In occasione del 21 novembre: Giornata mondiale dell'albero
Un albero...un bosco
di Dante Fasciolo

C’era una volta un pezzo di legno…
Geppetto prese subito gli arnesi e si pose ad intagliare e a fabbricare il suo burattino…
Gli fece subito i capelli, poi la fronte, poi gli occhi….
Figuratevi la sua meraviglia quando si accorse che gli occhi si muovevano
e che lo guardavano fisso fisso.  

“Io ti spiavo dal mio fusto scaglioso;
ma tu non sentivi, o uomo battere i miei vivi cigli presso il tuo collo adusto.
Talora la scaglia del pino è come una palpebra rude
che subitamente  si schiude, nell’ombra, a uno sguardo divino”.  

Dagli albori della storia della terra e nell’evoluzione della vita dell’uomo,
gli alberi ci guardano e ci seguono 
e non sempre l’uomo si accorge di loro, salvo che per pratica utilità.
Se potessimo  anche noi contraccambiare lo sguardo 
e parlare e ricordare insieme come
“…le leggi antiche ebbero cura anche degli alberi…”
allora potremo, ancora insieme, scoprire ciò che ci unisce, 
la nostra dimensione, e il posto che ci spetta,
tra l’abbraccio forte alla terra di robuste radici 
e la tensione al cielo di verde implorante. 

“C’è una selva antica, curvata da robusta vecchiaia  
con le chiome mai tagliate inaccessibili ai raggi del sole;  
le tempeste non l’intaccano, né può averne ragione Noto,  
né Borea che si abbatte dalle nordiche regioni di Tracia.  
All’interno una serena quiete, un silenzio religioso e assoluto,  
un vago barlume della luce che non riesce a penetrare.  
E queste tenebre hanno la loro divinità:  
la figlia di Latona custodisce il bosco,  
la sua immagine è impressa sui pini e sui cedri e su ogni albero della foresta”.   

Furono i templi delle divinità, le foreste…oggi sopraffatte e violentate.    
Nel nome di una malintesa civiltà del benessere  
alberi, boschi e frutti sono soltanto voci nel libro del profitto.
L’equilibrio della vita contemporanea è instabile,
pesi e responsabilità hanno bisogno di un nuovo assetto:
non si può caricare il bosco, né la terra, oltre misura; rischio sopravvivenza.  

“Restituiscimi sole al mio destino agreste, pioggia del vecchio bosco,
rendimi l’aroma e le spade che cadevano dal cielo, 
la solitaria pace di erba e di pietra…l’odore del larice…
Terra, rendimi i tuoi doni puri,
le torri del silenzio che salirono dalla solennità delle sue radici:
voglio tornare ad essere ciò che non sono stato, 
imparare a tornare da così profondo che fra tutte le cose naturali
possa vivere… o non vivere.”

 
        