#313 - 3 settembre 2022
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
beni culturali e paesaggistici

In collaborazione con l'Associazione Amici dei Mulini Storici

Trapani

Mulini storici

Il mulino antico del Museo del sale a Nubia

Mulino museo del sale Trapani - Il Museo ristorante nel mulino.

I settecenteschi edifici della salina Culcasi che ospitano il Museo del Sale a Nubia sono caratterizzati da un antico mulino ancora in ottimo stato di conservazione.

Il Mulino e la salina Culcasi fanno parte della Riserva naturale delle Saline di Trapani e Paceco. Ricco di reperti e testimonianze del passato è inoltre un ottimo ristorante in un contesto esclusivo.

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Il mulino Culcasi ha origini antiche. Infatti, a partire dal 1488 fu impiantata la salina Chiusicella su disposizione di Ferdinando il Cattolico re di Spagna. La struttura che oggi vediamo è quella del mulino a stella o olandese, che tra i due tipi di mulino a vento esistenti a Trapani è il più antico.

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Il mulino a stella - Strugttura esterna del mulino.
Il mulino a “stiddra” si è affermato sin dai primi anni del ‘700. Si compone essenzialmente di due parti. La parte esterna è costituita da una struttura in muratura di forma tronco-conica, alta 6-7 metri, chiamata torre del mulino.
Su di essa si innesta la cupola a forma conica, (cubulinu), costituita da un’armatura lignea ricoperta da lamiera zincata con le sei pale trapezoidali (ndinni), disposte radialmente ad un albero detto “cilindru”.
Le pale costruite in legno di castagno hanno una lunghezza di 4 metri circa e sono formate da un asse centrale e due laterali. Tutte le pale sono collegate tra di loro da una fune, che prende il nome di “giruveli”. Sulla struttura di ogni pala viene steso un telo bianco, detto “cuttunina”, molte resistente, che, investito dal vento, fa ruotare le pale.

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La parte meccanica, a cominciare dall’alto, si compone di una struttura su cui poggia la cupola, che permette il funzionamento del mulino. Sul cilindro è fissata una corona di legno, la ruota di sopra, provvista di denti ed in grado di trasferire il movimento sull’asse verticale, il palo.
All’altra estremità dell’asse, poi, è collocata un’altra corona di legno, la ruota di sotto, la quale trasmette la forza ad un altro pignone ligneo detto “cunocchia”, collegato ad un’asse orizzontale (alma da spira), che permette la rotazione della vite di Archimede o della grossa mola in pietra, secondo l’uso cui è destinato il mulino.
Infine sotto la torre vi è la cosiddetta casa del salinaro dove un tempo dimoravano i salinari durante la raccolta del sale. Nel nostro caso, la casa del salinaro è stata adibita a Museo del Sale da una parte ed a Ristorante delle Saline dall’altra.

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In breve la storia del proprietario del mulino. Alberto Culcasi vive a Nubia, piccola frazione del Comune di Paceco, dove gli abitanti alternano l’attività agricola con quella di salinaio. Anche lui da giovane, nei mesi di luglio e agosto, va a lavorare nella salina.
Ma, trovando il lavoro in salina più soddisfacente dell’attività agricola, decide di prendere in affitto la salina Chiusicella, che si trova a due passi dalla sua abitazione, per lavorarci insieme ai suoi tre figli. Purtroppo l’alluvione del 1964 distrugge tutti i suoi sacrifici.
Il proprietario, il cavaliere Platamone, che vive lontano dal mondo della salina, non intende affrontare le spese necessarie per riportare allo stato produttivo la salina, e così Alberto Culcasi decide di acquistarla.

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Culcasi ricorda che ci vollero anni di lavoro per ricostruire gli invasi, per pulire le vasche piene del fango portato dall’alluvione, per ricomporre il mulino distrutto dalle intemperie, ma alla fine la salina è tornata a produrre. Nel 1984 ha affittato al Comune di Paceco parte del caseggiato sito nella salina, per essere adibito a Museo del sale. Ha messo a disposizione del Museo attrezzi suoi e ha collaborato di sua iniziativa ad intrattenere i numerosi turisti che si recavano a visitare il Museo.

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Culcasi trascorre tutte le sue giornate alla salina, dove cerca di attuare delle trasformazioni negli invasi per migliorare la produzione del sale e programma un moderno sistema di allevamento del pesce, oltre ovviamente, la ristrutturazione del mulino e la creazione del ristorante “Trattoria del Sale”.
Alberto Culcasi da sempre ha lavorato nella salina. Racconta: “Ho cominciato a 6 anni come bracciante addetto alla pulizia del sale. Allora noi operai eravamo schiavi venduti. Poi, nel 1977, ho comprato dodici ettari. Dopo l’alluvione i padroni svendevano, avevano paura. Oggi è tutto mio, ma Dio sa quanto è stata dura. Sole e sudore sono gli angeli che hanno cotto la pelle del collo e delle mie mani. Io contro il mare.”
Sono parole forti che ci fanno capire l’amore e la caparbietà che sempre sono necessarie nelle grandi imprese umane. Grazie a uomini come Alberto Culcasi oggi i vecchi mulini a vento funzionano ancora come quattro secoli fa. I più avevano rinunciato, troppo dura e troppo poco redditizia l’attività estrattiva. Ma lui ha tenuto duro.

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Il posto è unico: in un solo colpo d’occhio si possono ammirare le Isole Egadi da un lato, Erice dall’altro e la costa di Trapani di fronte. L’odore acre del mare e del sale è inebriante. Il vento salmastro, che qui non manca mai, arriccia i capelli.
Qui si respira la storia, la cultura e la tradizione trapanese. Qui c’è l’azzurro del mare e il sole avvolgente, il bianco del sale ed il vento, il sudore e la fatica degli uomini.

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Un tempo i salinari cantavano mentre lavoravano. Questo è il Ritmp dei salinari per contare “i carteddra ri sali scarricati no carretto” (per contare i cesti di sale scaricati nel carretto):

O-hé! Cala i sali arrera! Ora tocca a lu re cu primavera

O-hé! Sali unu e dui! O-hé! Sali trini!

E chiddra mia e quattru avìa!

Abbattìti a mia e cincu avìa!

Ora tagghiamuccìlli e una avìa!”,

che tradotto suona:

O-hé! Cala i sali di nuovo!

Ora tocca al re con primavera

O-hé! Sale uno e due!O-hé! Sale tre!

E quella mia e quattro aveva!

Abbattete la mia e cinque aveva!

Adesso tagliamogliele e una aveva!

Parole che sembrano senza senso, solo per fare una cantilena per aiutarsi a contare. Chissà se attualmente cantino ancora qualcosa, a parte le giornate in cui fanno bella mostra di sè ai turisti!

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