#279 - 6 febbraio 2021
AAA ATTENZIONE - Questo numero rimarrà in rete fino alla mezzanotte del 19 aprile, quando lascerà il posto al numero 350. Ora MOTTI per TUTTI : - Finchè ti morde un lupo, pazienza; quel che secca è quando ti morde una pecora ( J.Joyce) - Lo sport è l'unica cosa intelligente che possano fare gli imbecilli (M.Maccari) - L'amore ti fa fare cose pazze, io per esempio mi sono sposato (B.Sorrel) - Anche i giorni peggiori hanno il loro lato positivo: finiscono! (J.Mc Henry) - Un uomo intelligente a volte è costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti (E.Hemingway) - Il giornalista è colui che sa distinguere il vero dal falso e pubblica il falso (M. Twain) -
Racconto

Amore e morte dell'ultimo bardo

di Ruggero Scarponi

Il mio maestro è andato di sopra a riposare.
Ha fatto onore al banchetto offerto da questi nobili.
Lo hanno trattato come un loro pari e la padrona di casa lo ha circondato di mille attenzioni.
Ora la cameriera sta salendo le scale con un bicchiere di whisky.
Si ferma davanti alla sua stanza, d’istinto si aggiusta la cuffia, si pizzica le guance, allarga lo scollo dell’abito.
Entra senza bussare, in punta di piedi e richiude la porta dietro di sé, senza far rumore.
Io continuo a riportare sui fogli vergati con il pentagramma, le note dell’ultimo planxty, composto dal mio maestro.
La giovane Elisabeth lucida i boccali di peltro argentato.
Siede su uno sgabello nella cucina satura degli odori del pranzo.
Persiste il profumo delle erbe aromatiche che hanno farcito l’arrosto di montone.
Il grasso sfrigolato sobbolle ancora, nella brace avanzata, liberando un tenue e continuo fumo nero che si dilegua nell’ampia cappa del camino.
Sento la presenza della giovane, dietro di me, mentre mi affanno a ricordare e a scrivere gli accordi, improvvisati dal mio maestro.
Gridolini. Risatine trattenute.
Uno schiocco forte con la lingua contro il palato.
Il mio maestro deve aver gradito il whisky, o forse, le sode rotondità di Meggy, la cameriera.
Un altro schiocco e un’imprecazione.
Perdiana, il mio maestro si sta proprio scaldando.
Meggy ha la cuffia di traverso, quando esce dalla camera e i capelli annodati a treccia le scendono in parte lungo la guancia sinistra fino al collo.
Corre con il bicchiere in mano.
Presto lo riempie dalla botticella che si trova nel tinello e subito risale le scale per tornare dal mio maestro.
Gli altri abitanti della casa dormono, eccetto i domestici addetti alle pulizie e alla preparazione della festa di questa sera, quando il mio maestro si esibirà con l’arpa, per allietare una comitiva dei più rispettabili nobili della contea di Antrim.
Tra poco, cuochi e rosticcieri prenderanno possesso di questa cucina e io dovrò trovarmi un altro posto per completare il mio lavoro.
Se venissi con me giovane Beth!
Già adesso sentendoti vicina e pur senza vederti mi trasmetti euforia e languore e posso immaginarti come voglio. Sui tuoi capelli corvini si fissa il mio pensiero e sulle tue mani operose, sul tuo collo esile e sul tuo seno, più bianco della mussola che lo ricopre.
Ma ecco di nuovo è il mio maestro che si fa sentire.
Mi chiama imperioso.
Meggy esce dalla camera con il bicchiere vuoto.
Il suo passo è lento, rossa è in viso, socchiude gli occhi, mentre si regge cauta al corrimano.
La incrocio sulle scale, mi riverisce con un inchino appena accennato e subito abbassa il viso, con un sorriso vergognoso.
Ah! Meggy, Meggy!
Scommetto le cinque sterline del mio cavallo che se mi lasciassi frugare nel tuo corpetto vi troverei una luccicante ghinea!
Una giusta ricompensa per aver donato il buon umore a maestro Turlough.
Tuo marito non ti batterà per questo e non farà domande.
E quando stasera il mio maestro accarezzerà l’arpa, come un amante le membra dell’amata, sussulterà il tuo seno,
come il turgido bocciolo di pruno, punzecchiato dall’impaziente pettirosso.
Entro nella stanza.
Maestro Turlough è disteso sul letto.
Capisco che non si sente bene.
Nelle sue condizioni ha ecceduto in stravizi quest’oggi.
È inquieto, vorrebbe alzarsi ma non ci riesce.
Le gambe non lo servono a dovere.
Mi chiede di portargli l’arpa e un altro bicchiere di whisky.
Non oso contraddirlo.
Quando esco trovo Meggy ad attendermi.
Regge un vassoio con una tazza di tè fumante.
Può far bene all’imbarazzo di stomaco, dice, Maestro O’ Carolan ha mangiato e bevuto molto al banchetto.
Le riferisco che ha chiesto del whisky.
Scuote la testa Meggy, è preoccupata.
Nella corte cominciano ad arrivare i musici che faranno da corona al maestro, questa sera.
In casa si sentono i primi rumori che avvertono della fine della siesta pomeridiana.
In cucina gli inservienti sono al lavoro a preparare stoviglie e fuochi.
Giunge il birraio di Alderford con due facchini che fanno rotolare nella stanza due botti di birra scura.
Motteggia scherzoso la piccola Beth, che non riesce a trattenere un sorriso, mentre gli occhi nerissimi lanciano lampi…maledetto birraio: le variopinte piume sul tuo cappello e il tuo cavallo baio ti danno un sicuro vantaggio.
Salgo di nuovo alla stanza del maestro.
Meggy gli ha già portato il whisky.
Appoggiato il capo su due cuscini maestro Turlough sorseggia il liquore e lascia vagare inutilmente gli occhi nella stanza immersa nella penombra.
Di fuori aumenta il brusio.
Qualche suono si sente giungere.
Deve essere un suonatore di uilleann pipe che intona lo strumento.
Altri provano ad accordare le voci, mentre un bodhràn scandisce il tempo.
Una vecchia ha iniziato a cantare un lamento.
Un suonatore di viola l’accompagna:
‒ Un buon padre ha condotto i figlioli nel folto del bosco,
‒ recita la ballata –
Un cibo gustoso mangeranno di nascosto ai lupi,
Malvagio O’Donnell, a chi hai svelato la strada?
Domani non bussare alla porta della casa di tua madre.
Essa è morta di dolore. ‒
Fervono ovunque i preparativi.
I dancing master si fanno ammirare nelle danze veloci.
Gighe e reels risuonano nella corte.
Qualche dama si affaccia a guardare dalle finestre del palazzo pregustando il divertimento serale.
Le cameriere sono eccitate.
Corrono ovunque, tonde e lucenti come allodole nel grano maturo, sotto gli sguardi bramosi degli operai, intenti a montare le scene.
Ho portato l’arpa al mio maestro.
Le sue mani ne accarezzano le corde e il legno dell’intelaiatura.
Cominciano a roteare i suoi occhi senza luce.
Continuo il mio lavoro di trascrizione nella camera, su un tavolino, vicino alla finestra.
Il birraio di Alderford sorride spavaldo.
Da questa posizione lo posso vedere.
Un dancing master lo ascolta parlare con interesse.
I baffi conferiscono al birraio un’aria fiera.
Il master ride e gli da una pacca sulla spalla.
Sembrano due vecchi commilitoni che rammentano qualche scabrosa avventura.
Mia dolce Beth, dove sei, ora?
Non una parola mi hai rivolto perché prendessi coraggio con te.
E hai sorriso a colui che in cambio di qualche sfrontato complimento, ruberà la tua innocenza, stasera.
Le note escono fresche e sicure dall’arpa del mio maestro.
Oh, Cielo! egli suona! Sia lodato il Signore.
Ricorda sua moglie morta.
È’ splendido il suo lamento.
Oh, Mary Maguire, rallegratevi dunque, in Paradiso, mia Signora, non sono certo molte le spose che sono state onorate con una simile musica!
Mi chiama il mio maestro, mi vuole presso di lui, in ginocchio mi benedice.
Ho appena finito di trascrivere la sua musica.
Dalle sue mani ricevo l’arpa per provarla.
Timido mi schermisco, non ardisco un tale onore, ma maestro Turlough con tenere parole m’incoraggia.
Allora chiudo gli occhi e poi li riapro un momento per leggere sulla carta l’attacco.
La melodia esce da sola, le mie mani, non fanno che assecondarne il ritmo e l’andamento.
Quando termino di suonare mi avvedo che nella stanza, insieme a Meggy, sono giunti i padroni di casa e molti dei servitori, compresa la piccola Beth.
Molte lacrime bagnano quei volti.
La musica ha richiamato tutti, al capezzale del bardo.
Stringe nella mano il bicchiere con il whisky, il mio maestro.
Con fatica tenta un ultimo sorso:
‒ è un peccato, ‒ dice ‒ che due amici tanto affezionati si debbano separare per sempre, senza darsi un bacio. ‒ Meggy si copre con le mani il viso rigato di pianto.
Ancora un sussulto agita il mio maestro, poi, sfinito, reclina il capo sul cuscino.
I singhiozzi soffocano il mio respiro.
Non andartene maestro Turlough, imploro, non andartene senza la tua guida fidata!
È tardi oramai, nulla può più trattenerlo, non gli amici, né l’arpa e nemmeno il whisky.
La sua vita si spegne come l’ultima nota nella maestà del silenzio.
Ora potrà raggiungere finalmente la sua sposa.
Riposa in pace, Maestro O’Carolan.

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