Il Palio e la Cuccagna
di Dante Fasciolo
S’affollano intorno allo steccato i passionali,
incuriositi o innervositi  spettatori,
per godere e soffrire pochi attimi della gara.
Testardi cavalli mal sopportano la vicinanza
e pazienti oltre ogni limite i fantini
tutto tentano per un allineamento al nastro di partenza.  
Si conta già sui possibili vincitori,
cavalli con esperienza provata, o debuttanti sfrontati;
tutti tesi a primeggiare ad ogni costo.
Spinte, dispetti, insulti, qualche violenza  
e all’ultima curva, un ultimo colpo di reni  
per portare uno zoccolo avanti di un palmo.  
Al Palio di Siena un solo cavallo sarà vincitore, 
un solo fantino trionferà, osannato,
ma al traguardo potrà arrivare primo un cavallo scossato
senza cavaliere…e a vincere sarà la contrada 
senza merito alcuno oltre il tifo e il battimano
ma chiamata a custodire il premio ricevuto.  
Non da meno è il trio che segue:
cavallo, fantino, contrada che perde la gara.
Rammarico, risentimento, ammissione…
il repertorio  è uno spartito che scotta;
abbracciare il vincitore? Come è difficile farlo!
Provarci solo per difendere il buon nome della gara?  
Ecco allora il cambio del gioco, è l’albero della cuccagna 
chiamato ad assicurare la dignità della gara con onestà.
Ha in cima i suoi doni: il consenso, la lealtà, la verità…
chi tra i concorrenti riuscirà a scalare l’albero,
ora impiastricciato di espedienti negativi all’ascesa,
potrà aggiungere ai premi la dignità,
virtù che non ha bisogno di facili abbracci.
 
        