#213 - 17 marzo 2018
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterŕ in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerŕ il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore č giŕ  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore č la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererŕ  l'amore per il potere, sia avrŕ  la pace (J. Hendrix)
Racconto

Il Bacio

Parte prima

di Ruggero Scarponi

Andrea Cassani si lisciò accuratamente la fluente barba prima di rispondere.

  • Va bene Sandri – disse, dopo la breve pausa - faccia passare la signora Nicolosi.
  • Certo, subito, Maestro.
    Il piccolo signor Sandri, impiegato tutto-fare del Teatro dell’Opera richiuse dietro di sé la porta dello studio di Andrea Cassani, uno dei più apprezzati bassi sulla scena internazionale e svelto fece accomodare in un salottino riservato, il famoso soprano.
    Poco dopo con un profondo inchino l’ometto si congedò dalla donna dicendo:
  • il Maestro la raggiungerĂ  tra un istante, signora.-
    Barbara Nicolosi era approdata al teatro dell’Opera della cittadina di * dopo un’ estenuante trattativa. Alla fine si convinse a firmare il contratto solo perché Andrea Cassani aveva accettato di cantare assieme a lei nel Don Giovanni ed anche per via di una certa registrazione che l’aveva messa in curiosità.
  • Quale onore! – esclamò l’uomo entrando nel salottino da una porticina laterale – finalmente abbiamo la divina Nicolosi!
    La donna sorrise mostrandosi immune alla lusinga e porse la mano.
    Cassani evitò di baciarla limitandosi a una stretta piuttosto formale.
    La prima reazione della donna fu vagamente sgradevole:
    (- un bellissimo viso, pensò, peccato quella barba!)
    L’uomo probabilmente intuì qualcosa e prese nervosamente a lisciarsi i lunghi peli che gli ricoprivano le guance e il mento, tossicchiando per dissimulare l’imbarazzo di un incontro che aveva immaginato più cordiale.
  • Sono sinceramente meravigliata, caro Maestro – esordì sardonica la Nicolosi - che la direzione di questo teatro si sia data tanto da fare per scritturarmi. Si dice in giro che il Teatro dell’Opera disponga di…
  • Fantasie – la interruppe Cassani. – fantasie se alludete alle voci riguardo al fantasma di un celebre soprano…fantasie o lo scherzo di qualche burlone.
  • Fantasie? Sentite qua, allora.
    Barbara Nicolosi estrasse dalla borsetta un piccolo registratore e stava per metterlo in funzione quando Cassani la fermò.
  • Non c’è bisogno, signora. Conosco quella registrazione, scadente, oltre tutto, qualcuno l’ha messa in rete, ma le ripeto che si tratta di uno stupido scherzo e riguardo al fantasma, non c’è nessun fantasma in questo teatro.
    La donna restò sorpresa dal modo sbrigativo con il quale il celebre cantante aveva liquidato la questione.
  • Probabilmente sarĂ  uno scherzo, come dice lei, Maestro – concluse, poco convinta.
    Il giorno seguente iniziarono le prove, che si sarebbero protratte per tre settimane e Barbara Nicolosi fece la dura esperienza di lavorare con un perfezionista come Andrea Cassani.
    Eppure non era una debuttante, avendo più di dieci anni di successi alle spalle e un’approfondita conoscenza del repertorio mozartiano.
    Un pomeriggio dopo aver provato un’infinità di volte un duetto e stanca di essere ripresa, Barbara sbottò quasi isterica.
  • Non le piace come lo faccio? - Urlò tra lo stupore generale – e allora lo faccia fare a quella che tiene nascosta in soffitta!
    Furibonda dopo aver pronunciato la frase abbandonò la scena.
    Cassani dovette inviarle un enorme mazzo di rose, accompagnato da un biglietto di scuse, per riportarla in teatro.
    Per la verità l’incidente fu molto salutare. Anziché aumentare l’ostilità tra i due artisti contribuì non poco a dissipare la diffidenza reciproca e ne nacque una simpatia. Da quel momento, presero a frequentarsi assiduamente, non solo nel tempo libero ma anche in teatro per curare la rappresentazione in ogni dettaglio. L’autorità di cui godeva Cassani era tale che nessuno osava contestare i suoi appunti. Dopo le prove, benché molto stanca, Barbara accettava con piacere, di uscire con il grande artista che sapeva essere gentile e affascinante tanto che cominciò a sentirsene attratta. Si era persino assuefatta al suo estenuante modo di lavorare accettando senza riserve le critiche che le rivolgeva. Pendeva letteralmente dalle sue labbra.. D’altro canto a lei Cassani appariva perfetto. Perfetto nel canto, innanzitutto. Una voce unica, profonda fino all’abisso, priva di qualsiasi asprezza. Sulla scena poi era ammirevole. Il gesto misurato, l’incedere sicuro, la bellezza incontestabile… se non fosse stato per la barba, alla quale, comunque, cominciava ad abituarsi.
    Cassani era riservatissimo. Durante le serate trascorse insieme in qualche locale, non parlava quasi mai di sé mentre ascoltava con attenzione tutto quanto diceva la sua amica.
    Ben presto Barbara ne fu innamorata.
    L’uomo era infaticabile, sempre il primo ad arrivare in teatro.
  • Maestro ma lei non dorme mai? – gli chiese preoccupata, una mattina.
  • Quando lavoro, ogni ora di sonno mi sembra sprecata.
  • Ma così rischia di farsi del male. Nessuno può resistere a simili turni di lavoro senza un po’ di riposo.
  • A quanto pare, qualcuno può farlo – rispose sornione Cassani.
    Ora Barbara attendeva con ansia che si facesse avanti sul piano sentimentale.
    Faceva di tutto per dimostrargli che non le era indifferente e che avrebbe gradito stringere di piĂą il loro rapporto.
    Ma Cassani non sembrava avere fretta. Questo lo rendeva ancora piĂą attraente.
    Una sera, dopo aver cenato in un ristorantino, l’accompagnò all’albergo, in auto. Prima di congedarsi parlarono a lungo.
    Barbara si aspettava, da un momento all’altro una qualche dichiarazione, delle avances. Era pronta, se glielo avesse chiesto, a farlo salire da lei. Ma non avvenne nulla. Cassani la fece parlare per tutto il tempo, guardandola intensamente negli occhi. Tanto che Barbara, perplessa, abbassò lo sguardo.
  • no! – disse lui – la prego…il suo volto mi ricorda una persona, conosciuta tanto tempo fa.
    Dopo, le prese una mano tra le sue, senza, tuttavia, varcare il limite di una cara amicizia.
    Barbara era confusa, disorientata, non riusciva proprio a capire cosa non andasse in lei.
    Era giovane, bella, corteggiatissima nell’ambiente. Cosa aspettava Cassani, a farsi avanti? Se non era interessato, perché la tormentava in quel modo, facendola ammattire come fosse una ragazzina alla prima cotta.
    Dopo essersi salutati, Barbara salì in camera, delusa e nervosa. Si buttò sul letto senza riuscire a prendere sonno. Aveva desiderio di fumare. Cosa proibita nella sua professione e soprattutto per lei che era stata una discreta fumatrice nell’adolescenza. Ma quella sera aveva bisogno di fumare per allontanare l’ansia che l’aveva afferrata allo stomaco.
    Per abitudine portava sempre con sé, in una sacca, un pacchetto di sigarette. Naturalmente non se ne serviva ma lo teneva ugualmente a portata di mano, come monito. Era lì, integro, a dimostrare che lei sapeva resistere alla tentazione. Ma non quella sera. Purtroppo, con rammarico, si accorse di aver dimenticato la sacca in teatro. Fece un rapido calcolo. Uscendo subito, l’avrebbe recuperata in meno di mezz’ora.
    Si rivestì alla meglio e si diresse svelta al Teatro dell’Opera.
    Giunta sul luogo, aprì la porta di un ingresso laterale con la chiave che aveva ricevuto dall’amministrazione per eventuali necessità. Disattivò il sistema d’allarme e si avviò al palcoscenico dove ricordava di aver lasciato la sacca, sopra una sedia.
    Mentre procedeva fu colta da un vago timore. Il teatro deserto, il buio dei corridoi, il silenzio assoluto, la suggestionarono. Fu scossa da un brivido, sul palcoscenico, sentendosi sfiorare dal sipario, che lei stessa aveva urtato.
    Dopo aver raccolto la sacca dalla sedia, si diresse rapida all’uscita, senza neanche preoccuparsi di spegnere le luci. E invece, per poco, non le si gelò il sangue nelle vene, dallo spavento. (continua)
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