Televisore gioia e dolore
Zapping
Frammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
La preoccupante novità politica della destra al governo (il primo governo di destra dai tempi del Duce, si suole ripetere, allarmati, a sinistra) ha reso più elettrici e decisamente più pepati i diffusi telesalotti che, distribuiti tra la prima e la seconda serata, assolvono con giocata maestria, al nobile ufficio di accompagnare i numerosi teleutenti verso le plaghe letificanti del dio Morfeo.
La Meloni sembra una donna in gamba, molto determinata, indocile ai dettami ideologici dei suoi avversari politici (al contrario del suo illustre - ancorché obliato - predecessore, il pluri-infinocchiato Gianfranco Fini). Un po’ meno in gamba appaiono, invece, certi suoi stretti e fidati collaboratori - oltre che frequentatori assidui dei suddetti salotti – il cui ridondante eloquio a mitraglietta sospettiamo incompatibile con la benché minima parvenza di pensiero pensante.
Ci diverte il piglio mercuriale della neosegretaria del Pd Elly Schlein, dalla singolare fisionomia ritagliata – si direbbe - su una gustosa commedia goldoniana, e le cui parole e i cui modi danno l’impressione di non voler interferire, se non timidamente, con la realtà del momento, ma, piuttosto, di lambirla appena, con una certa ariosa leggerezza. E poi, all’occorrenza, si sa, quando il gioco si fa duro, c’è sempre il ferrovecchio dell’antifascismo – un totem buono per tutte le stagioni (non solo elettorali) - a tenere insieme le fila sbrindellate di un partito privo di bussola che non perde occasione per definirsi, “ottocentescamente”, progressista. Un ferrovecchio post-bellico (al pari di altre cianfrusaglie ideologiche che non menzioniamo per motivi di quieto vivere) - saggiamente snobbato dal Presidente del Consiglio - di cui la Schlein, fin da subito, ha già fatto ampio e prevedibile impiego.
Ed e’ decisamente una novità che il proscenio della vita politica sia radicalmente polarizzato da due giovani donne antagoniste, mentre i vari Conte, Renzi, Salvini, ciascuno con il suo più o meno breve passato di gloria, si trovano, loro malgrado, costretti nel ruolo ancillare di rumorose e insofferenti comparse.
Sullo sfondo delle baruffe politiche di casa nostra, le quinte immutabili della guerra in Ucraina condotta con cinica tenacia dal compagno Putin, il quale ha trovato il tempo di festeggiare, il 9 maggio, la vittoria dei sovietici sul cosiddetto nazifascismo, una vittoria che ha avuto come corollario, giova ricordarlo per amore di cronaca, la schiavizzazione di mezza Europa sotto il giogo dell’impero sovietico (fare di questa data la festa dell’Europa, come da più parti si tenta, è semplicemente una miope castroneria).
Ci piace concludere queste righe di polemiche semi serie con un omaggio a Karl Kraus, genio del giornalismo e della satira: “In tutti i settori della vita si sente il bisogno assoluto di riforme. Anche se si è pienamente soddisfatti per tutto ciò che esiste. C’è però un desiderio che rimane inappagato: il desiderio di riforme. In principio c’era il Nulla, ma alla fine c’è la riforma, e Dio creò il mondo affinché gli uomini lo riformassero, in cielo e in terra”.