#243 - 29 giugno 2019
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Racconto

L'incidente

Parte ottava – Epilogo

di Ruggero Scarponi

Pavesi uscì dalla casa del capitano Villalta intorno alle 18,30.
Tra tante idee che gli turbinavano nella testa, l’immagine delle due gemelline, le figlie del suo fidato collaboratore, sembrava non volesse lasciarlo in pace.
Gli sembrava che quelle due ragazze contenessero in esse il segreto del caso a cui tanto si stava dedicando.
Poi, finalmente esclamò: il doppio! Credo di aver risolto il mistero.
Non rientrò a casa quella sera il sostituto procuratore Pavesi.
Non rientrò perché pensò che non c’era tempo da perdere.
Fece una telefonata a Villalta e subito si diresse con l’auto verso Roma nord, verso l’Aurelia. Trovò la famiglia Rienzo in casa. Il Signor Rienzo, nel suo studio intento a scrivere un articolo per la rivista di antropologia e Luca, in salotto, a luce spenta che fumava sigarette immerso in una nuvola di fumo.

  • Buona sera signor procuratore, come mai da queste parti? È successo qualcosa? – disse Luca quando, aperta la porta, si trovò Pavesi dinanzi.
  • Mi fai entrare Luca?
  • Certo dottore, ci mancherebbe…
  • Dovrei parlarti – disse Pavesi sottovoce.
  • Andiamo in giardino – propose Luca – lì potremo parlare più tranquillamente.
  • Bene – concluse Pavesi.
    Raggiunsero un angolo del giardino di casa Rienzo, piuttosto appartato, sotto a un pergolato. C’erano delle poltroncine di vimini. Si sistemarono seduti, poi Pavesi cominciò:
  • Caro Luca, non voglio spaventarti e voglio essere chiaro con te. Per una serie di motivi e circostanze nutro nei tuoi confronti dei sospetti, sospetti piuttosto forti. Nondimeno la chiacchierata di questa sera ancora una volta è a carattere informale ma per il tuo bene mi auguro che sarai sincero e abbandonerai qualsiasi proposito reticente. Luca, ti sto parlando col cuore in mano e sarà per l’ultima volta, dopo ci saranno le procedure, le formalità e un sacco di cose noiose e fastidiose. Se l’idea che mi sono fatta di te è giusta so che non mi deluderai. Al contrario, ascolta quanto devo dirti e se vuoi andare per un’altra strada non parlare e da domani quando sarai convocato in Procura, fatti assistere da un avvocato. Mi hai capito?
  • Certo dottore. Ho compreso.
  • E quindi?
  • L’ascolto.
  • Dunque, Luca, io mi sono convinto che tu potresti essere il responsabile della morte di tua sorella. Sono persuaso che per qualche motivo che ancora non sono riuscito a trovare sei stato tu a travolgerla…
  • Ma dottore la mia auto è stata ampiamente sottoposta a verifiche da parte della polizia scientifica…
    Pavesi si arrestò un istante. Guardò in terra e poi alzando lo sguardo a cercare gli occhi di Luca disse:
  • Questo devi dirmelo tu. Con quale auto hai travolto Martina?
    Luca ebbe un tremito. Nascose il volto tra le mani e scoppiò a piangere.
    Villata giunse poco dopo con due auto dei carabinieri.
    Pavesi, Luca e il padre, il Signor Rienzo, erano al cancello sul vialetto di casa ad attenderlo.
    Il signor Rienzo stringeva in un abbraccio il figlio.
  • Capitano – disse Pavesi – le consegno il ragazzo, ha deciso di rendere una confessione spontanea. In procura sarà raggiunto dal suo avvocato che è stato sentito telefonicamente e si è detto d’accordo con la decisione.
    L’indomani Pavesi ricevette Villata nel suo ufficio.
  • Come c’è riuscito, signor procuratore? – disse il capitano mostrando una certa curiosità.
  • Vede, capitano, che il ragazzo c’entrasse lo avevamo capito subito, solo che si trattava di capire se c’era dell’altro. Ieri sera ci pensavo e ci pensavo e alla fine mi sono reso conto che poteva anche essere uno scherzo finito male e allora…
  • L’idea della seconda auto? – disse il capitano.
  • Non si metta a ridere caro Villalta, ma l’ispirazione me l’hanno fornita le sue adorabili figliole, le gemelle. L’idea del doppio è stata come un’illuminazione. E così è andata. Luca ha confessato di avere avuto in custodia da un’amica partita per un stage negli Stati Uniti, la sua auto. La mattina dell’incidente ha raggiunto l’Hotel sulla via Aurelia con l’auto della sua amica, un auto sportiva molto bella, voleva far colpo su Fiorella. Aveva prima telefonato per avere un colloquio con tutte e due le ragazze, sia per convincere la sorella a tornare a casa, sia per tentare ancora una volta di stringere una relazione con Fiorella. Le ragazze si erano dette d’accordo e avevano fissato un certo orario. In realtà un’ora prima dell’incontro erano uscite per prendere un autobus e filarsela lasciando Luca a bocca asciutta. Le cose purtroppo sono andate diversamente dal momento che il ragazzo è arrivato con molto anticipo e vedendo la sorella e l’amica alla fermata del bus ha subito compreso il tiro che volevano fargli e allora ha tentato una manovra per spaventarle. Purtroppo ha calcolato male velocità e tempo di frenata. Martina è stata investita in pieno. Di Fiorella dice di non sapere che fine abbia fatto. Questa è la sua versione.
  • Certo signor procuratore – disse Villalta - che nonostante la confessione spontanea, la posizione del giovane è piuttosto compromessa. Dimostrare l’omicidio colposo in presenza di una quantità d’indizi che prefigurano ampiamente l’intenzionalità del gesto, non sarà facile per il suo avvocato.
  • È vero – confermò Pavesi – ma intanto convincerlo a confessare ritengo sia stata la cosa più sensata, sia dal punto di vista processuale che dal punto di vista umano, dal momento che dovrà convivere per tutta la vita con il rimorso di avere ucciso la sorella.
    Il processo ebbe inizio un mese dopo l’arresto di Luca.
    Di Fiorella si erano perse completamente le tracce. Per molto tempo non si riuscì a sapere che fine avesse fatto.
    Solo due anni dopo i fatti narrati, durante dei lavori stradali in prossimità del luogo ove era avvenuto l’incidente, fu rinvenuto il corpo di una giovane donna, all’interno di una cavità naturale, sepolto sotto diversi metri di pietrisco. Le indagini avviate dalla polizia scientifica appurarono che il corpo era quello della Fiorella. Probabilmente la ragazza era stata sbalzata nell’incidente insieme alla sua amica Martina e dopo aver carambolato nel dirupo sottostante il piano stradale, era finita nella grotta che era stata ricoperta da una frana di pietrisco, smosso dai rotolare dei corpi delle due ragazze.
    Al processo Luca Rienzo fu riconosciuto colpevole di omicidio volontario ai danni della sorella Martina e della sua amica Fiorella. Gli furono concesse le attenuanti generiche.
                (Persone e fatti narrati sono di pura invenzione).
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