#258 - 7 marzo 2020
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterŕ  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerŕ  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, puň durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni piů importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchč (Mark Twain) "L'istruzione č l'arma piů potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non č un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchč i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltŕ  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensě nella capacitŕ  di assistere, accogliere, curare i piů deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltŕ  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo č un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminositŕ, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

La Rapinatrice

di Ruggero Scarponi

La vita nella gioielleria trascorreva monotona. Pochi clienti, ma buoni. Poco movimento ma fatturati consistenti. Tanto tempo si consumava nell’attesa dei radi clienti, io, leggendo riviste di settore e mia moglie il solito quotidiano. Era sempre stato così.

Poi un pomeriggio arriva lei. Arriva semplicemente come una cliente qualunque. Suona il campanello per farsi aprire il portoncino blindato. Mia moglie ed io come d’abitudine fissiamo l’ospite, prima di aprire. Lo fissiamo sul monitor del video-citofono e poi direttamente dai vetri del portoncino. Sembra una a posto. Donna di mezza età, ben vestita, ben pettinata, un fisico longilineo, un po’ troppo magro, forse, giovanile, però, si direbbe una classica “signora bene”, dell’alta borghesia.

Quella entra, si muove con eleganza, sorride, saluta e poi tutta compunta prima si toglie gli occhiali scuri che ripone nella borsetta e poi con una voce curata chiede di poter vedere delle collane. Deve fare un regalo.
Subito le presento diversi modelli, alcuni molto costosi, è una donna di classe, penso, e sicuramente sa apprezzare gli oggetti di lusso.

C’è qualcosa in quella donna, però, che mi suggerisce cautela. Un pensiero rapido mi passa per la testa: com’è che una signora così non è mai venuta prima. Noi lavoriamo soprattutto con clienti fissi. Una signora di quella tempra dovrebbe essere nostra cliente sennò perché venire proprio da noi invece che in un’altra delle tante gioiellerie cittadine. Neanche a dire che è stata attirata da qualche gemma esposta, la nostra vetrina è, per dirla con un eufemismo, sobria, quasi sguarnita e…

Come pensavo. O meglio non l’avevo pensato ma ci stavo arrivando.

La donna dopo aver dato un’occhiata alle collane che le ho presentato ha un rapido cambio d’espressione. I lineamenti del viso diventano improvvisamente seri. Estrae dalla borsetta una piccola pistola e me la punta alla gola.

Non dice nulla, però. E io resto perplesso. Quella mi tiene sotto tiro senza muovere un muscolo, senza aprire bocca.

Lella, mia moglie continua a leggere il giornale e per quanto strano possa sembrare non si è accorta di nulla. Ha scambiato la rapinatrice per una comune cliente e se n’è disinteressata, dal momento che sono sempre io, che mi occupo delle vendite.

La situazione, comunque si è fatta paradossale. La donna, non parla e mi tiene il revolver alla gola mentre io, rigido come un manichino, attendo che dica qualcosa.

Poi qualcuno suona il campanello.

Getto un’occhiata rapida e intravedo un poliziotto in divisa.

Lella legge imperterrita. Del campanello che suona non s’insospettisce perché lo facciamo spesso di non aprire se abbiamo un cliente in negozio.

La situazione si fa drammatica.

Che posso fare?

La donna è impassibile, non sembra essersi accorta che qualcuno ha suonato al portoncino d’ingresso.

Cerco di farglielo capire roteando gli occhi ma quella niente, non reagisce, solo continua a guardarmi con uno sguardo così determinato e beffardo che mi disorienta totalmente.

Il poliziotto se n’è andato.

Chissà se si è reso conto di quanto sta avvenendo nel negozio, ne dubito, da fuori non si vede praticamente nulla dell’interno. Avrà pensato che eravamo chiusi temporaneamente per qualche esigenza improvvisa.

Passano cinque, dieci minuti.

La donna mi toglie la pistola dalla gola (finalmente) e la ripone nella borsetta da dove trae, sorridendo, una sigaretta che poi accende con la pistola, evidentemente finta, un accendino, praticamente.
Traggo un sospiro di sollievo ma ancora non riesco a capire. Non sono neanche arrabbiato, solo meravigliato e incuriosito perché c’è qualcosa nella donna che mi è familiare, qualcosa che mi torna su dalla memoria.

Lella alza lo sguardo dal giornale e comincia ad agitarsi sulla seduta dello sgabello dove sta leggendo. Quello è il segno che tra poco uscirà per sgranchirsi le gambe, lo fa sempre dopo la lettura.

Vorrei dire qualcosa ma mi trattengo.

La donna prende in mano delle collane. Si volta verso mia moglie. Prende le collane e se le passa tra le dita della mano.

Io non riesco a spiccicare parola ho la gola di gesso.

Mia moglie scende dallo sgabello e mi si avvicina mentre osserva con interesse la donna che sta visionando la merce.

Ce n’è qualcuna che le piace? Domanda.

La donna senza sollevare lo sguardo, con la testa fa cenno che si, una di quelle collane potrebbe proprio piacerle e la mostra a mia moglie.

Ottima scelta dice, Lella.

Quanto viene? Chiede la donna.
Lella non risponde e attende che sia io a parlare.

Mi faccio forza e dico, milleduecento…

Va bene, dice. La prendo.

Subito mia moglie s’incarica di riporre la collana nell’astuccio di velluto e di confezionare un pacchettino.

Pagherei con la carta, dice la donna.

Va bene, rispondo.

Avete delle belle gioie, continua la donna, sono passata oggi per caso, non vi conoscevo.

Siamo qui da vent’anni e più, dico io, ma siamo una piccola gioielleria e…

La donna solleva il viso e mi fissa. Sei mica Gianni, tu?

Si, rispondo esitante, ma…

Io sono Angela, ti ricordi di me? Al liceo?

Un momento d’incertezza, poi…Si… Si certo che mi ricordo di Angela, al Liceo. E chi non la ricorda. La più bella ragazza della scuola. Ebbi persino la faccia tosta di dedicarle una poesia, il primo giorno che arrivò nella nostra classe. Veniva dalla Francia, figlia di un francese e di un’italiana. La ricordo ancora, a tratti, la poesia, faceva pressappoco così:
Come un refolo di vento (…), gentile demoiselle dagli occhi danzanti. Venuta a noi in un giorno di pioggia, dal pazzo sole di Camargue. (…) Esile, flessuoso stelo degli étangs. (…) tra i riverberi ancestrali di Aigues Mortes.

Scemenze liceali. Però fece effetto. Ci fidanzammo, quasi lo stesso giorno. Poi io la lasciai per Lella. E Angela ci rimase malissimo, non me la perdonò.

Vi conoscete? Interviene Lella.

Si, dice la donna, siamo stati compagni di scuola al liceo.

Ah! Risponde mia moglie.

Squilla il telefono nel retrobottega.

Vado io, dice mia moglie.

La donna approfitta della momentanea assenza di Lella per dire sottovoce:

ti è piaciuto lo scherzo?

Ma, veramente…

Te lo meritavi, dopo quello che mi hai fatto.

Angela, dopo tutti questi anni?

Certe cose non si dimenticano.

Ma la vita è andata avanti da allora. Per quanto ne so, tu, ti sei anche sposata, no?

Si, certo, eppure non la mando giĂą. Ti odio per quello che mi hai fatto.

Comunque oggi mi sono presa una piccola vendetta, ma continuerò a odiarti.

Ancora, Angela?

Si, perché tu sei felice.

E tu, no?

Angela non risponde. Lella ha terminato la telefonata. Rientra dal retrobottega. Le porge il pacchettino con la collana.

Io registro il pagamento.

Buon giorno, Signora, dice Angela, prima di uscire, rivolta a mia moglie, è stato un piacere. Poi rivolta a me, buon giorno, ora che conosco la strada tornerò di sicuro a fare acquisti.

Buon giorno, dico io, torni quando vuole.

Accidenti, penso, anche dopo vent’anni, continua a non perdonarmi. Valle a capire le donne.

Angela esce dal negozio.

Io sento forte il desiderio di mia moglie.

Mia moglie è dolce, rosea, irresistibilmente tondeggiante.

Chiudiamo in anticipo, stasera, propongo, prendiamoci una pausa, si potrebbe organizzare qualcosa a casa.

Lella mi guarda maliziosa.

D’accordo, acconsente con aria complice. E aggiunge, mi piaci perché sei imprevedibile, talvolta mi disorienti. Piacevolmente, e fisicamente, anche.

Ci baciamo.

Non capita spesso che ci baciamo in negozio. Che ci baciamo così, voglio dire, come due amanti.

Sarà l’effetto dello scampato pericolo. Penso. O di Angela, che mi ha fatto rammentare di colpo perché a suo tempo la lasciai, per Lella.

ChissĂ .

AAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo giornale no-profit č realizzato da un gruppo di amici che volontariamente sentono la necessitŕ di rendere noti i fatti, gli avvenimenti, le circostanze, i luoghi... riferiti alla natura e all'ambiente, alle arti, agli animali, alla solidarietŕ tra singoli e le comunitŕ, a tutte le attualitŕ... in specie quelle trascurate, sottovalutate o ignorate dalla grande stampa. Il giornale non contiene pubblicitŕ e non riceve finanziamenti; nessuno dei collaboratori percepisce compensi per le prestazioni frutto di volontariato. Le opinioni espressi negli articoli appartengono ai singoli autori, dei quali si rispetta la libertŕ di giudizio (e di pensiero) lasciandoli responsabili dei loro scritti. Le foto utilizzate sono in parte tratte da FB o Internet ritenute libere; se portatrici di diritti saranno rimosse immediatamente su richiesta dell'autore.