#242 - 15 giugno 2019
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Racconto

L'incidente

settima puntata - Luca

di Ruggero Scarponi

Il mattino seguente Pavesi andò, come previsto, in tribunale per l’udienza stabilita in Corte d’Appello.
Si doveva giudicare il caso di un muratore accusato di tentato omicidio nei confronti della moglie. Dopo i fatti, i due vivevano separati.
E c’erano dei precedenti.
La donna, aveva già presentato, qualche tempo prima, ai carabinieri, un esposto per le violente percosse ricevute dal marito geloso.
Costui in pratica, dopo aver maturato il sospetto che la moglie lo tradiva, aveva cercato di scoprire l’identità del rivale.
Così un pomeriggio si era assentato dal lavoro per pedinarla di nascosto.
La moglie, approfittando dell’assenza del marito, che credeva al lavoro in quell’orario, si incontrava con un giovane in un motel sulla Via Aurelia, appena dopo il paesino di Santa Severa.
Ma la cosa che aveva fatto perdere la testa al legittimo consorte era stato lo scoprire come il suo rivale fosse nient’altri che il proprio fratello minore.
A quel punto pazzo di rabbia aveva atteso che i due amanti si congedassero, in strada, fuori dell’albergo e con l’auto a tutta velocità aveva cercato di investirli.
Pavesi non poté non rilevare una qualche analogia con il caso di Martina Rienzo, mentre ascoltava le testimonianze di alcuni cittadini presenti alla scena.
La strategia difensiva era tutta impostata proprio sulle divergenze delle varie deposizioni.
Infatti, il muratore, evidentemente in preda all’eccitazione del momento aveva perso il controllo del suo autoveicolo e si era andato a schiantare contro un lampione che provvidenzialmente si era trovato tra la sua auto e le vittime predestinate. Alcuni testimoni sostenevano che il fatto fosse stato chiaramente accidentale, mentre per altri l’intenzione di travolgere i due amanti appariva evidente. La Corte si persuase, come era avvenuto già in Assise, per la causa accidentale, dando torto al Pubblico Ministero.
Al termine dell’udienza Pavesi strinse la mano al collega della difesa per congratularsi:

  • Naturalmente si va al terzo grado… - concluse nel momento di salutarlo –
  • Denari pubblici buttati – sentenziò compiaciuto il difensore – potrebbero essere impiegati meglio, in cose più utili.
  • Cosa c’è di più utile dell’assicurare alla giustizia un uomo pericoloso per sé e per la società? – replicò il piemme.
  • Ma caro collega, se ne faccia una ragione, la Corte si è già espressa due volte…
  • Già, ma in Cassazione le cose si vedono sotto una luce diversa… – In ogni caso – continuò Pavesi – per quanto mi riguarda, si va avanti, sempre che la Procura non decida diversamente.
  • Vede Pavesi – disse l’avvocato – sa bene quanto l’abbia in stima, ma a volte mi lascia sconcertato. Questo è un caso in cui le garanzie per l’imputato superano di gran lunga indizi e prove. A che pro accanirsi? Cosa può ottenere? Solo una sentenza sfavorevole. O al massimo di allungare i tempi…Quando mai la Cassazione rigetta due gradi di giudizio perfettamente conformi?
  • Lo so – rispose Pavesi – ma quell’uomo, aveva l’intenzione di uccidere e lei sa, come lo so io, che la gelosia è un germe che una volta che si insinua nella testa di un uomo, non lo lascia fintanto che non abbia ottenuto il suo scopo. In questo caso, lo sappiamo tutti e due, lo scopo è l’eliminazione fisica dei due amanti. Lui non può sopportare l’idea del disonore, per di più ad opera di un fratello, che considera come un doppio tradimento…Per questo tenterà nuovamente di uccidere e la prossima volta sarà freddo e non sbaglierà. Questo lo sa, anche lei, non è vero?
    L’avvocato era stato a sentirlo in silenzio mentre lo teneva sotto braccio, come fosse un amico di vecchia data.
    Al termine del discorsetto, sollevò la testa.
    Guardò fisso Pavesi in volto, fece un gesto con la bocca come a convenire che poteva anche essere vero, ma si limitò a dire:
  • E via Pavesi… - e con un mezzo sorriso, smorzò la frase – Ci vediamo presto – concluse, dandogli la mano – mi stia bene…Intanto!
    Pavesi non rispose, si girò e prese a percorrere il corridoio in direzione dell’uscita.
  • Lo so, lo so – si diceva piuttosto contrariato – che non poteva non andare come è andata, ma posso almeno ammettere con me stesso che la cosa mi bruci? E mi brucia sia perché non amo perdere una causa e sia perché sono convinto della pericolosità di quell’uomo. -
    E restò pensieroso, a testa bassa, mentre raggiungeva i tornelli di sicurezza.
    Poi come risvegliato da un sopito pensiero disse:
  • Per il momento pensiamo a cose più importanti. Il capitano Villalta mi aspetta a pranzo a casa sua, dev’essere una qualche occasione speciale ma non me l’ha voluto dire in anticipo. -
    Pavesi prese l’auto per raggiungere l’abitazione di Villalta, in Via dei Prati Fiscali. Prima, però, si fermò in una pasticceria a comprare un dolce e in un’enoteca ad acquistare due buone bottiglie da portare al suo ospite.
    Quando giunse a destinazione si trovò davanti le due figlie, o meglio le due figlie gemelle del capitano che erano accorse ad aprire la porta. Maria Rosaria e Carmelina, di quindici anni.
  • E voi? – Chiese Pavesi incredulo alla vista delle fanciulle – fino a un istante fa eravate due bambine. E adesso chi mi trovo di fronte? Due signorine da far girare la testa perbacco!
    Quelle abbassarono vergognose i bei visetti tentando di soffocare una risatina di compiacimento.
    In effetti i complimenti di Pavesi erano tutt’altro che esagerati.
    Le due figliole erano veramente molto belle.
  • Sono sicuro che siete la luce degli occhi del nostro capitano – sentenziò il piemme, abbracciando l’amico che era venuto ad accoglierlo, appena sentito aprire l’uscio di casa.
  • In effetti, dottore – confermò Villalta – stanno venendo su proprio bene e ci danno tante soddisfazioni a me e alla mia Eugenia.
    Eugenia, la moglie di Villalta era sbucata alle spalle del marito, quasi timida.
  • Benvenuto, signor procuratore, siamo tutti veramente felici che abbia accettato…È così tanto tempo che non veniva a farci visita e mio marito ci parla sempre di lei.
  • Sono io che vi ringrazio – si schermì Pavesi – passare una giornata in famiglia, e soprattutto in una bella famiglia come la vostra…È una fortuna…Di cuore lo dico signora…
  • Un piccolo omaggio per gli anici – Disse poi, porgendo il dolce alla padrona di casa e i vini al capitano.
  • Ma…Non doveva – lo rimbrottò la donna con un leggero imbarazzo.
    Ma visto che le cose rischiavano di andare per le lunghe, ci pensò Villalta a porre fine ai convenevoli, introducendo Pavesi nella sala da pranzo e facendolo sedere di fronte ad una tavola imbandita per le grandi occasioni.
    Il pranzo fu all’altezza delle aspettative.
    La signora Eugenia coadiuvata dalle gemelline aveva dato il meglio di sé elaborando un menu gustoso e nel contempo leggero in modo da non gravare troppo nel pomeriggio quando i due uomini si sarebbero ritirati a parlare nello studio.
  • Carmelina! – Chiamò Villalta, appena sistemati – Amore di papà, porta un altro caffè al signor procuratore, per favore, tesoro, e uno anche a paparino tuo, che dobbiamo stare un poco svegli…
    Fu Pavesi a parlare.
  • Senta Villalta credo che ci siano dei fatti nuovi riguardo al caso Rienzo…
  • Dunque, dottore, è già diventato un caso? – Rispose il capitano con una leggera vena di ironia che non infastidì Pavesi.
  • Senta, per cortesia, amico mio – rispose paziente – il ragazzo, Luca, il fratello, è caduto in diverse contraddizioni…- E la vuol sapere una cosa?
    Villalta lo fissava attento.
  • caro capitano, si ricorda quando quello diceva che quasi non la conosceva alla signorina Fiorella? Ebbene stanotte uno dei miei uomini che ha avuto modo di parlare occasionalmente con una fioraia nel quartiere dove abita la famiglia Rienzo, è venuto a sapere che invece la inondava praticamente di fiori, compreso il giorno dell’incidente…Quel giorno per lei acquistò ben ventiquattro rose…Insomma capitano, non stia lì a guardarmi e a far il bastian contrario…A questo punto ammetterà anche lei…
  • Mi perdoni, non vorrei che lei avesse frainteso – cercò di scusarsi Villalta per lo scetticismo di poco prima – Ma…a, ecco Carmelina con i caffè…Grazie tesoro, ecco, da brava, lascia pure sulla scrivania di papà…ci penso io – disse il capitano mentre prendeva dal vassoio una tazzina e la porgeva a Pavesi per poi servirsi egli stesso.
  • Dunque dicevo, dottore, non è per lei, lo sa bene, mi conosce…E io conosco lei, so come lavora e non dico altro…Ma… È… per il GIP, quello ci gode a scardinare un’inchiesta…Tutto lavoro in meno…Se posso dire dottore. Per questo a volte sembra che faccio l’avvocato del diavolo, d’altronde appena quello trova un varco, una procedura poco meno che corretta e…Subito ci si infila e allora addio, tutto da rifare…Quante volte l’abbiamo visto…no?
    Pavesi lo ascoltò tenendo lo sguardo fisso, come se stesse correndo dietro ai pensieri suoi, poi alla fine disse:
  • Capitano, mi scusi, ma ha mica ispezionato l’auto del ragazzo?
  • Che fa signor procuratore, mi vuole prendere in giro? È la prima cosa che abbiamo fatto. No… tutto a posto, la macchina non ha avuto incidenti o impatti di qualche tipo. Si convinca signor procuratore il ragazzo non c’entra, se è reticente sarà per qualche altra piccola faccenda, qualche spinello, chissà…È pur sempre un ragazzo…ancora.
  • E di Fiorella? Che mi dice? I suoi uomini che fanno? È una ragazza giovane e per quanto ne sappiamo non sembrerebbe far parte di gruppi organizzati, si dovrebbe riuscire a trovarla, no?
  • In effetti dottore, la Fiorella è un mistero. Sembra sia sparita senza lasciare traccia.
  • Strano, no? – Obiettò Pavesi
  • Strano signor procuratore, ma fino a un certo punto.
  • Si spieghi
  • Semplicemente ripeto ciò che lei stesso ha ipotizzato. La ragazza potrebbe essersi nascosta per sfuggire a qualche vendetta. Potrebbe aver comprato droga ed essersi indebitata. Può darsi anche che non sia riuscita a pagare il suo spacciatore che…
  • Quindi anche secondo lei il vero obiettivo non era Martina, ma Fiorella…
  • Potrebbe essere, dottore, mi spiego?
  • Eppure c’è sempre qualcosa che mi puzza caro Villalta. Io dico che non è andata così. Vede, che l’impatto sia stato frontale, sempre di più mi convince che la ragazza conoscesse il suo investitore e che se ne fidava mentre quello proprio basandosi su tale fiducia avrebbe…
  • eh! non va bene, signor procuratore, così mi fa tornare di nuovo Martina l’obiettivo primario…E allora con la Fiorella come la mettiamo, per quale motivo sarebbe sparita?
  • E se fosse sparita o semplicemente allontanata, per sfuggire alla corte serrata di Luca? A volte i giovanotti sono così insistenti che una ragazza può spaventarsi o non sapere come trarsi d’impaccio…
  • Dottore, la stiamo cercando da un mese oramai, non crede che…?
  • E va bene. Comunque domani voglio sentire di nuovo Luca. Sono certo che qualche cosa da dirci ce l’ha il ragazzo…E lei Villalta, mi darà ragione…A proposito …E l’occasione speciale?
  • L’occasione speciale, signor procuratore?
  • Appunto, l’invito era per festeggiare un’occasione speciale, non vuol dirmelo finalmente di che si tratta?
    Villalta restò silenzioso, si passò le mani sulla testa e poi chiamò sua moglie
  • Eugenia, corri, vieni…Il signor procuratore vuol sapere cosa festeggiamo…
  • Dillo tu – disse la donna – dillo tu…io…Una pazzia! Una pazzia…poi bisogna chiamare anche Maria Rosaria e Carmelina…
  • Ah, ma allora è una cosa grossa – proruppe Pavesi
    Villalta chiamò a gran voce:
  • Maria Rosaria, Carmelina, venite subito, dobbiamo fare un annuncio la mamma ed io…
    Finalmente anche le ragazze arrivarono
  • Dunque – disse un po’ confuso il capitano – Dunque posso annunciare ufficialmente, ufficialmente – disse all’indirizzo della moglie come a chiedere conferma – Che fra un po’ di mesi ci sarà una bella sorpresa. Un nuovo inquilino…In questa casa…
  • Caspita! – Era una vera sorpresa e bella grande caro capitano! – Gridò Pavesi, mentre le ragazze ammutolirono letteralmente.
  • Forza – continuò – qui un brindisi ci vuole, alla mamma, al papà e…alle sorelle…Prosit, con tutto il cuore!
  • Una pazzia – ribadì la signora Eugenia schermendosi confusa e imbarazzata.
  • Una vera pazzia! – confermarono all’unisono le gemelline.
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