#102 - 1 settembre 2014
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Editoriale

Lecchini e cecchini

di Dante Fasciolo

Nella sua lettera del sabato pubblicata sul giornale Terza Repubblica,
Enrico Cisnetto usa questi due termini: lecchini e cecchini.
E pur considerando la recente circostanza,
non indicava i tanti che hanno leccato il gelato a Palazzo Chigi,
né i tanti che, con cinismo, si auguravano
che i coni cadessero dalle loro mani.

No, Cisnetto si riferiva al consolidato costume italiano
nel rapporto Politica-Governo:
da una parte gli opportunisti ad oltranza
che plaudono ad ogni soluzione “pur che sia”
(meglio l’uovo oggi che la gallina domani),
e gli scontenti irriducibili che sparano nel silenzio e nel buio
(meglio non cambiare, noi stiamo bene così)
e che uscendo dalle tane mostrano buona volontĂ  affermando che
“è opportuno rimandare perché si può fare di meglio”.

Neanche a dirlo, due posizioni deleterie che si rincorrono da sempre
e da sempre danno vita al fantasmagorico “Teatrino della politica”
denunciato da governanti del recente passato…
mentre assumevano essi stessi
il ruolo di protagonisti principali sul palco.

Una bòtta al cerchio e una alla botte, si potrebbe dire!?…
No, no, due bòtte alla botte:
una stremata Italia in balia dei vizi italioti
coltivati con sapienza dai lecchini, perché beneficiari di opportunità,
somministrati con astuzia dai cecchini comodamente seduti
alla tavola abbondantemente imbandita e rifornita
per quell’elite politica-burocratica-amministrativa
che fanno strame delle risorse con inaudita ferocia.

E nessuno sente, lecchini e cecchini, che il vostro tempo è finito.
Qualcuno bussa alla porta, non per una cortese visita,
parla una lingua diversa, indossa vestiti diversi,
riflessi di uno specchio spezzato che muta fisionomie,
mischia le carte in tavola, pone problemi…
dal nord, dal sud incrociano destini apparentemente diversi
ruvidi e diplomatici, sorridenti e ringhiosi…
i numeri sul pallottoliere economico non tornano...
lecchini e cecchini, è ora di cambiare passo davvero.

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