#349 - 6 aprile 2024
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Fotografia

Tra la bellezza delle antiche pietre

Uno spicchio di "luce" tra un turista e l'altro

Archeologia

di Guido Alberto Rossi

Non occorre essere dei grandi fotografi per fare delle belle immagini di siti archeologici, qualunque sia il sito archeologico che scegliamo di fotografare ha sempre qualcosa di bello, spesso anche maestoso e mal che vada, di misterioso; quindi, basta puntare l’obiettivo o lo smartphone e fare clic, al resto ci penserà lui stesso a farsi una bella foto.

Archeologia

Non esiste parte del mondo dove non ci sia qualche luogo, costruzione, tempio o monumento archeologico magari non antico come Giza, con le sue piramidi, o antico di duemila anni come l’Anfiteatro Flavio, volgarmente conosciuto come il Colosseo. Ma per essere targato archeologico può avere anche solo 800 anni, vedi Mesa Verde, nello stato USA del Colorado.

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In Italia ne abbiamo ben 293 (fonte Istat). Non so esattamente l’anno di questo censimento, ma sicuramento il loro numero è aumentato con gli ultimi ritrovamenti in Toscana, dello scorso anno.
Del resto nel nostro paese basta fare un buco per terra e spunta qualcosa, lo sanno bene i costruttori di metropolitane, che ogni tre metri devono fermare i lavori.

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Il problema maggiore che s’incontra nel fotografare i siti o i monumenti archeologici sono i turisti, ce ne sono a migliaia, ovunque vai nel mondo e ti costringono ad aspettare decine e decine di minuti, se vuoi scattare una foto sgombra di umani.
Per girare bene a Pompei, bisogna andare quando non ci sono navi da crociera nel porto di Napoli, altrimenti rischi di trovarti con più di duemila turisti extra, oltre ai soliti circa 15.000 giornalieri, (il record è stato di 21.000 visitatori paganti nel mese di giugno 2023).

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Come è noto i turisti, all’aria aperta, hanno la specialità di sbucare fuori da 360° e regolarmente davanti all’obiettivo, mentre il dito scende sullo scatto.
Per i fotografi professionisti, la situazione non cambia molto, in alcuni paesi riesci ad ottenere dei permessi per entrare a fotografare, nei giorni di chiusura al pubblico, abbastanza facilmente, mentre da noi è meglio non dire che sei un professionista, anzi è bene, vestirti con sandali tedeschi e calzini corti bianchi e girare con un’attrezzatura leggera, senza dare troppo nell’occhio ai guardiani, perché qualche abitante di Marte ha scritto una legge, anche abbastanza recente (1993) che è praticamente impossibile da rispettare, obbligherebbe il fotografo che volesse rispettarla, di chiedere il permesso, con tanto di domanda sul modulo apposito, meglio scaricarlo, quando esiste, dal sito web del luogo archeologico che s’intende fotografare, questa domanda va mandata 30 giorni prima di quando si vorrebbe lavorare. Se quel giorno piove, si deve annullare 72 ore prima e richiedere nuova data. Pagare importo dovuto, che cambia dà luogo a luogo, che in genere è intorno ai € 60,00, più ovviamente le marche da bollo. Se avete voglia andate a leggere tutta questa modulistica, e promettete di non mettervi a ridere, basta andare sui web delle varie località archeologiche.

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Risultato che il povero fotografo, entra con un normale biglietto e fotografa tutto, quando basterebbe semplificare il tutto, direttamente in loco, con semplice permesso rilasciato il giorno stesso e pagamento alla cassa, magari anche di cento euro, senza tanta inutile burocrazia e tutti sarebbero contenti ed in regola.
Invece, quando si fotografano queste rovine o monumenti è importantissimo il fattore luce, (non che non lo sia per gli altri soggetti) qui bisogna saper ben valutare dove cascano le ombre in maniera da non oscurare dettagli importanti, bisogna avere un po' di pazienza a girare intorno a colonne o muretti alla ricerca dell’inquadratura giusta e stare sempre attenti al turista con il dono dell’ubiquità.

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