraziare chi si era occupato di tutto e pagare il conto del funerale.
Il portiere aprì le braccia per schermirsi e rispose che lui stesso, in assenza dei parenti, aveva pensato al disbrigo delle pratiche e alla cerimonia in chiesa, alla quale avevano partecipato solo i pochi fedeli della messa mattutina. Per le spese, invece, non si doveva preoccupare, la Signora Rosa, poco prima di morire, come per una premonizione, aveva acquistato il funerale ad una televendita molto conveniente e tutto era stato pagato in anticipo.

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