#344 - 20 gennaio 2024
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Storia

NOTE SULLE
MEMORIE DEI GIORNI

-Arriva il 13 al Totocalcio: «Quote più elevate nei concorsi popolari. La scheda a 13 vi porterà fortuna!» Con questo messaggio accattivante, agli amanti della storica schedina viene annunciato che da domenica 21 gennaio, se vorranno portarsi a casa l'intero montepremi, dovranno indovinare tredici risultati e non più dodici. Una piccola grande rivoluzione nel mondo dei pronostici e della lingua italiana, destinata a durare oltre mezzo secolo.
Ideata nel 1946 dal giornalista sportivo Massimo Della Pergola e ribattezzata due anni dopo (con la gestione diretta del CONI) Totocalcio, la schedina entra subito nel cuore di migliaia di italiani, che al bar e nelle case si ritrovano a rispettare un rito di speranzosa attesa della domenica calcistica. I loro sogni di riscatto sociale e di una vita migliore sono legati a un numero: il 12.
Tante le partite elencate su quel foglietto rettangolare, di cui bisogna azzeccare l'esito finale. Impresa non facile visto che, statistiche alla mano, parliamo di una possibilità su 531.441. Ciononostante, non pochi sul finire del weekend si trovano a gridare «Ho vinto!», per aver centrato dodici o undici risultati. Per questo le quote sono spesso popolari e a cinque anni dal lancio del gioco gli organizzatori pensano a una modifica.
Si arriva alla prima giornata del girone di ritorno del campionato di serie A 1950/51, in cui fa la sua comparsa la nuova griglia a 13 partite. Le regole restano immutate, tranne che da adesso si vince con il 13 e con il 12. Le probabilità di ottenere la vincita massima salgono a 1 su 1.594.323 ma subiscono una decisa impennata anche le quote. L'anno dopo viene introdotta la seconda colonna che dà alla schedina il formato storico, al costo minimo di 100 lire a colonna.
Da qui in poi il numero dei giocatori e delle giocate cresce vertiginosamente e si registrano le prime vincite multimilionarie: i primi a superare i 100 milioni di lire sono Renzo Rinferi di Prato e Luigi Piacenza di Savona, che si aggiudicano, ognuno, un "13" da 104 milioni. A loro, e a tanti dopo di loro, il Totocalcio sconvolge l'esistenza e da quel momento «fare 13» entra nella lingua italiana, quale sinonimo di una strepitosa fortuna ricevuta dal destino o del conseguimento del più alto profitto tratto da un'impresa.
Verso la fine degli anni Novanta il primato del Totocalcio inizia a scricchiolare, dapprima per la comparsa di altri concorsi legati al mondo del calcio (quali Totogol, Totosei e Totobingol, questi ultimi due soppressi dal 2003); in seguito per la legalizzazione (dal 1998) delle scommesse sportive. Il mito del "13" resiste per sessant'anni, tramontando definitivamente nell'agosto 2003 quando sulla schedina debutta il "Tredicissimo", alias il quattordicesimo risultato.

-Gli Alleati sbarcano ad Anzio: Nella notte del 22 gennaio l'esercito alleato diede vita a un'imponente operazione militare che si rivelò ben più ardua del previsto, causando migliaia di perdite tra le file dei "liberatori". Lo sbarco di Anzio (nel Lazio), noto anche come Operazione Shingle, venne ricordato come una delle fasi più drammatiche della Seconda guerra mondiale combattute sul territorio italiano.
Dopo i primi risultati positivi della Campagna d'Italia (che aveva visto Inglesi e Americani sbarcare in Sicilia e in Calabria e respingere gradualmente i Tedeschi verso il centro), di fronte allo stallo dell'offensiva di terra, rallentata dai tentativi respinti di conquistare Montecassino, si studiò una strategia alternativa.
Nel corso della conferenza di Marrakech del 7-8 gennaio, il primo ministro inglese Winston Churchill e il presidente USA Franklin D. Roosevelt pianificarono l'Operazione Shingle (in italiano "ciottoli di spiaggia"). In pratica, con lo sbarco sulla spiaggia di Anzio, a soli 40 km da Roma, erano convinti di aggirare la linea Gustav delle truppe germaniche che tagliava in due l'Italia (dalla foce del Garigliano, ad Ortona, passando per Cassino), e lanciare l'offensiva verso Nord.
Il D-Day venne fissato per il 22 gennaio. Alle ore 2,45 un convoglio di 374 navi sbarcava la I Divisione Britannica sul tratto di costa fra le Torri Caldara e San Lorenzo, mentre la III divisione Americana puntava sull’arco costiero compreso tra Nettuno e Torre Astura, noti con i nomi in codice di Peter Beach e X Ray Beach. Il comando delle operazioni era affidato al generale John P. Lucas.
La strenua resistenza dei battaglioni tedeschi agli ordini del comandante Albert Kesselring da un lato, le abbondanti piogge con il conseguente allagamento della zona dall'altro, resero le operazioni più difficili del previsto. Ne seguirono feroci battaglie, che si risolsero a favore degli alleati soltanto verso la fine di maggio.
Si arrivò al trionfo di domenica 4 giugno: mentre i Tedeschi ripiegavano al di là della linea Gotica (che dalle attuali Massa e Carrara arrivava alla costa adriatica di Pesaro, passando attraverso le Alpi Apuane e gli Appennini modenese e bolognese), il generale Mark Wayne Clark, della V Armata americana, entrò nella Capitale tra la folla festante.
Ricordata come un successo da alcuni storici, come un fallimento da altri, lo Sbarco di Anzio provocò gravi perdite da ambo le parti: circa 30.000 uomini tra i soldati americani, 12.000 le vittime inglesi, 25.000 quelle tedesche. Tra le forze alleate, perse la vita E. F. Waters, padre di Roger Waters, ex bassista dei Pink Floyd. L'episodio ispirò a quest'ultimo le canzoni dell'album "The Wall", tra i migliori in assoluto nella storia del rock.

-Salvador Dalí: Artista poliedrico e tra i più eccentrici del Novecento, con il suo stile onirico è stato il maggior esponente della corrente surrealista. L'inesauribile estro che gli era peculiare lo ha portato ad eccellere in diversi campi, dalla pittura alla fotografia, dalla scultura al cinema.
Nato a Figueres, nella parte più a est della Catalogna, Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, marchese di Púbol, fu segnato dalla prematura perdita della madre, perdita da lui definita «la disgrazia più grande che mi capitò perché sapeva rendere invisibili le inevitabili imperfezioni della mia anima». Dopo una prima esposizione in forma privata nella casa paterna, in cui erano chiari i richiami alle istanze artistiche moderne, espose per la prima volta in pubblico nel 1919, al Teatro Municipale di Figueres.
Messosi in luce all'Accademia delle belle arti di San Fernando per gli slanci verso il cubismo e il dadaismo, si trasferì poi a Parigi e qui conobbe Pablo Picasso, la cui arte lo influenzerà negli anni successivi. Mentre stava ancora maturando il proprio inconfondibile stile, espose a Barcellona dividendo la critica tra entusiasti e perplessi; nello stesso periodo, imitando il grande maestro del Seicento spagnolo Diego Velázquez, decise di farsi crescere dei vistosi baffi che conservò fino alla morte.
Alla fine degli anni Venti incontrò la sua musa ispiratrice e futura moglie, Elena Ivanovna Diakonova (nota come Gala), un'espatriata russa sposata al poeta surrealista Paul Éluard. Agli inizi degli anni Trenta allestì le sue prime mostre importanti e diventò ben presto un pittore professionista, andando incontro al successo internazionale nel 1934, con la prima esposizione a New York.
Nello stesso anno fu espulso dal gruppo dei surrealisti per non aver voluto condannare apertamente il fascismo, né aver voluto manifestare le proprie simpatie politiche. Al fine di denigrarlo, di lui i surrealisti parlarono solo al passato remoto considerandolo come morto e, per sottolineare la crescente commercializzazione delle sue opere, gli fu coniato il soprannome "Avida Dollars" dall'anagramma del suo nome.
Agli inizi degli anni Sessanta, iniziò a lavorare al Teatro-Museo Dalí nella sua città natale, per il quale impiegò la maggior parte delle proprie energie fino al 1974. In quest'ultima fase trovò una seconda musa nella cantante e attrice Amanda Lear. Debilitato nel sistema nervoso (per un cocktail di farmaci somministratogli per errore dalla moglie), si spense nella città natale, il 23 gennaio del 1989.
Autore di 1.500 dipinti, illustrazioni per libri, litografie, scenografie e costumi teatrali, disegni, sculture, la più vasta collezione di sue opere si trova proprio al Teatro-Museo Dalí di Figueres e al Salvador Dalí Museum di St. Petersburg in Florida.

-Peppino De Filippo: Nato a Napoli, Giuseppe De Filippo detto Peppino è stato un maestro dell'arte di far ridere, come pochi nella storia del teatro e del cinema italiano. Attore, comico e drammaturgo tra i più amati del Novecento.
Il destino di un'esistenza votata alla recitazione era inscritto nel suo DNA. Infatti era figlio del celebre drammaturgo Eduardo Scarpetta, da cui non venne riconosciuto, come gli altri due fratelli Eduardo e Titina. Con questi ultimi iniziò a calcare i palcoscenici di tutta Italia, portando in scena diverse commedie scritte da lui.
Dopo la dolorosa separazione del 1944, per via di dissapori con Eduardo destinati a dividerli per sempre, cominciò una fulgida carriera come capocomico a teatro e come attore di spicco al cinema e in TV. Sul grande schermo formò con Totò la più celebre coppia comica della storia italiana, che ancora oggi continua a far sorridere con film come Totò, Peppino e... la malafemmina e La banda degli onesti.
In televisione, il suo estro diede vita al personaggio di Pappagone, umile servitore che si esprimeva in un gergo bizzarro e dagli effetti esilaranti. Peppino morì a Roma nel 1980, lasciando la sua eredità artistica al figlio Luigi che ne seguì le orme.

-Benz brevetta la prima vettura a motore: Accensione elettrica. Carburatore. Due posti a sedere e niente pedali. Freno e acceleratore azionati a mano. Con la Motorwagen brevettata nel 1886 dall'ingegnere tedesco Karl Benz nacque l'autovettura a motore, alimentato a benzina.
Dopo i primi esperimenti di locomozione a vapore, verso la fine del XIX ci fu un salto di qualità grazie all'introduzione di motori alimentati a gas, benzina e diesel. Dalla prima bicicletta di Starley (perfezionamento del velocipede costituito da due ruote di dimensioni differenti), si era arrivati ai primi prototipi di motocicletta.
L'ambizione di Benz era però di creare qualcosa di più comodo e che potesse trasportare più persone. Sostenuto da finanziatori privati, nel 1883 fondò la Benz & Cie. Rheinische Gasmotorenfabrik, mettendosi a costruire motori a gas a due tempi progettati da lui. Due anni dopo ottenne l'obiettivo agognato: la realizzazione di un triciclo a motore, alimentato a benzina.
Al fiasco del primo modello 1885, che si dimostrò ingovernabile andando a sbattere contro un muro, fece seguito un secondo prototipo sicuro e affidabile. Brevettato con il nome Motorwagen nel 1886, il triciclo aveva una potenza di quasi un cavallo e poteva raggiungere i 15 km/h.
A distinguerla dai modelli precedenti, semplici adattamenti di una carrozza a cavalli, era principalmente la struttura avveniristica, con accorgimenti tecnici che l'avvicinavano all'automobile moderna. Il Motorwagen montava un motore monocilindrico a quattro tempi, azionabile elettricamente, con annessi carburatore e radiatore ad acqua. Completavano le dotazioni lo sterzo e il telaio tubolare in acciaio. I primi test furono effettuati nell'estate dello stesso anno, accolti dalla freddezza e in alcuni casi dal disprezzo della gente. A questo punto Benz fu preso dallo sconforto sulla reale possibilità di trarne un successo commerciale; a risollevarlo fu l'iniziativa di sua moglie, che si rivelò un’efficace strategia di marketing. La signora Bertha, insieme ai due figli, montò sulla vettura e raggiunse la casa dei suoi genitori, percorrendo 180 chilometri tra lo stupore dei passanti.
La notizia rimbalzò sulla stampa locale e un cronista del Mannheimer Zeitung ribattezzò come "velocipede" il triciclo di Benz. Quest'ultimo, ritrovato l'entusiasmo degli inizi, s'impegnò a migliorare la sua scoperta, fino al definitivo Motorwagen 3, con ruote in legno, che venne esposto all'Expo di Parigi del 1887.
L'agguerrita concorrenza della Daimler Motoren Gesellschaft, fondata da Gottlieb Daimler (altro pioniere dell'industria automobilistica mondiale), che s'impose sul mercato con i primi modelli Mercedes (dal nome della figlia di Emil Jellinek, diplomatico e imprenditore austriaco che contribuì alla popolarità dei modelli DMG, da lui guidati nelle gare automobilistiche), mandò in crisi la Benz & Cie.
In disaccordo con gli altri soci, Karl abbandonò l'azienda per fondarne un'altra che, tuttavia, produsse autovetture di scarso successo. Nel 1926 la DMG e la Benz & Cie si fusero dando vita al gruppo Daimler-Benz e al prestigioso marchio Mercedes-Benz.

-Verne pubblica "Il Giro del mondo in 80 giorni": «Nell'anno 1872, la casa segnata con il numero 7 di Saville Row, Burlington Gardens – nella quale morì Sheridan nel 1814 – era abitata da Phileas Fogg, esq. uno dei membri più originali e più in vista del Reform Club di Londra, nonostante il suo apparente proposito di non far nulla che potesse attirare l'attenzione altrui».
Comincia così Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne, uno dei romanzi più celebri nella storia della letteratura d'avventura, da cui ebbe origine una nuova concezione del viaggio, antesignana del moderno concetto di turismo.
In dieci anni di attività, lo scrittore francese, originario di Nantes, aveva già strabiliato i suoi lettori con appassionanti avventure tra scienza e immaginazione. Dal romanzo d'esordio Cinque settimane in pallone al capolavoro Ventimila leghe sotto i mari, l'idea del viaggio come scoperta di nuovi mondi e insieme impresa straordinaria, spesso oltre i limiti delle umane possibilità, era stato fin qui il leitmotiv delle sue storie.
Il contesto storico, del resto, alimentava questo spirito d'avventura: si era nel pieno dell'Età dell'imperialismo, con le grandi potenze a contendersi pezzi di continenti, ricchi di risorse e strategici nelle rotte commerciali. Accanto a ciò, nel 1870 era avvenuto qualcosa che probabilmente aveva lasciato il segno nell'immaginario di Verne. L'imprenditore americano George Francis Train, specializzato nella costruzione di linee ferroviarie, aveva compiuto il giro del globo in treno e la sua impresa era stata esaltata da radio e giornali.
Esattamente tre anni dopo venne dato alle stampe Il giro del mondo in 80 giorni. Protagonista della storia è Phileas Fogg, un ricco signore londinese, riservato e dall'aria enigmatica, amante esasperato della puntualità e della regolarità. La sua pignoleria è tale che arriva a licenziare il suo vecchio domestico, colpevole di avergli portato l'acqua per la barba a una temperatura di 29° centigradi invece di 30°.
La medesima regolarità caratterizza la sua quotidianità, che trascorre tra partite a carte e pranzi all'esclusivo Reform Club, di cui è socio. La mattina del 2 ottobre, leggendo il Daily Telegraph apprende della rapina alla Banca d'Inghilterra e dell'apertura di una linea ferroviaria in India che, secondo l'articolista, permetterebbe di completare il giro del mondo in 80 giorni.
Ne nasce una sfida con gli altri soci che sono pronti a scommettere 20mila sterline che l'impresa è impossibile. Fogg accetta la scommessa e si dice pronto a dimostrare in prima persona il contrario, sapendo di giocarsi metà del suo patrimonio.
Parte la sera stessa insieme al nuovo cameriere Jean Passpartout, che si rivelerà un valido e fidato compagno di viaggio, e promette di ritornare a Londra entro sabato 21 dicembre. Inizia un viaggio che tra mille difficoltà ed insidie lo porta da Calcutta a New York, passando per Hong Kong. A mettergli i bastoni tra le ruote c'è l'inviso ispettore di Scotland Yard, Fix, il quale, ingannato dalla somiglianza con l'identikit, individua in Fogg il rapinatore della Banca d'Inghilterra e gli si mette alle calcagna lungo tutto il cammino.
Il romanzo ebbe un impatto immediato sul pubblico e fu fonte d'ispirazione per numerose imprese che di lì a poco fiorirono. Il primo tentativo fu della giornalista Nellie Bly che ripercorse le tracce del personaggio immaginario di Verne, portando a termine il giro in 72 giorni. Tanti altri dopo di lei presero a viaggiare per il mondo, in treno o con i mezzi più improvvisati (come la bicicletta), inaugurando quel fenomeno dei globetrotters che ebbe il suo periodo d'oro nel primo trentennio del XX secolo.
Furono innumerevoli le trasposizioni del romanzo dal cinema alla televisione. Tra i film di maggior successo, quello diretto da Michael Anderson nel 1956 e con David Niven nel ruolo di Fogg, si aggiudicò cinque Oscar su un totale di otto nomination. Molto popolare tra i giovanissimi la serie animata Il giro del mondo di Willy Fog, una coproduzione nipponico-spagnola, trasmessa in Italia per la prima volta nel 1987.

-Don Bosco: Nato in una frazione di Castelnuovo d'Asti, comune piemontese che oggi porta il suo nome, fu un sacerdote molto vicino ai giovani disagiati, per accogliere i quali fondò la congregazione dei Salesiani.
Figlio di poveri contadini dell'astigiano, Giovanni Melchiorre Bosco si avviò al sacerdozio entrando al seminario di Chieri. A Torino cominciò a prendere coscienza delle drammatiche condizioni dei giovani, molti dei quali impiegati per lavori pesanti ancor prima dei dieci anni.
Erano per lo più figli di immigrati, carcerati o poveri, ai quali decise di dare un'educazione amorevole e un luogo di serenità, fondando l'opera dei Salesiani, ispirata all'insegnamento di San Francesco di Sales e che in poco tempo si diffuse in tutto il mondo.
Morto a Torino nel 1888, Don Bosco venne dichiarato santo il 1º aprile 1934 da papa Pio XI.

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