#342 - 16 dicembre 2023
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Storia

Note sulla
Memoria dei Giorni

-Fondazione di Medici Senza Frontiere: Un'equipe di camici bianchi, uniti dalla comune esperienza in disumani teatri di guerra e in contesti sconvolti da cataclismi, decise di inaugurare una nuova era della medicina umanitaria, dando vita in Francia a un'organizzazione non governativa che non avesse confini nella sua azione. Di qui il nome Medici Senza Frontiere (dal francese Médecins Sans Frontières, noto anche con l'acronimo MSF).
Quel gruppo, la cui anima era il medico francese Bernard Kouchner, si era formato, all'interno della Croce Rossa, nel corso delle operazioni di soccorso alla popolazione del Biafra, decimata da una guerra feroce, e successivamente alla gente del Bangladesh colpita da una catastrofica alluvione.
Forti di queste esperienze decisero di metterle a frutto nell'ambito della neonata organizzazione, ispirata ai principi umanitari dell’etica medica e dell’imparzialità, senza distinzione di razza, religione o credo politico.
I primi banchi di prova furono affrontati in Honduras, Nicaragua e Vietnam, e già da qui si manifestò la duplice linea di intervento di MSF: da un lato si garantiva aiuto alla popolazione sia attraverso l'intervento sanitario e la fornitura di medicine, sia operando per una migliore gestione delle risorse, in primis dell'acqua; dall'altro si denunciava in maniera decisa, e senza sconti, all'opinione pubblica internazionale contesti di violenze e soprusi, scenari critici da tempo dimenticati, gestioni non trasparenti degli aiuti, etc.
Una linea che si rafforzò negli anni e che non escluse interventi militari sotto l'egida Onu, ritenuti necessari da MSF per contrastare genocidi e massacri di civili, come in Ruanda (nel 1994) e in Darfur (2004). Un ruolo prezioso ma certamente scomodo che in diversi frangenti vide l'ONG scontrarsi con governi e potentati economici.
Ciononostante, l'opera prestata durante la guerra in Kosovo le valse il Nobel per la Pace (insieme alla Croce Rossa sono le uniche organizzazioni umanitarie ad averlo ricevuto) del 1999, riconosciuto per la pionieristica attività umanitaria in vari continenti. Con 19 sedi nel mondo e 2.500 volontari (tra medici e operatori sanitari) attivi in 80 Paesi, MSF è oggi la più grande organizzazione medico-umanitaria indipendente al mondo.
Un sostegno prezioso alle sue attività arriva da milioni di donatori, tra i quali non sono ammesse aziende coinvolte nella produzione di armi e armamenti, di tabacco o appartenenti al settore farmaceutico. Nel novembre 2013 Medici Senza Frontiere è intervenuta a Cebu, nelle Filippine, per la catastrofe umanitaria provocata dal tifone Yolanda.

-La vita è meravigliosa debutta al cinema: La magia del Natale, con le sembianze di un "angelo di seconda classe" (perché sprovvisto di ali) sottrae George Bailey, alias James Stewart, all'estremo gesto del suicidio, facendogli riscoprire la vera bellezza dell'esistenza.
Di qui il titolo di It's a Wonderful Life ("La vita è meravigliosa"), film tra i grandi classici del periodo natalizio, che venne proiettato per la prima volta nelle sale americane, il 20 dicembre del 1946.
Ispirata al racconto "The Greatest Gift" di Philip Van Doren Stern e diretta da Frank Capra (quattro volte premio Oscar, grazie a capolavori come "Accadde una notte"), la pellicola venne premiata con cinque candidature agli Oscar, riuscendo a conquistare il Golden Globe per la "migliore regia".

-La fine del calendario maya: Se state leggendo questa voce, allora le varie teorie che prevedevano la fine del mondo il 21 dicembre del 2012 non erano del tutto... fondate! Anche se nessuno (almeno si spera) ci ha creduto davvero, il supposto completamento di uno dei cicli del calendario maya, con le conseguenti ipotetiche apocalissi, hanno generato un vero e proprio fenomeno di costume, trovando un crescente interesse dei media.
Il "non" evento ha ispirato anche alcuni film, tra cui 2012 di Roland Emmerich, uscito nel 2009, in cui i protagonisti sono alle prese con una catastrofe planetaria. Mentre nella nota serie televisiva X-Files, il 22 dicembre 2012 (il giorno successivo alla fine del ciclo maya) veniva indicata come la data in cui un popolo di alieni avrebbe invaso la Terra.
Naturalmente Google non poteva farsi scappare questa occasione e ha celebrato l'evento pubblicando globalmente un doodle ispirato allo stile maya.

-La Costituzione italiana è approvata: Montecitorio, lunedì 22 dicembre 1947. L'aula della Camera è gremita in ogni scranno per il grande appuntamento con la storia: all'ordine del giorno c'è la votazione della Costituzione della Repubblica italiana, cui hanno lavorato per oltre un anno tutte le forze politiche.
D'altronde i 556 deputati (tra di loro 21 donne) sono stati votati il 25 giugno 1946 per formare quell'Assemblea Costituente (la prima in Italia eletta a suffragio universale), il cui principale compito era di redigere la nuova carta costituzionale. Il tutto a cento anni di distanza dall'adozione dello Statuto Albertino, che era diventato il testo fondamentale del Regno d’Italia nel 1861 ma che, dopo la sconfitta della monarchia al referendum del ’46, non era più conciliabile con il mutato assetto repubblicano.
All'apertura dei lavori, prende la parola Meuccio Ruini, presidente della Commissione per la Costituzione, di cui fanno parte 75 membri incaricati di stendere il progetto generale del prezioso documento. Nelle sue parole emerge il momento difficile che attraversa la Nazione, colpita da una grave crisi economica e sociale, di fronte alla quale le istituzioni sono chiamate a dare un segnale di solidità e di lungimiranza per le future generazioni.
Questo segnale, per Ruini, è nella libera Costituzione che l'Italia sta per darsi, da lui definita «inno di speranza e di fede» e in grado di porre un argine invalicabile agli errori e ai soprusi del recente passato. Si arriva al fatidico momento del voto e la procedura adottata è a scrutinio segreto. Un'ora dopo il Presidente dell'Assemblea Costituente, Umberto Terracini, dà lettura dell'esito della votazione: presenti 515; maggioranza 258; voti favorevoli 453; voti contrari 62. La Costituzione è approvata!
Tra gli applausi dei presenti levatisi in piedi, si alza il coro unanime «Viva la Repubblica!». Firmata cinque giorni dopo, in una cerimonia solenne a Palazzo Giustiniani dal Capo dello Stato (carica provvisoria in attesa di assumere il titolo di Presidente della Repubblica) Enrico De Nicola, dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dallo stesso Terracini, entrerà in vigore dal 1° gennaio del 1948.
La legge fondamentale dello Stato italiano è composta da 139 articoli (cinque dei quali saranno abrogati con la legge costituzionale del 2001) divisi in quattro sezioni: Principi fondamentali (articoli 1-12); Diritti e doveri dei cittadini (articoli 13-54); Ordinamento della Repubblica (articoli 55-139); Disposizioni transitorie e finali (articoli I-XVIII).
È imperniata su una concezione antiautoritaria dello Stato, che si traduce nell'assegnare un ruolo centrale al Parlamento rispetto al potere esecutivo. Aspetto quest'ultimo che rimanda a un'altra peculiarità: è una costituzione "rigida", con riferimento sia al fatto che è modificabile soltanto con una maggioranza qualificata di ciascuna camera; sia all'eventualità che leggi in contrasto con essa vengano poste al vaglio della Corte Costituzionale.
La discussione parlamentare sul testo, passata attraverso 170 sedute, è stata tutt'altro che agevole e su ogni singolo articolo si sono scontrate le diverse sensibilità politiche. A partire dal 1° articolo su cui si sono trovati tutti concordi che dovesse indicare il tipo di democrazia adottato: la versione finale «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» è nata come sintesi tra la «Repubblica democratica dei lavoratori» di Palmiro Togliatti e della sinistra e la «Repubblica fondata sui diritti della libertà e sui diritti del lavoro» dei repubblicani di Ugo La Malfa.
Del testo approvato nel 1947 si conservano tre originali, uno dei quali presso l'archivio storico della Presidenza della Repubblica.

-Strage di Natale: Sono da poco passate le 19 e il Rapido 904 - partito da Napoli e diretto a Milano - vede davanti a sé la grande galleria dell'Appennino, che con i suoi 18 km collega Bologna a Firenze. A bordo, tra i circa 300 passeggeri, regna un clima di relax domenicale, in attesa di rientrare a casa, e di gioiosa ansia di riabbracciare i parenti per le festività natalizie.
Una manciata di minuti e si consuma il dramma di quella che i media ricorderanno come Strage di Natale, primo atto della sanguinosa guerra di mafia che raggiungerà il culmine nei primi anni Novanta. Dopo aver percorso circa 8 km di galleria, in località San Benedetto Val di Sambro, si avverte un tremendo boato e in una frazione di secondo il convoglio si trasforma in un'infernale trappola di fiamme e schegge di vetro impazzite.
Il buio della galleria aumenta il panico delle persone che ignorano cosa sia accaduto, ma le grida di dolore e di disperazione di alcuni fanno presagire il peggio. Particolarmente straziante (come riportato dalle testimonianze dei sopravvissuti) è la voce disperata di una madre che chiama «Federica! Federica!», cercando sua figlia di 12 anni.
Ma il nome della ragazzina finisce nell'elenco delle 17 vittime (tra di loro altri due bambini, di 4 e 9 anni), di cui 15 morte sul colpo e altre due per le gravi ferite riportate. Gli oltre 260 feriti vengono soccorsi non senza difficoltà, visto che la linea elettrica è stata messa fuori uso dall'esplosione e la galleria - completamente al buio per la poca autonomia dei neon d’emergenza - è invasa dal fumo.
Determinante è la prontezza d'intervento del personale del treno (che riceverà per questo una medaglia d'oro) e la rapidità dei soccorsi, coordinati dal servizio centralizzato di Bologna Soccorso che, in occasione dei Mondiali di Calcio 1990, diverrà il primo nucleo attivo del servizio di emergenza 118.
L'acre odore di polvere da sparo avvertito dai soccorritori fa capire che si è trattato di un attentato. Le prime ipotesi ricadono sulla matrice terroristica ma gli anni di piombo sembrano ormai archiviati e molti dettagli portano in tutt'altra direzione.
Agli inquirenti non sembra infatti una casualità che l'episodio sia avvenuto poco distante dal luogo di un'altra tragedia avvenuta dieci anni prima: la strage del treno Italicus, in cui erano morte 12 persone. Si sospetta una strategia precisa di più soggetti. In questo scenario, assume un valore altamente simbolico la scelta dei parenti delle vittime di non autorizzare i funerali di Stato.
Nel frattempo emergono i primi riscontri. Un testimone afferma di aver notato qualcuno che ha sistemato due borsoni nel portabagagli del corridoio della nona carrozza, durante la sosta alla stazione di Firenze. Questo sposta l'indagine nel capoluogo toscano, dove viene presa in carico dal procuratore Pier Luigi Vigna.
Ma la vera svolta arriva a marzo dell'85, con l'arresto a Roma di Guido Cercola e del pregiudicato Pippo Calò, vicino a Cosa nostra, entrambi accusati di traffico di stupefacenti. La perquisizione nel loro covo fa emergere una valigia con dentro un apparato ricetrasmittente, antenne, cavi, armi ed esplosivi. Tutto materiale giudicato compatibile con quello utilizzato per la carneficina del 23 dicembre.
Le nebbie si diradano e la verità comincia a venire a galla: si tratta di un attentato mafioso, il primo realizzato con un telecomando a distanza. Emerge il disegno criminale di uccidere quante più persone possibili, legato alla scelta di azionare il dispositivo nel momento in cui il treno era dentro la galleria, amplificando così la forza distruttiva della detonazione. Ma la mafia non ha fatto tutto da sola.
I legami di Calò con camorra napoletana, ambienti eversivi di destra e Loggia P2 fanno pensare a una strategia condivisa per rispondere alla guerra che lo Stato ha dichiarato alla mafia in quegli anni. Protagonisti di questa battaglia sono Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri giudici del pool antimafia, le cui indagini portano nel 1987 alla celebrazione dello storico maxiprocesso di Palermo.
Le inchieste siciliane s'incrociano con quella sulla strage di Natale, di cui il procuratore Vigna accusa Calò e Cercola, indicando come scopo finale quello di «distogliere l'attenzione degli apparati istituzionali dalla lotta alle centrali emergenti della criminalità organizzata, che in quel tempo subiva la decisiva offensiva di polizia e magistratura per rilanciare l'immagine del terrorismo come l'unico, reale nemico contro il quale occorreva accentrare ogni impegno di lotta dello Stato».
Per entrambi arriva la condanna all'ergastolo, confermata in via definitiva nel 1992. Nel 2011, le rivelazioni del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca portano all'arresto di Totò Riina (già condannato all'ergastolo in quanto capo della cupola mafiosa e ideatore della strategia stragista, cui si ricollegano le stragi di Capaci e via D’Amelio) quale mandante dell'attentato al Rapido 904.

-Debutta Natale in casa Cupiello: Luca Cupiello vive la tradizione del presepe con l'entusiasmo e l'incoscienza di un bambino, cercando testardamente il consenso del figlio Tommasino, giovane indolente e affetto da una strana cleptomania domestica. L'infantilismo di Luca sarà fonte di guai per la moglie Concetta, fino a scatenare un vero e proprio dramma familiare.
La genesi di Natale in casa Cupiello impegnò per quattro anni Eduardo De Filippo, che la portò in scena per la prima volta al Teatro Kursaal di Napoli, il 25 dicembre 1931. Quella prima rappresentazione, organizzata insieme ai due fratelli Titina e Peppino, consisteva in un atto unico, corrispondente al secondo dei tre atti, aggiunti in seguito tra il 1932 e il 1934.
La versione del 1931 fu accolta da un successo inatteso dagli stessi attori, che per contratto avrebbero dovuto recitare per pochi giorni. Dopo la divisione dai fratelli, Eduardo riprese la commedia più volte, rivisitando il testo fino alla versione definitiva del 1977 (registrata per la RAI), attualmente la più nota.
In occasione del 120° anniversario della nascita di Eduardo, il 22 dicembre 2020 Rai 1 ha trasmesso una versione cinematografica con la regia di Edoardo De Angelis, con Sergio Castellitto e Marina Confalone nei ruoli principali.

-Nasce il fumetto italiano: Nell'Italia di re Vittorio Emanuele III e del terzo Governo Giolitti apparve in edicola il Corriere dei Piccoli, supplemento settimanale illustrato del Corriere della Sera. Questa data venne considerata in seguito come l'inizio del fumetto italiano.
Fondato e diretto da Silvio Spaventa Filippi, che era partito da un’idea della pedagogista e scrittrice Paola Lombroso, il Corrierino (variante familiare usata dai suoi giovanissimi lettori) introdusse nel contesto italiano i personaggi dei fumetti americani, presentati all'interno di tavole illustrate, ognuna suddivisa solitamente in quattro strisce di due vignette ciascuna.
Ma in questo primo numero trovò spazio anche uno dei personaggi più popolari lanciati dal settimanale: Bilbolbul, un bambino africano protagonista di storie surreali. A disegnarlo fu Attilio Mussino che insieme ad Antonio Rubino (ideatore di Quadratino, altro personaggio storico) rappresentarono le colonne portanti del Corrierino fino agli inizi degli anni Cinquanta.
In questa prima fase le "nuvolette parlanti" (il termine inglese è balloon) erano rigorosamente vietate, perché ritenute diseducative. Al loro posto c'erano i sottotitoli composti da filastrocche in rima baciata, dal tono moraleggiante. Siamo certamente lontani dall'idea moderna di fumetto.
Le tavole illustrative erano permeate di valori pedagogici, patriottici e risorgimentali, in perfetta sintonia con la mentalità di allora che non ammetteva l'esistenza di libri per ragazzi concepiti esclusivamente per il loro intrattenimento. Tutto doveva avere un fine educativo, e ciò spiega perché la maggior parte dei contenuti fosse costituita da racconti, poesie e brevi testi teatrali.
Il successo del primo numero fu straordinario, al punto che venne stampato in 80.000 copie. Ciò lo rese subito un riferimento per bambini e adolescenti. Nel 1917 fu la volta di un altro protagonista storico di quegli anni: il Signor Bonaventura nato dalla matita di Sergio Tofano.
Dieci anni dopo, presero piede le nuvolette - che sul Corrierino si affermarono solamente a partire dagli anni Sessanta - grazie a nuove pubblicazioni che segnarono l'evoluzione moderna del fumetto made in Italy: dal primo numero di Topolino (edito nel 1932 da Giuseppe Nerbini) ai settimanali L’Avventuroso (che portò dagli Usa Mandrake e Flash Gordon) e Intrepido (che inaugurò il genere romantico e sentimentale).
Dopo il grande avvento, nel Dopoguerra, delle riviste dedicate a un singolo personaggio – il più amato fu Tex Willer di Sergio Bonelli, uscito nel 1948 – si arrivò agli anni Sessanta che portarono alla ribalta i "cattivi", gli antieroi per eccellenza come Diabolik delle sorelle Giussani (1962), accanto a fumetti d’autore come l'insuperabile Corto Maltese, che Ugo Pratt lanciò in "Una ballata del mare salato".
Pratt e Benito Jacovitti (padre del famoso cowboy Cocco Bill) furono gli artefici della stagione d'oro del Corrierino, vissuta dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta, suggellata dagli esordi di Lupo Alberto (pubblicato da Silver sul Corriere dei Ragazzi, nato come costola del Corriere dei Piccoli da cui si distaccò nel 1972) e di La Pimpa (creata nel 1975 da Altan e considerata il più fortunato fumetto italiano per bambini in età prescolare).
Gli anni '80 coincisero con il periodo di crisi del settore, fortemente condizionato dall'avvento dei manga giapponesi in TV, che col passare del tempo presero il sopravvento anche nelle riviste di fumetti, la prima delle quali fu Zero (1990), interamente dedicata ai manga.
Nel 2008 venne celebrato un secolo di storia del fumetto, partendo dalla prima uscita del Corriere dei Piccoli che, sebbene avesse smesso le pubblicazioni da gennaio del 1996, venne celebrato come il periodico dedicato all'infanzia più longevo d'Italia.

-Istituita la Banca Mondiale: Sostenere la ricostruzione nei territori dell'Europa e del Giappone più colpiti dalla Seconda guerra mondiale. Con questo obiettivo i Paesi firmatari degli accordi di Bretton Woods (1-22 luglio 1944) istituirono la Banca Mondiale.
Il suo campo d'azione nei decenni successivi si allargò, finanziando la costruzione di grandi infrastrutture (centrali elettriche, autostrade e aeroporti) negli Stati ex coloniali di Africa, Asia e America Latina e, dal 1990, nei paesi post-comunisti.
La struttura organizzativa venne rivista nel 2007 con la nascita del Gruppo della Banca Mondiale, articolato in cinque istituzioni, su tutte la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (IBRD) e Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (Ida).
L'attuale presidente della BM è l'economista e politico statunitense David Malpass, eletto nell'aprile 2019.

-Nasce il cinema con i Lumière: Un gruppo di operai, per lo più donne, con indosso abiti tipici della Belle Époque, esce dalla fabbrica al termine della giornata di lavoro. È l'episodio iniziale del cortometraggio proiettato dai fratelli Lumière davanti a una sparuta platea che, alla modica cifra di un franco, assistette a quello che oggi è considerato il primo film della storia del cinema.
Da tempo impegnati in esperimenti sul procedimento fotografico, Auguste e Louis Lumière (figli dell'imprenditore e fotografo Antoine) si trovarono la strada spianata dall'invenzione di George Eastman, che nel 1885 aveva brevettato la pellicola cinematografica. Da qui partirono per la messa a punto di uno strumento che fosse in grado di catturare e riprodurre immagini, fungendo al contempo sia da camera da presa che da proiettore.
Azionarlo era la più semplice delle operazioni: girando una manovella si avviava lo scorrimento e il riavvolgimento della pellicola, in modo da allungare il tempo delle riprese continue e registrare fedelmente le azioni compiute. Il destino volle che venisse brevettata con il titolo di cinematographe.
Esisteva infatti già un brevetto omonimo rilasciato al connazionale Leon Bouly. Quest'ultimo, per ristrettezze economiche, non fu più in grado di pagare il canone di locazione per i suoi brevetti, lasciando di nuovo disponibile il nome che i due fratelli poterono riutilizzare per la loro macchina (la storiografia moderna è tuttavia concorde nell'attribuire a Bouly la paternità del termine cinematografo).
Si arrivò così alla prima dimostrazione del suo funzionamento, che avvenne in forma ristretta alla Société d'Encouragement à l'Industrie Nationale di Parigi, nell'aprile del 1895. Otto mesi più tardi ci si organizzò per il suo "battesimo" pubblico. Il luogo fu scelto dal fotografo Clement Maurice, amico dei Lumière, che affittò il Salon Indien du Grand Café (una sala nel seminterrato dello storico locale parigino di Boulevard des Capucines).
Nonostante la pubblicità data all'evento nei giorni precedenti, si presentarono soltanto trentatré persone, mentre la stampa snobbò completamente l'invito. Ai presenti vennero proposti dieci episodi, della durata ognuno di un minuto scarso. Dal comico L’innaffiatore innaffiato alla tenera La colazione del bimbo (protagonisti Augustine e consorte che imboccano il loro figlioletto), il filo conduttore era la quotidianità riportata senza filtri sullo schermo. Scene di vita reale che fornirono insieme un primitivo esempio di documentario.
Gli spettatori ne rimasero strabiliati e in pochi minuti all'ingresso del locale (l'edificio oggi è parte dell'Hotel Scribe, che include il ristorante Café Lumière) si formò una calca di 2mila persone, desiderose di scoprire la «meraviglia del secolo». L'iniziale successo spinse Augustine e Louis a produrre il cinematrographe su larga scala e a mostrarne il funzionamento in giro per il mondo.
Al contempo, proseguirono sulla strada dei cortometraggi legati a scene di vita reale, tra i quali ebbe un forte impatto sul pubblico L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, realistico a tal punto, secondo fonti più o meno attendibili, da far scappare via i presenti dalla sala.
Anche se gli storici si dividono sul riconoscere ai Lumière il primato di aver inventato il cinema – una parte l'attribuisce al kinetoscopio di Thomas Edison, brevettato nel 1891 – non v'è dubbio alcuno nel considerare la proiezione del 28 dicembre 1895, come il primo film in assoluto nella storia della settima arte.
L'evento rappresentò uno spartiacque nell'evoluzione del termine cinematografo (dalle parole greche kinema = "movimento" e grapho = "descrivere"), che già dall'anno dopo iniziò a diffondersi, anche in Italia, nella versione abbreviata "cinema" (pronunciata alla francese con l'accento sull'ultima sillaba).
Nella fase antecedente al 1895, si erano compiuti diversi esperimenti legati al movimento delle immagini. Tuttavia, un passo significativo verso la possibilità di riprodurle dal vero si era avuto con la camera oscura di Leonardo da Vinci e ancor di più con la lanterna magica (inventata tra il XVI e il XVII secolo), ritenuta la madre del moderno proiettore.
Dispositivi più sofisticati si erano avuti soltanto a partire dal XIX secolo: dal Fenachistoscopio del belga Plateau (considerato il più diretto antenato della pellicola cinematografica) al Teatro Ottico del francese Reynaud (precursore sia del cinema che del cartone animato).

-Frank Sinatra incide My Way: «Ho amato, ho riso e pianto; ho avuto le mie soddisfazioni, la mia dose di sconfitte. E allora, mentre le lacrime si fermano, trovo tutto molto divertente. A pensare che ho fatto tutto questo; e se posso dirlo, non sotto tono. "No, oh non io, l'ho fatto alla mia maniera"».
È una delle ultime strofe, forse la più significativa, di My Way, brano che Frank Sinatra registrò un martedì di dicembre, negli studi della Reprise ad Hollywood. Nemmeno lui, The Voice (il suo soprannome più celebre), sospettava che sarebbe diventato l'inno del mito americano del self-made man, dell'uomo che si è fatto da sé e che ha vissuto tutta la vita «a modo suo», senza rimpianti.
Tutto ebbe inizio in Francia, verso la metà degli anni Sessanta, grazie a uno sconosciuto compositore di nome Jacques Revaux che creò una triste melodia accompagnata da un testo in inglese, subito bocciata dai suoi produttori. La musica conquistò invece Claude François, artista pop che in quegli anni iniziava a scalare le classifiche con riuscite cover di hit americane (come If I had a hammer, nota in Italia nella versione Datemi un martello di Rita Pavone).
François mantenne la base musicale di Revaux, cambiando totalmente il testo e optando per la lingua francese: ne uscì un malinconico ritratto della routine coniugale dal titolo Comme d'habitude (in italiano "come al solito"). L'immediato successo spinse l'artista transalpino a tentare la fortuna anche nel contesto italiano ma con scarsi risultati (la versione tradotta da Andrea Lo Vecchio finì sul lato B di un 45 giri dal titolo Se torni tu).
Nel frattempo, Comme d’habitude veniva passata ogni giorno in tutte le radio francesi e il caso volle che in quel periodo si trovasse a passare da quelle parti Paul Anka (autore della celebre Diana). Quest'ultimo ne rimase folgorato e, dopo aver raggiunto un accordo sui diritti, decise di ricavarne una nuova versione in inglese.
Ci lavorò per una notte intera e alle 5 del mattino chiamò Sinatra in Nevada, dicendogli: «Ho qualcosa di veramente speciale per te». Il suo primo pensiero era andato istintivamente all'amico e collega Frank che riteneva il più adatto a interpretarla. All'entusiasmo di Paul si contrappose l'iniziale perplessità del collega (che proprio in quel periodo meditava di ritirarsi dalle scene), di fronte a un testo che parlava di una persona giunta sul viale del tramonto.
A convincerlo che si trattava invece di un inno alla vita, e alla grandezza di un uomo che ha vissuto senza rimpianti, fu la figlia Nancy. In molti sono convinti che si debba ringraziare lei se quel martedì 30 dicembre venne incisa una delle più belle canzoni di sempre. Inclusa nell'omonimo album edito a febbraio dell'anno seguente, My Way conquistò presto le prime posizioni delle classifiche Usa.
Negli anni a seguire divenne uno dei pezzi preferiti da Sinatra che la eseguì in tutti i suoi concerti, fino al definitivo ritiro nel 1995. A omaggiarla con interpretazioni d'autore furono mostri sacri del rock come Elvis Presley e più recentemente star del calibro di Celine Dion e Michael Bublé. Ad oggi sono 132 le versioni recensite, tra le italiane quella di Mina è stata la più apprezzata anche dallo stesso Sinatra.
Il brano venne a tal punto identificato con The Voice, che nell’Unione Sovietica si parlò di dottrina sinatra a proposito della politica estera del governo Gorbačëv, indirizzata alla non ingerenza negli affari interni delle nazioni alleate del Patto di Varsavia. Fu chiamata così dal funzionario russo Gerasimov, con riferimento alla condizione di piena autonomia di quei paesi che potevano agire "a modo loro", come il protagonista di My way.

-Primo censimento in Italia: Nella notte tra il 31 dicembre 1861 e il 1° gennaio 1862, a nove mesi dalla nascita del Regno d'Italia, gli italiani provarono a contarsi e a tracciare la prima radiografia della popolazione, suddivisa per sesso, età e stato civile.
Promotore dell'iniziativa fu il ministro dell'agricoltura, Filippo Cordova, che in una relazione ne sottolineò l'urgenza, visto che in molte zone del paese non si registrava un'attività di censimento da oltre trent'anni. I dati raccolti dal Censimento generale della popolazione e delle abitazioni consegnarono un quadro che appare lontano anni luce dall'Italia recente.
Residenti 22.182.377 (che salivano a circa 26 milioni, considerando le zone non ancora annesse), con un 51% di maschi. L'età media era di 27 anni, mentre la percentuale degli ultrasettantenni era ridottissima. Una popolazione, di gran lunga, più giovane di quella attuale, con un alto tasso di natalità (i bambini con meno di 10 anni rappresentavano il 24% del totale) e nuclei familiari numerosi (con 4 componenti in media).
Nell'ordine, Napoli (447mila circa), Torino (204mila) e Milano (196mila) erano le città con il maggior numero di abitanti. Il dato più allarmante era legato al livello di analfabetismo: il 78% degli italiani non era in grado di leggere e scrivere, con picchi del 90% in Calabria, Sicilia e Sardegna.
Registrato per legge ogni dieci anni, il censimento venne affidato dal 1926 all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). L'ultimo, completato nel 2011 (il primo a permettere la compilazione del questionario via web sul sito dell'Istat), ha interessato una popolazione residente di 59.433.744.

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