#220 - 9 giugno 2018
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterà  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerà  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, può durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchè (Mark Twain) "L'istruzione è l'arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non è un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchè i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltà  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensì nella capacità  di assistere, accogliere, curare i più deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltà  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo è un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminosità, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Pagine Preziose

Del sublime

Friedrich Schiller - Abscondita Editrice

L'angoscia della caducità è il vero punto di partenza di Schiller.
Nulla è più terribile della rappresentazione della morte, dell'impossibilità di fissare per sempre la pienezza dell'essere. «Anche il bello deve morire!» è la solenne esclamazione iniziale di una delle sue più compiute composizioni Uriche, la Nänie.

E la morte è anche il tema ricorrente di questi tre saggi sul sublime e sul patetico.
Privata di questa sua tragica dimensione, la cultura estetica rischia di diventare una cultura della menzogna, un occultamento della caducità dell'esistenza e delle sue forme. Il sublime deve quindi «accompagnarsi al bello », nel senso di esprimere la sua più profonda e tragica dimensione, rivelando il caos che si cela dietro l'armonia e la razionalità delle forme, l'orrore della caducità; mentre la cultura della mera bellezza è denunciata come mistificazione, come cultura della décadence. Il sentimento del sublime è dunque un gesto di rinuncia: di riconoscimento dei fi-miti della soggettività; ma è anche un gesto di utopia: di fondazione del proprio essere nel mondo.

La tragicità dell'esistente, i limiti del sensibile (dell'intelletto) si rovesciano continuamente nel sentimento del sublime in valore, nella percezione dell'infinità della natura razionale dell'uomo. (Dallo scritto di Luigi Reitani)

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