Un invito
di Dante Fasciolo
Quando sarà possibile leggere questo editoriale
Papa Francesco sarà tornato in Vaticano.
Ma le parole pronunciate in Africa
non saranno certo facilmente dimenticate.
Un segno forte la sua prima impronta:
ha reso omaggio ai martiri cristiani del 1886
per sottolineare che la violenza contro i credenti
continua ancora oggi in molti paesi.
Ha poi incontrato autorità civili e religiose
e il Presidente del Sud Sudan per ribadire con forza
il suo no alla guerra, il suo si alla pace,
chiamando i giovani a lottare per la giustizia.
Francesco ha denunciato le forme di nuovo colonialismo
che spinge i giovani privati di istruzione e lavoro
nelle spirali di reclutamenti assetati di sangue,
che usurpano il nome di Dio per un disegno di morte.
Camminando per le fangose baraccopoli africane,
il Papa si è presentato nudo di fronte al disagio,
e l’immane emarginazione non poteva non essere imputata
alla marcata corruzione che nega diritti ai più.
La corruzione – ha detto – distrugge il cuore delle persone,
sottrae soldi ai malati e agli affamati;
e ha denunciato con fermezza l’accaparramento delle terre,
la mancanza d’acqua, le organizzazioni criminali
al servizio di interessi economici e politici di parte.
Questo e molto altro si può cogliere del viaggio di Francesco,
e non si può negare che gran parte delle sue parole
non sono relegate soltanto alla geografia africana,
esse irrompono naturalmente nel perimetro
di una società globalizzata, le cui responsabilità risiedono
in larga misura sul nostro mondo opulento, sedicente civilizzato.
Papa Francesco ha pronunciato tutto ciò in Africa,
perché tutto il mondo intenda;
sollecitando una presa di coscienza universale.
Possiamo ignorare l’invito? possiamo sottrarci a cuor leggero?