#243 - 29 giugno 2019
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Ambiente

In occasione della Giornata Internazionale del Mediterraneo:
sulle tracce del libro di Sergio Nazzaro e Luca Ferrara edito da Round Robin

"Da culla di vita a mare di sangue e tomba di innocenti"

Mediterraneo

Un continente liquido”. Così definì il Mediterraneo, Fernand Braudel. Vie acquatiche percorse per decine di millenni da popoli che si offrivano di scambiare merci e conoscenze. Migliaia di anni in cui diverse culture e diversi popoli si sono contaminati dando vita a civiltà immortali, religione, arte e architettura. In questo mare è nata e si è sviluppata la filosofia, la chimica, la medicina.

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Questo flusso ininterrotto di scambio e di arricchimento reciproco, ha conosciuto anche momenti bui, in cui il confronto si è fatto scontro e il dialogo guerra. Ma sono state delle parentesi tragiche, in cui il Mediterraneo, da culla di vita, sì è purtroppo trasformato in mare di sangue e tomba di innocenti.
Oggi assistiamo a uno di questi momenti. Ma la conoscenza della storia non ci fa perdere la solida speranza che, con l'impegno di tutti, anche di questo tempo di sofferenza si potrà parlare come di una parentesi. Dopo la quale, come per le tempeste in mare che mietono vittime innocenti, tornerà la serenità, l'amicizia, lo scambio e una rinnovata vita.
Ecco perché la Giornata internazionale del Mar Mediterraneo di domani rappresenta un ulteriore veicolo per denunciare uno di questi “momenti bui” e guardare oltre.

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"Per anni al Mediterraneo è stata attribuita la responsabilità e la colpa di uccidere esseri umani in fuga e in cerca di salvezza. Ma non è il mare a ucciderli, non lo è mai, piuttosto sono alcune politiche adottate negli anni, l'innalzamento di muri e la spregiudicatezza dei trafficanti di uomini.
Il mare, per sua stessa natura, ha solo celato quella colpa, rendendosi inconsapevolmente complice di una delle più grandi tragedie umane". E' ciò che scrive il presidente della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca, in occasione della Giornata Internazionale del Mediterraneo, con riferimento alla sua prefazione per il graphic novel ‘Mediterraneo’, che racconta di un mare che, per la vergogna, decide di ritirare le sue acque svelando all'improvviso tutto ciò che ha nascosto per anni.

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Sono quasi mille, secondo l’OIM, le persone migranti morte nel Mediterraneo solo dall’inizio di quest’anno.
Individui “colpevoli” di inseguire il sogno di una vita migliore.
Lo stigma di chi scappa da fame e violenza è qualcosa che preoccupa, ogni giorno di più. Ma non solo.
Dobbiamo smettere di chiamarla “emergenza”, perché questo dramma ha radici antiche: è dai tempi degli sbarchi sulle coste dell’Adriatico, infatti, che non si vogliono affrontare le ragioni strutturali delle migrazioni, mentre si incentra tutto sul tema della “sicurezza”. In realtà, l’assenza di speranza è una delle cause degli spostamenti di massa verso un “paradiso” che, una volta raggiunto, si manifesta come un miraggio. Dopo non resta che la disperazione.
Bisogna radicalmente cambiare prospettiva, impegnarsi fattivamente per lo sviluppo di una vita migliore nei Paesi che generano questa “fuga”. Solo allora si potrà affermare che la tempesta è cessata e celebrare la tanto attesa “rinnovata vita”.

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