#211 - 17 febbraio 2018
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterŕ  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerŕ  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, puň durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni piů importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchč (Mark Twain) "L'istruzione č l'arma piů potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non č un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchč i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltŕ  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensě nella capacitŕ  di assistere, accogliere, curare i piů deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltŕ  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo č un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminositŕ, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Racconto

La seconda morte

di Ruggero Scarponi

I cipressi resi scuri dall’imminente tramonto ondeggiavano inquietanti lungo il viale bianco del cimitero.
Uno sbuffo di vento sollevava con indifferenza veli e stoffe di donne affrante. Una pioggerella fredda e insistente conferiva a quell’ora del giorno un’atmosfera carica di tensione, di mistero. In breve il luogo restò deserto. Io però rimasi a girellare tra i viali ancora un poco.
Ricordo bene le folte siepi di bosso madide di pioggia e un leggero vapore dovuto al contatto tra le goccioline di pioggia e il terreno ancora caldo del primo autunno.
La sera avanzava rapidamente e un senso di profonda quiete unito a un malinconico abbandono mi aveva pervaso lo spirito e fin anche il corpo. Camminavo sotto l’acqua, riparato dall’ombrello e immerso in riflessioni fugaci passandomi davanti agli occhi immagini vicine e lontane, senza un ordine o una logica.
Mi ero trovato casualmente nel cimitero durante una passeggiata pomeridiana e non saprei ricordare nemmeno come e perché vi entrassi e per quale ragione mi soffermassi ad assistere al rito funebre celebrato in memoria di qualcuno di cui non avevo conoscenza. Né di lui né dei parenti o amici che lo avevano accompagnato all’ultima dimora. Stringevo in mano uno strano libro che mi aveva occupato la mente l’intero pomeriggio ed era forse diretto responsabile dell’inconsueta meta a cui mi ero diretto. Un uomo da lontano che si intuiva coperto da un’ampia mantella per ripararsi dalla pioggia mi faceva grandi segnali a braccia alzate. Ma tanto ero assorto nei miei pensieri che impiegai alcuni istanti a identificarlo come il custode del cimitero. Dai gesti era passato a dei richiami verbali.

  • OhĂ© ! – gridava con foga – si chiude, si affretti signore se non vuole restare a far compagnia ai morti!
    Il riferimento ai defunti era di certo un ingenuo e forse anche scherzoso tentativo per indurmi rapidamente all’uscita. Cosa che avrei fatto spontaneamente.
    L’uomo distava da me non più di un centinaio di metri e mi diressi senza indugio dalla sua parte. Ma nell’attraversare un crocicchio determinato da un vialetto trasversale a quello che stavo percorrendo con quattro tombe monumentali a scandirne i punti cardinali fui inevitabilmente attratto dalla figura di un tale placidamente seduto su di una panca, incurante della pioggia e della minacciata chiusura da parte del custode. Mi fermai e fatto un passo verso di lui mi offrii di fornirgli riparo con il mio ombrello.
  • Signore – dissi con tono di aiuto – non avete sentito il custode? E’ ora di uscire, tra poco chiuderanno i cancelli. Se posso permettermi vi offro riparo…- E feci per avvicinarmi tendendo verso di lui il mio ombrello.
    L’uomo mi guardò distratto e poi disse.
  • Non me ne preoccupo.
  • Prego? In che senso – domandai scioccamente
  • Non me ne preoccupo – rispose ribadendo il concetto con forza e serrando le labbra.
  • Ma forse non avete compreso – Insistei – E’ l’ora di chiusura. Non vorrete restare a far compagnia ai defunti – dissi scimmiottando il custode.
    Di nuovo, l’uomo, che doveva avere all’incirca cinquant’anni, di corporatura massiccia, uno sguardo distratto sotto una fronte ampia, liberata da una capigliatura che in gioventù doveva essere stata rigogliosa, mi sorprese dicendo
  • Venite! – e si alzò di scatto facendomi segno di seguirlo.
    Non osai rifiutare. Oggi me ne pento, non avrei mai dovuto accettare quell’invito. Ma forse era già tutto scritto e le cose si erano messe in modo tale da non potersi opporre.
    Provai un brivido lungo la schiena quando avvicinatomi all’uomo mi resi conto che su di lui la pioggia non aveva alcun effetto. Appena mi riebbi da tale pensiero mi resi conto che intorno era calata la notte. Inutile tentare di raggiungere l’uscita, di certo i cancelli erano stati chiusi da un pezzo e il custode a quest’ora, di sicuro stava già cenando con la famiglia nella casa fuori del cimitero.
  • Non riesco a capacitarmi del fatto che non mi abbia atteso prima chiudere…-riflettei tra me, mentre faticavo a tenere il passo dell’uomo che mi faceva da guida. Notai che stavamo tornando verso il luogo dove era stato sepolto il tale al cui rito avevo assistito nel pomeriggio.

A un certo punto la mia guida si fermò. Eravamo sulla tomba in questione.

  • Signore – mi disse con una vena di grande tristezza – Non è per caso che vi trovate in questo luogo.
  • Temo che abbiate ragione – risposi.
  • E non è un caso che stamattina abbiate scelto proprio quel libro che tenete sotto braccio alla bancarella sotto i portici.
  • Temo che abbiate ragione anche su questo – confermai.
  • Ebbene sappiate – mi disse con grande solennitĂ  – che il libro che tanto ha attirato la vostra attenzione centra perfettamente l’argomento di cui tratta e penetra misteri insondabili ai piĂą. La vostra curiositĂ  e la vostra conoscenza di tali argomenti vi hanno reso soggetto privilegiato per ciò che si dovrĂ  compiere.
  • Chiedo scusa – obiettai – se l’argomento di questo libro vi sta tanto a cuore, perchĂ© non avete pensato di rivolgervi all’autore, che di certo ne sa piĂą di me.
  • Giusta osservazione, se non fosse che Albert Giroudoux, l’autore, dopo la pubblicazione del libro è praticamente impazzito e oggi risiede in un manicomio criminale per aver ucciso il padre e la madre convinto che fossero degli spettri.
  • Quantunque io non sia facilmente impressionabile – replicai – ammetto che vuoi il luogo, vuoi la circostanza, bizzarra, di trovarvi perfettamente asciutto sotto questo diluvio, mi producano una notevole suggestione e mi domando chi siate o chi siete stato signore, ve ne prego, fatemi comprendere.
  • Giusto, a volte un trapassato perde il senso di certe cose e non si rende conto. Giusto, certo, io sono colui che avete seppellito nel pomeriggio. Il rito a cui avete assistito era in mio onore, si fa per dire.
    Stavolta oltre al brivido lungo la schiena provai una vertigine e un vivo senso di nausea con spasmi di stomaco e tremore di gambe.
  • PerchĂ© mi avete condotto qui – domandai - ho qualcosa da temere da voi?
  • Non so – rispose con aria assorta, facendomi aumentare il battito del cuore – non so – ripetĂ© cupo – di qua non abbiamo le sensazioni o le certezze che pretendete voi da vivi. Le certezze sono conseguenza della materia ma è nell’ imponderatezza che ci muoviamo e pertanto cosa come e chi non c’interessano piĂą di tanto.
  • Chi eravate allora? Ditemelo! – chiesi agitato.
  • Ve l’ho detto, l’uomo che avete sepolto oggi pomeriggio, avvocato Gaston Durand abitante in Rue S.Gallien 4.
  • Cosa volete da me, perchĂ© avete voluto che vi seguissi?
  • Come dicevo poc’anzi voi oggi vi siete divorato quel libro. Da tempo state conducendo studi e so anche che avete scritto in un diario certe riflessioni.
    Siete nel giusto amico mio, congratulazioni. Jerome Lucien n’est pas?
  • Mi conoscete?
  • Sorvoliamo, questa che avete detta è una sciocchezza. A me interessa altro. Vediamo, ditemi a quali conclusioni giunge l’ottavo e ultimo capitolo del vostro libro.
  • Sono certo che le conoscete per filo e per segno.
  • Ho piacere che me lo diciate voi, Jerome.
  • Ebbene, visto che la notte sarĂ  lunga anche questo argomento mi aiuterĂ  ad arrivare all’alba. Dunque di cosa parla l’ottavo capitolo.
  • per l’appunto – sottolineò lo spettro con affettata degnazione.
  • Nell’ottavo capitolo l’autore si esprime a favore della teoria dei decessi concatenati. In poche parole e per farla semplice, secondo il Giroudoux, ci sono evidenze scientifiche, che però non cita, ed evidenze storico-letterarie per ipotizzare che quella che noi chiamiamo morte non sia altro che il primo stadio di un lungo forse infinito percorso di purificazione dallo stato grezzo, materiale a quello di pura energia. Logos, purezza effusa. Spirito, purissimo spirito.
  • Molto bene, molto bene – confermò l’ex avvocato Durand – ed ora – continuò – ditemi cosa avete scritto nell’ultima pagina del vostro diario, quella che avete scritto stamattina all’alba, preso da un’irrefrenabile ispirazione…
  • Signore, io – dissi balbettando – ma come fate a sapere? Davvero alle quattro di stamattina ho scritto questi stessi concetti e questo è stato il motivo per cui appena possibile, alle ore nove mi sono precipitato alle bancarelle sotto ai portici dove giĂ  da qualche giorno avevo adocchiato questo libro.
  • Alle ore quattro, caro signore, oggi fa tre giorni – riprese lo spettro con espressione dura – mia moglie Catherine e il suo giovane amante Gilles compivano l’infame gesto, di cui io sono stato vittima. La loro turpitudine è arrivata al punto di congiungersi carnalmente al cospetto del mio cadavere.
  • Ma voi signore- urlai, quasi fuori di me – mi state mettendo al corrente del vostro omicidio, io…
  • Calmatevi. Non ho mai parlato di omicidio, ho detto vittima, in senso morale. Ma non per questo il comportamento dei due amanti può essere considerato meno riprovevole.

Mentre lo spettro parlava mettendomi al corrente di tanti scabrosi particolari temetti di vedere vacillare la mia coscienza e la mia ragione. Ero in preda a uno stato di esaltazione emotiva e assorbivo l’intera storia che lo spettro mi rivelava densa di ogni genere di lassismo e degradazione morale. A poco a poco sentivo montare dentro di me la rabbia e un furore che mi accecava la vista e mi bruciava il cuore e il cervello.

  • E’ per questo che sei stato scelto. – Tuonò lo spettro - Tu hai compreso e penetrato il segreto. Chiunque al tuo posto sarebbe fuggito, per la paura. Io ho abbandonato l’involucro, il primo stadio della materia e potrei scegliere la via della purificazione e proseguendo il cammino, di morte in morte abbandonare ogni volta un po’ della materia che ci contamina, verso la completa purificazione. Oppure posso scegliere di morire per, non so. Neanche noi sappiamo se decidiamo di scegliere l’altra via. Ma l’oltraggio che mia moglie e il suo amante mi hanno riservato mi offusca la mente persino qui. Non posso perdonare dal momento che essi banchettano e fornicano sul mio cadavere.
    Io ti ho rivelato il segreto. Ho dato certezza ai tuoi studi alle tue riflessioni, sei in debito con me. Forse pagherò caro per la mia trasgressione ma non importa. Rendimi giustizia.- ma poi prevenendo il mio pensiero, m’ingiunse - No! Non devi ucciderli entrambi. Uno solo! Solo così il dolore sarà inconsolabile. Uno di qua e uno di là! Allora, mi sentirò vendicato.
    Naturalmente non fui in grado di sottrarmi alla volontà dello spettro. Al mattino seguente mi recai in Rue Saint Gallien, 4. Con un pretesto mi feci annunciare a Madame Catherine Durand e appena mi venne incontro per porgermi la mano in segno di saluto, estrassi la pistola e a bruciapelo feci fuoco. Ebbi il tempo di dire “da parte di suo marito, madame”.

Ancora oggi non so dire come riuscissi a sfuggire alla polizia e alle indagini del giudice istruttore. Fatto sta che nei giorni seguenti lessi sui giornali la notizia dell’arresto di tale Gilles De Mornay, l’amante della donna. La polizia aveva fatto ricadere su di lui i sospetti dal momento che era trapelato che madame lo avesse improvvisamente “scaricato” per godersi l’intero patrimonio di cui era rimasta erede con un amante ancora più giovane. La vendetta di Monsieur Durand non poteva essere più completa.
Tornai sulla tomba molto tempo dopo. Naturalmente dello spettro nessuna traccia. Ingenuamente avevo creduto chissĂ  che cosa. Sorrisi tra me di un simile pensiero.
Solo una sera tornando a casa dopo uno spettacolo teatrale per una bizzarra circostanza mi trovai nuovamente a passare dalla parte del cimitero, non so neanche come fosse possibile. Mi stavo giusto chiedendo che razza di strada potessi aver preso quando mi vidi venire incontro un uomo con passo deciso. Trasalii e restai immobile. Appena giunto a pochi passi da me l’uomo si tolse il cappello e con deferenza mi salutò - Poi si avvicinò ulteriormente.

  • Buona sera, buona sera, signore – disse prendendomi le mani -
  • Buona sera signor custode, avete rinchiuso bene i vostri morti stasera? – dissi cercando, con la battuta scherzosa, di dissimulare una certa inquietudine –
  • Non si preoccupi signore, ognuno riposa nella propria tomba.
    Si stava allontanando dopo avermi stretto le mani che aveva gelide per la verità, quando fatti pochi passi si fermò, tornò un poco indietro e disse:
  • E… grazie, signore, di tutto.
  • Buona notte – risposi, accennando a sollevare il cappello con la mano.
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