#134 - 21 settembre 2015
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Cinema

La storia di Bathsheba Everdine dal libro di Thomas Hardy

Via dalla pazza folla

di Federica Fasciolo

Mah. Non era questa la parola che speravo di pensare arrivata alla fine di "Via dalla pazza folla", e invece purtroppo la reazione spontanea è stata proprio quella: mah.

Via dalla pazza follaVia dalla pazza folla

Il film, tratto da un romanzo dello scrittore inglese Thomas Hardy, racconta la storia di Bathsheba Everdine, che si trova ad affrontare l'improvviso cambiamento delle sue fortune, da povera a sufficientemente ricca, insieme ai primi amori e le scelte difficili al riguardo, specialmente per una donna dell’epoca vittoriana.

Ci sono certamente molti aspetti positivi in questo film diretto da Thomas Vitenberg, innanzitutto il cast:
Carey Mulligan rivela tutti i lati di una ragazza di fine 1800 che ha dovuto imparare a prendersi cura di sé da sola e dunque dallo spirito libero e indipendente, decisamente moderno. Porta in vita la sua estrema razionalità e allo stesso tempo la capacità di lasciarsi andare, insieme a quel briciolo di impertinenza che ci sta sempre bene, e lo fa con estrema naturalezza. Una conferma.
Matthias Schoenaerts: a quanto pare dovremo imparare tutti a pronunciare il suo cognome, visto che sembra apparire sempre più in produzioni internazionali. In questo film, senza far troppo rumore e con eleganza, riesce a farsi notare e trasmettere alla perfezione le emozioni del suo personaggio.
Michael Sheen appare vagamente folle senza mai diventare insopportabile, anzi, mentre Tom Sturridge insopportabile lo è eccome, ma con svariate sfaccettature e senza essere mai macchietta.

Via dalla pazza follaVia dalla pazza folla

La fotografia è certamente un altro elemento da lodare, così come lo sono la scenografia e la colonna sonora di Craig Armstrong - intensa e appropriata anche se purtroppo sfruttata a volte in modo troppo invadente.

Ma passiamo agli aspetti meno positivi: la regia, per quanto in diversi momenti sia apprezzabile, in altri si sofferma troppo su primissimi piani soffocanti. Una certa parte di loro è usata con cura e nei momenti appropriati - per esempio quando Troy armeggia con la spada o quando la camera si sofferma sul personaggio di Michael Sheen in una scena precisa del film, lasciandogli tempo e modo di esprimersi con naturalezza - ma nella maggior parte dei casi tutta questa vicinanza ai protagonisti e non solo non era necessaria. Forse è proprio questa caratteristica della regia che contribuisce rendere il film non poco stucchevole, insieme al fatto che alla fine tutta la narrazione si concentra praticamente solo attorno a questo quadrato amoroso (sì, quadrato, visto che tutti e tre i personaggi maschili citati sono, in modo diverso, pretendenti di Bathsheba): le questioni sociali dietro le scelte, di inevitabile importanza in un mondo in cui la protagonista è una donna fuori dagli schemi per l’epoca in cui vive, sono infatti solo lasciate sullo sfondo, intuibili ma mai veramente al centro della scena. Maggiore spazio a queste ultime avrebbe probabilmente aiutato a rendere il film meno piatto e “mono tematico”, creando sfumature e, dunque, spessore.

Via dalla pazza follaVia dalla pazza folla

Ovviamente molti dialoghi e scene lasciano trasparire la qualità del romanzo e la profondità dei personaggi - quella di Bathsheba specialmente - e dei rapporti tra loro, ma, purtroppo, l’obiettivo è raggiunto solo a metà.

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