#319 - 3 dicembre 2022
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerà  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Shaliran - 2

Il Piccolo fiore sorridente

di Ruggero Scarponi

La bella Manshay fugge dallo stagno di Kelhor

Alzò, la bella Manshay il volto dal pianto rigato. E dopo un istante di meditato silenzio, così parlò - O Shaliran, piccolo fiore sorridente dello stagno di Kelhor, più non udrai dalla mia voce il canto dell’usignolo. Più non udrai nelle verdi frescure dei giardini di Shamor, risuonare il mio riso cristallino. La Dea Belt ha ripudiato il mio cuore. Non ha effuso su di me il tenue sussurro profumato. E così ora, nulla può recarmi conforto, né la dolcezza di queste frondose rive, né l’erba rigogliosa, né l’affettuoso abbraccio che tu, Shaliran, presa d’amicizia per me, stringi sulle mie spalle tremanti - Così rispose la bella Manshay a Shaliran, Il piccolo fiore sorridente. Cinse, allora, con lunghe stringhe la candida veste di lino alla vita, la bella Manshay dai capelli color della notte e lontano dallo stagno di Kelhor, affranta, si volse in cammino.

Rudash svela a Khalina l’intenzione di condurla presto nella città di Shawrandall

Così parlò Rudash a sua figlia Khalina – Figlia, è giunto il tempo di condurti nell’onorevole città di Shawrandall perché tu possa recare onori e offerte al sacro tempio. Per quel giorno, Betelian, tua madre, preparerà per te la veste color del cielo e il gioiello che riluce della luce del sole. Poi, le tue sorelle ti recheranno, acqua profumata, focaccia e datteri, i dolci frutti che infondono forza nel cammino e allegrezza nello spirito. Con te recherai la sacra gatta di Nahor affinché rimiri nel tempio Kargallan l’immagine della prediletta tra tutti gli dei, così che tornando a casa ne conservi negli occhi, come tempio vivente, il divino riflesso -
Questo disse Rudash a Khalina che seduta presso il focolare intenta alla cucina delle carni l’ascoltava col cuore pieno di vivida speranza. E mentre l’anziana schiava Ikhut versava, non vista lacrime di dolore.

Quemosh figlio di Rudash esorta il padre ad affidargli Khalina

Giunse al campo, dove Rudash dal mattino era intento al lavoro e già alto era l’impietoso sole, suo figlio Quemosh e così gli parlò - Padre, tuo figlio Quemosh, il primo dei tuoi figli, ti saluta e ti onora -. Gli rispose Rudash - salute a te Quemosh, figlio mio -. Padre, - disse ancora Quemosh,- si avvicina il tempo in cui nel mese H’aruk, le vergini terzogenite sono condotte al mercato per essere vendute. - Così è scritto e tramandato da innumerevoli anni, figlio mio, dalla legge dell’onorevole città di Shawrandall. - Padre nel lontano paese di Kabar, dove ho condotto gli armenti al tempo in cui fioriscono le more del deserto, ho incontrato il ricco mercante Sadur. A lui, ospite nella mia tenda, narrai la bellezza della nostra terra e la ricchezza della tua casa. Gli dissi, padre, che gli Dei ti avevano onorato grandemente, donandoti una moglie devota, tre buoni figli per il lavoro e tre degne figliole. Conosciuto il loro nome fu preso da curiosità per Khalina, la più giovane tra le tue figlie. Di lei lodai la grazia, la bellezza e la virtù dell’obbedienza. - Ciò che hai narrato è vero, Quemosh, figlio mio. -Padre il ricco mercante Sadur, ti manda i suoi saluti e ti onora con questo oggetto, un pugnale di cui per finezza e ricchezza di decoro, non ve n’è l’uguale tra tutti i paesi che si possono scorgere dall’alto delle bianche cime del Kebet.- Perché Quemosh il ricco Sadur mi degna di tanto onore?- Chiese Rudash.

  • Egli ti implora Padre, di inviare a lui, Khalina la terzogenita figlia della tua casa. Egli desidera di averla per le lodi che ne feci e il compenso che vorrai te lo pagherà senza farne mercato. - Così Quemosh il primo tra i figli di Rudash parlò a suo padre.
    Era quella l’ora in cui il sole dall’alto del cielo sferzava gli uomini e la terra. Allora Rudash fu stanco e provò il desiderio di riposare all’ombra del grande albero al margine del campo. In silenzio si avviò appoggiando le stanche membra al bastone e giunto sotto le ombrose fronde si distese per riposarsi. Poi, comandò a suo figlio Quemosh di recarsi alla vicina fonte per riempire una brocca di rinfrescante acqua così da dissetarsi per la grande arsura che il duro lavoro e il sole dardeggiante gli avevano procurato. Giunto Quemosh con l’acqua così gli parlò Rudash- non è bene che un uomo faccia mercato di ciò che non possiede. Tu Quemosh offendi tuo padre parlando con il mercante Sadur. E questo pugnale riportalo a colui che te l’ha affidato che tu, nulla che sia tuo possiedi e di nulla che non sia tuo puoi far mercato. Parlando di mia figlia e tua sorella Khalina, giustamente ne hai tessuto le lodi ma guai al figlio che sottrae al Padre i suoi beni. Khalina appartiene a me che sono suo padre e solo a me è dato di disporne. Ora allontanati che fino al prossimo sorgere del sole non abbia a vederti e non debba ricordarmi l’offesa che mi hai recato.- Così disse Rudash a suo figlio Quemosh, il primo tra i suoi figli.
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