#268 - 25 luglio 2020
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Racconto

IL brigadiere Brazov

e la questione del sangue blu

Quinta e ultima parte

di Ruggero Scarponi

Subito dopo, con una voce gracchiante, dette la parola al Pubblico Ministero.
Questi altri non era che uno degli sbirri con la divisa nera attillata e un ghigno feroce perennemente stampato sul viso, che però, a onor del vero, ebbe modo di riflettere Brazov, gli si addiceva, producendo una fascinazione estetica, seppure inquietante.
Il Pubblico Ministero, con gesto studiato, quasi un passo di danza, guadagnò il centro della scena e si rivolse all’imputato con un tono di voce morbido e carezzevole che il vecchio Brigadiere faticò a credere che provenisse da quella specie di sfinge ghignante.
Ditemi cittadino Kurzov, iniziò l’inquirente, siete consapevole del perché vi troviate dinanzi a questa corte della giustizia rivoluzionaria?
Certamente, rispose Kurzov con sicurezza.
Molto bene, assentì l’elegante belva. E cosa avete da dire, riguardo alla visita alla quale siete stato sottoposto dal qui presente protofisico fiscale del distretto di Posk, Dottor Kazimir?
Nulla. Ovvero che tutto si è svolto secondo regolari procedure. Aggiungo che non fui sottoposto a nessuna forzatura o minaccia.
Siete dunque a conoscenza del fatto che il Dottor Kazimir ha certificato che nelle vostre arterie scorre un sangue, come dire, illegale, fuorilegge.
Ne sono consapevole, ammise Kurzov.
E quindi non sollevate obiezione alcuna nell’ essere definito da questa corte, a tutti gli effetti, un Nobile Aristocratico?
Come ho già avuto modo di rispondere in altra sede, rispose Kurzov con pacatezza, no, non ho alcuna riserva né ritegno dal momento che quella definizione si applica perfettamente al mio essere al mio stato e alla mia persona.
Il pubblico che fino a quel momento era restato in religioso silenzio emise un brontolio sommesso di stupore e d’indignazione.
Brazov, invece, notando che Kurzov non l’aveva minimamente citato, tornò a sperare di poterla fare franca.
Chissà, pensò, magari se la prendono solo con lui.
Il pubblico ministero attese che il nobile Kurzov finisse di parlare, per poi dire, e naturalmente sarete stato messo al corrente dal nostro solerte Capo della Gendarmeria, l’irreprensibile brigadiere Brazov, riguardo alla pena prevista per tale reato, non è vero, cittadino Kurzov?
Il Pubblico Ministero, aveva parlato con un tono di voce mellifluo che fece gelare il sangue al povero Brazov.
Stavolta il nobile aristocratico esitò nella risposta e balbettò, veramente, non proprio o forse non me lo ricordo.
Ah! Dunque siete all’oscuro del castigo che questo Tribunale potrebbe infliggervi?
So che potrei rischiare “anni di carcere” o la pena capitale. Questo, più o meno mi disse il brigadiere Brazov durante l’interrogatorio, mi pare, concluse incerto Kurzov.
Anni di carcere? Sghignazzò il Pubblico ministero, e che significa? Che significa anni di carcere? Anni di carcere in generale? Cioè, quanti? Uno, due, dieci, cento, quanti, insomma? E questa domanda la rivolse al nobile Kurzov che rispose confuso, non so, non saprei.
Non saprei ha risposto il cittadino Kurzov. Non saprei, perché il nostro solerte Brigadiere non si è dato la pena di consultare le disposizioni del Consiglio Rivoluzionario in materia di sangue blu! E quindi non si è preoccupato, come dovrebbe fare, invece, un buon rivoluzionario, d’informare l’imputato sulla pena che lo riguarda. Eh già, troppa fatica! A che pro, in ogni caso, si sarà detto il nostro Capo della Gendarmeria, a che pro andare a sfogliare gazzette e circolari, per un nobile aristocratico che i giudici, di sicuro, spediranno in qualche lontano confino o, perché no, davanti a un plotone d’esecuzione. Questo, Signor Presidente, è di certo quanto avrà pensato il nostro Brazov, incurante di ogni etica rivoluzionaria che impone il rigore ma anche il rispetto nei confronti dei nemici.
Il Plotone d’esecuzione! Continuò il Pubblico Ministero alzando la voce e roteando lo sguardo sghembo sull’intera piazza, il cittadino Kurzov è stato minacciato di finire al muro, secondo una legge che evidentemente il Brigadiere, non conosce e non si premura di conoscere. Ma quale plotone d’esecuzione Brigadiere Brazov! La tua ignoranza, cittadino Brigadiere è tale che non sai nemmeno che la pena capitale è stata abolita, per simili reati, da ben otto anni! E non hai informato il cittadino Kurzov che, invece, la pena prevista in mancanza di rinuncia alla definizione di nobile aristocratico, è quella dell’impressione sulla fronte, a mezzo tatuaggio, della lettera “P”, P di parassita.
La tua condotta, cittadino Brigadiere, è stata talmente inetta e incompetente che hai rischiato di far invalidare questo dibattimento per vizio di forma, mancando d’informare adeguatamente un imputato sui capi d’accusa.
Ma su questo sarà il Presidente del Tribunale a trarre le giuste valutazioni.
Al momento, disse, rivolto al Presidente, avrei terminato e cedo volentieri la parola all’illustre collega della difesa.
Brazov ebbe un leggero tremito. Dannazione! disse tra sé, questo Pubblico Ministero m’ha conciato proprio bene, che il diavolo se lo porti! Ma Kurzov, per qualche motivo, non c’ha pensato a tirarmi in ballo. Però ora tocca alla difesa e l’avvocato è uno scaltro e le proverà tutte, pur di salvare il suo protetto, a scapito di chiunque può tornargli utile.
Ma contrariamente ai timori di Brazov l’avvocato difensore si limitò a dire, d’accordo con il mio assistito ci rimettiamo alla clemenza della corte.
Brazov sobbalzò. Evviva, esultò tra sé. Ora il Pubblico Ministero può sbraitare quanto vuole ma se la difesa non mi cita come testimone, finisce tutto qui, prima ancora di cominciare. Alla faccia di quella iena d’inquisitore. Ora si va a casa e poi da Marija Elisaveta a festeggiare con patate e salsicce!
Ma il povero Brazov non aveva proprio capito che quello non era che l’inizio.
D’improvviso, infatti, incrociò lo sguardo famelico del Presidente del Tribunale.
Il magistrato gli sembrò una specie di uccello rapace, così rivestito nella toga nera, simile a un manto piumato, dal quale fuoriusciva il collo incredibilmente lungo, rugoso ed implume, se non fosse stato per qualche pelo ribelle, sul quale troneggiava una testa ornata da lunghi e radi capelli biancastri, mentre gli occhi fiammeggianti si muovevano dentro a delle infossate orbite nere.
Il Presidente del tribunale si umettò leggermente le labbra, rosso vivo, contornate da una pelle diafana, prima di parlare.
Brazov provò un senso di repulsione e di terrore.
Poi, il Magistrato, incassando il capo tra le spalle si allungò il più che poté sopra l’alta cattedra dove era assiso e con un braccio spinse in avanti l’indice ossuto della mano destra a indicare con gesto imperioso proprio lui, il Brigadiere Brazov.
Il gesto indicava senza ombra di dubbio proprio il povero Brazov.
Signor Capo della Gendarmeria! Gracchiò con voce stentorea, Signor Capo della Gendarmeriaaa!
Brazov si sentì venir meno. Era a lui che si rivolgeva il togato uccellaccio. E il tono non faceva presagire nulla di buono.
Il povero Brigadiere, investito da quella furia togata, non poté far altro che alzarsi umile e dimesso, a capo basso, in attesa di essere interrogato.
Il Presidente tornando a sedere sul suo scranno, visibilmente affaticato, data la sua inconsistente fisicità, sembrò chetarsi mentre invece gettava sguardi furtivi e indagatori sull’intera scena processuale.
Tutti, in quel momento, pubblico, magistrati, imputato e sbirri furono percorsi da una corrente gelata, in attesa della prossima violenta esplosione di collera dell’alto Magistrato.
Questi si era stretto in un abbraccio mostrando ancor più l’inconsistenza ectoplasmatica della propria figura.
Poi alzando una mano come per chiedere il silenzio all’assemblea che di fatto si era completamente ammutolita da un pezzo, iniziò la requisitoria contro il Brigadiere Brazov.
Il Pubblico Ministero disorientato dalla piega che stava prendendo il dibattimento essendo il povero Brazov convocato quale testimone e senza alcuna imputazione a suo carico, fino a quel momento, non ebbe coraggio d’interrompere il potentissimo Magistrato. Avrebbe anche voluto dire, il Pubblico Ministero, che la procedura stabiliva che fosse lui, comunque a condurre gli interrogatori lasciando al Presidente soltanto il potere d’Intervento. Ma l’uomo aveva assunto una tale perentoria presa di potere che nessuno avrebbe potuto fermarlo e pertanto il Pubblico Ministero aggiustò il suo ghigno raddrizzando per quanto era possibile la bocca e restò muto al suo posto.
Strane e imprevedibili sono le tempeste.
Il Presidente, infatti, con un cambio repentino di umore esibì al povero Brazov un largo sorriso che sarebbe stato anche gradevole se non fosse stato reso raccapricciante dai numerosi denti guasti che vi si potevano contare.
Signor Capo della Gendarmeria, tornò a dire il gracchiante rapace, mentre assentiva condiscendente verso il Brigadiere Brazov, volete riferire a questa Corte, come vi chiamate?
Brazov attese un istante prima di rispondere, un tempo sufficiente a scorgere i sorrisetti ironici, a stento trattenuti, di tutto il collegio giudicante.
Brazov! Leonid Brazov! Cittadino Eccellenza, rispose il Brigadiere con eccesso di deferenza.
Barzov, avete detto, chiosò il Presidente, ma bene mio caro Barzov (il Presidente aveva storpiato volutamente il nome del brigadiere, che nella lingua che sapete, vuol dire una brutta cosa).
Brazov, puntualizzò il Brigadiere aggiungendo titubante, Eccellenza Cittadino.
E ditemi mio stimato Balzov (questa storpiatura fece scoppiare a ridere tutti i presenti dal momento che nella lingua di cui prima significa una cosa molto ridicola), da quanto tempo ricoprite l’importante carica di Comandante della Gendarmeria Distrettuale?
Qui Brazov fu rapido a rispondere e disse, da dieci anni Cittadino Eccellenza.
(E’ sufficiente dire Cittadino Presidente, gli sibilò all’orecchio il Cancelliere).
Cittadino Presidente, si corresse Brazov.
Dieci anni, meditò il Presidente. Dieci anni sono tanti. Risaliamo ai primi tempi della nostra gloriosa Rivoluzione e voi Cittadino Comandante Sbrazzov (Nuove incontenibili risate del pubblico per quelle geniali storpiature che il Presidente riusciva sempre a inventare e che ridicolizzavano il povero Brazov sempre di più) Immagino che sarete stato un rivoluzionario della prima ora non è vero?
Sì, Cittadino Presidente, mi onoro di essere stato rivoluzionario già ai primi moti del giugno del ’20.
Molto bene, molto bene Cittadino Comandante, ma sapete a cosa stavo pensando poc’anzi? Stavo pensando che certamente questo Comandante Merdov (Risate a non finire del pubblico) deve essere una specie di angelo custode del suo Distretto, se in tanti anni ha conservato il suo posto, caso unico nella nostra nazione in cui un comandante di distretto dura in media diciotto mesi dopo i quali o viene promosso o viene fucilato mentre voi Cittadino Dormigliov (Risate, singulti, colpi di tosse) siete inamovibile da dieci anni e quindi il vostro Distretto, regolato e diretto da un tale esempio di virtù rivoluzionaria deve essere una specie di paradiso, un oasi profumata, un eden di giustizia! Dite, non è forse così?
Brazov non sapeva cosa rispondere. Se avesse assentito temeva di cadere in una trappola e se restava silenzioso era come affermare il contrario. Perciò bofonchiò qualche scusa come per schermirsi ma il Presidente che lo osservava muoversi come fa un gatto che tiene il topo per la coda divertendosi agli inutili tentativi di liberarsi del roditore gli ingiunse improvviso e perentorio.
Rispondi! Cittadino Comandante.
Brazov era interdetto, non sapeva e non voleva rispondere. Poi incalzato dalle ingiunzioni del Presidente tentò di dire qualcosa ma si confuse e biascicò soltanto dei suoni incomprensibili.
Il Presidente sogghignò rumorosamente alla risposta del vecchio Brigadiere e mentre i suoi occhi fiammeggiavano selvaggiamente la pelle del suo viso diveniva sempre più diafana finché alla fine, non rimase altro che la bocca divenuta rossa come il sangue e dalla quale proruppe un isterico e gracchiante, impudente! Mascalzone, razza di maiale controrivoluzionario!
Il vecchio Brazov era costernato. Non aveva mai fatto una simile figura di fronte ai suoi concittadini e sarebbe voluto sprofondare per la vergogna. E intanto che il Presidente gli ripeteva l’intimazione a rispondere, il vecchio Brigadiere non sapendo più cosa fare, chiuse semplicemente gli occhi.
E il Presidente alzando di più la voce lo richiamava alle sue responsabilità.
Cittadino Comandante! Gracchiava famelico, avido del suo sangue.
Cittadino Comandante!
Cittadino Signor Capo della Gendarmeria! Urlava ancora più forte mentre Brazov ad occhi chiusi si sforzava di non ascoltare.
Ma quello continuava.
Signor Capo della Gendarmeria!
Signor Brazov!
Ecco, ad udire Signor Brazov il vecchio Brigadiere ebbe un sussulto.
In quel momento qualcosa si risvegliò in lui.
La tempesta! Urlò il vecchio Brazov, ad occhi chiusi, la tempesta è passata!
Signor Brazov, Signor Brazov, gli ripeteva la voce, divenuta più dolce, una voce amica.
Allora il vecchio Brigadiere aprì gli occhi.
E al posto del rapace uccellaccio, trovò il viso bonario e rubicondo di Marija Elisaveta.
Signor Brazov gli parlava quella con dolcezza, che dormiglione che siete! Stavolta non riuscivo proprio a svegliarvi e stavo quasi per riportare indietro la cena.
Patate e salsicce? Chiese Brazov.
Come avete chiesto, rispose suadente Marija Elisaveta.
Ah! Che donna, che donna! Peccato che siete già sposata altrimenti…
E preso il vassoio dalle mani di Marija Elisaveta, il vecchio Brazov si mise a mangiare di gusto. Patate fumanti e succulente salsicce, proprio come le aveva appena sognate.

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