#318 - 19 novembre 2022
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerà  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

Si narra della dea Belt e delle giovani vergini dello stagno di Kelhor
al tempo dell’onorevole città di Shawrandall

Shaliran

Il Piccolo fiore sorridente

Prima parte - il risveglio

di Ruggero Scarponi

Tutti gli anni, dal quindicesimo giorno del quinto mese di H’aruk, del ciclo di Kos, le belle vergini fanciulle, terzogenite, della onorevole città di Shawrandhall, compiuti quindici anni, venivano condotte al mercato per essere vendute.
Khalina quella mattina si svegliò di buon’ora. Vide le stelle pallide e la luna argentata alta sull’orizzonte. Il sole non era ancora sorto e il sonno gravava indolente sugli occhi del mondo. Khalina quel giorno compiva quindici anni ed era felice. Per questo si era svegliata presto. Prima dell’anziana schiava Ikhut, che presto si alzava per accendere il fuoco sul grande focolare dopo aver reso l’omaggio mattutino agli dei, versando sulla soglia della casa il succo del fiore di rhan. Prima della mamma che presto si alzava per impastare la farina per le focacce da cuocere sulla pietra per la colazione degli uomini. Prima del babbo che presto si alzava per mangiare la focaccia e preparare gli animali per il lavoro dei campi. Prima delle sorelle che presto si alzavano per andare alla fonte a lavare le vesti e ad attingere l’acqua. Prima dei fratelli che presto si alzavano per mangiare la focaccia prima di prendere l’arco e le frecce per andare alla caccia sui monti. E prima della sacra gatta di Nahor che presto si svegliava per mangiare il cibo che il sacerdote del tempio Karhgallan aveva prescritto per tutte le sacre gatte di Nahor. Khalina era felice perché, come era stato scritto e tramandato da innumerevoli anni, quel giorno la dea Belt, la dea dei fiori e delle fanciulle le avrebbe finalmente soffuso il tenue sospiro profumato presso lo stagno di Kelhor.

Lo stagno di Kelhor

Khalina era ansiosa di ascoltare la Dea. Si sarebbe seduta sulla pietra minshoil presso la riva dello stagno di Kelhor e al sorgere del sole avrebbe per la prima volta nella sua vita rivolto lo sguardo alla superficie, proprio nel momento in cui i raggi del sole l’avrebbero illuminata.
La dea Belt le avrebbe soffiato in quell’istante il tenue sospiro profumato e lei per la prima volta avrebbe conosciuto se stessa, lì, sulla superficie di cristallo dello stagno di Kelhor. Con quanta ansia aspettava quel momento! E con quanta trepidazione!
Sapeva, come era stato scritto e tramandato da innumerevoli anni che era proibito alle giovani vergini rivolgere lo sguardo sulla cristallina superficie dello stagno di Kelhor prima che i fiammeggianti raggi del sole la indorassero completamente.
La Dea Belt le avrebbe sussurrato il suo nome e le avrebbe indicato la sua via e da quel momento avrebbe cessato di essere una Ang’Hay, che vuol dire: schiava della casa in cui si nasce, per diventare prima del sorgere della nuova luna una, Rang’Hay, che vuol dire: insieme al padrone della casa. Nello stagno di Kelhor dopo che i raggi del sole ne avessero inondato la cristallina superficie, alle giovani vergini terzogenite, era consentito di rimirare il proprio volto.
Era altresì consentito di entrare nella fresca acqua e disciogliere le proprie vesti per poter conoscere tutte le membra dei loro giovani corpi. In quel giorno a nessun altro era consentito di accedere allo stagno e le giovani vergini potevano trascorrere tutta la mattinata rinfrescandosi nell’acqua cristallina prima di ritirarsi negli ombrosi cespugli e cogliere in solitaria attesa ancora una volta in quel giorno il sussurro profumato di Belt la dea dei fiori e delle fanciulle.

La bella Manshay e il canto interrotto

La bella Manshay cantava il canto dell’usignolo, circondata dalle altre vergini di Shawrandall. Bella era la sua voce di delicata seta intessuta.
La bella Manshay presa d’amicizia per Khalina volle con lei svelare le proprie membra nello stagno, sciogliere e poi legare insieme i lunghi capelli color della notte e intrecciare le bianche dita della mano destra. D’amicizia era presa per Khalina e le giovani vergini di Shawrandall le cosparsero entrambe dei profumati fiori di Rhan mentre la bella Manshay cantava il canto dell’usignolo. Belt, la dea dei fiori e delle fanciulle aveva soffuso sulle belle vergini terzogenite il proprio tenue sospiro profumato. Khalina aveva ricevuto il nome nuovo.
La dea le aveva soffiato dolcemente sull’orecchio destro il nome di Shaliran, che significa: il Piccolo fiore sorridente. Il sole ardente scaldava l’acqua dello stagno di Kelhor mentre le giovani vergini si tuffavano nelle sue acque cristalline o riposavano sulle verdi rive coperte di morbida erba rigogliosa. La bella Manshay guardò Kalhina negli occhi e spense per sempre il suo canto. La dea Belt non aveva soffuso su di lei il tenue sospiro profumato e su di lei non aveva pronunciato il nome nuovo. Allora la bella Manshay sciolse le dita intrecciate della mano destra con Khalina e i lunghi capelli color della notte, salì sulla verde riva dello stagno di Kelhor, nascose il volto tra le mani e pianse un pianto dirotto.

Come Shaliran condusse a se per recarle conforto la bella Manshay

Mentre la bella Manshay piangeva, il volto nascosto tra le mani sulla verde riva dello stagno di Kelhor, vicino le si fece Shaliran, per condurla a se e recarle conforto. Così si rivolse Shaliran, il piccolo fiore sorridente, dello stagno di Kelhor alla bella Manshay dalla voce di seta intessuta.
-O bella Manshay, figlia della nobile casa di Shamor, bella tra le belle dello stagno di Kelhor perché più non allieti la tua Shaliran, presa d’amicizia per te, con il canto dell’usignolo? Perché bella Manshay disperdi sulla morbida erba le tue preziose perle di scintillante rugiada?-
Così, parlò Shaliran. E alzatosi improvvisamente l’aspro sospiro del vento del Kebet che sui monti raggela i viandanti e nella piana increspa le acque cristalline dei laghi, prese, Shaliran una candida veste di lino e se ne ricoprì le membra. Così fece Shaliran e con una candida veste di lino coprì la bella Manshay perché non provasse il brivido dell’aspro vento del Kebet. Poi raccolti, in colorati nastri, i lunghi capelli color della notte della bella Manshay, appresso le si fece e tra le braccia la tenne, perché più vicino potesse ascoltare il battito del suo cuore e insieme, prese d’amicizia, dissolvere i veli della tristezza acciocché come era stato scritto e tramandato da innumerevoli anni nulla turbasse le vergini terzogenite dell’onorevole città di Shawrandall, presso lo stagno di Kelhor nel giorno sacro a Belt dea dei fiori e delle fanciulle.
(continua)

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