#315 - 1 ottobre 2022
AAAAA ATTENZIONE questo numero resterà in rete fino alla mezzanotte del 3 maggio quando lascerà il posto al numero 351. - BUONA LETTURA - ORA ANTICA SAGGEZZA - Gli angeli lo chiamano piacere divino, i demoni sofferenza infernale, gli uomini amore. (H.Heine) - Pazzia d'amore? Pleonasmo! L'amore è già  in se una pazzia (H.Haine) - Nel bacio d'amore risiede il paradiso terrestre (Lord Byron) - Quando si comincia ad amare si inizia a vivere (M. de Scudery) - L'amore è la poesia dei sensi ( H. De Balzac) - Quando il potere dell'amore supererà  l'amore per il potere, sia avrà  la pace (J. Hendrix)
Fotografia

Quando scegliere tra sole e flash

Luce

di Guido Alberto Rossi

Oggi vorrei parlarvi della luce, non proprio di quella che si accende e spegne in salotto o della bolletta che aumenta, neanche fare concorrenza ai call center che offrono la luce meno cara, tantomeno della luce in fondo al tunnel che tutti i nostri politici ci promettono da decine d’anni.
Ma della luce che i fotografi usano che, anche se non la si può toccare, è da considerarsi un componente dell’attrezzatura come il cavalletto e, indubbiamente, è la protagonista di tutte le fotografie, anche perché se è buio pesto non si può fotografare.

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Possiamo dividere grosso modo la luce in due tipi: quella naturale (sole e ombra) e quella artificiale (lampade, lampadine e flash).
Non esistono regole precise come sfruttare la luce naturale, importante è saperla leggere e utilizzarla al meglio delle proprie necessità di ripresa: in un qualsiasi evento sportivo, dove spesso i fotografi sono piazzati e non si possono muovere da precisi spazzi regolamentati e la luce non è come la desidererebbero tutti quelli chiusi nel recinto, il bravo fotografo, dovrà inventarsi qualcosa comunque se vorrà portare a casa la minestra.

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La situazione più facile, specialmente per chi fotografa solo durante il week end è scattare sempre con il sole alle spalle, un po' come top gun quando piomba sugli aerei nemici. Ma ci sono altre migliaia se non milioni di situazioni dove questa regola può essere invertita, specialmente se si devono fare dei ritratti a persone.
Con il sole in piena faccia tutti gli umani strizzeranno gli occhi e l’ombra del naso creerà un buco nero sopra la bocca, se invece si capovolge la posizione e si fotografa con il soggetto di spalle al sole ed il fotografo con il sole in fronte, si otterrà il fotografato con luce morbida ed uniforme e sicuramente con un’espressione rilassata ad occhi aperti.

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La luce del sole che illumina i soggetti lateralmente è l’ideale in tante situazioni dove un po' d’ombra da contrasto e profondità all’immagine.
Se piove, nevica o c’è nebbia, ovviamente non c’è il sole, ma si possono fare grandi foto ugualmente. Penso che anche il più asino dei fotografi riesca a fare una bella foto dei canali di Venezia in una giornata uggiosa, poi comunque: “come è triste Venezia se tu non ci sei più”, e qui i critici diranno che la foto trasmette tutta l’anima angosciata dello scattatore, se poi la foto è scattata in bianco e nero ci potranno anche essere altre mille parole di plausi inutili.

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Praticamente la luce naturale va bene dall’alba al tramonto anche un po' di più. Se si fotografano delle città e si vuole ottenere un’immagine notturna è preferibile e più utilizzabile commercialmente scattarla quando il cielo ha ancora quell’ultima luminescenza, prima che diventi tutto nero in modo da dare più vita ai contorni e sono già accese le luci delle vie e dei negozi.
I fotografi naturalisti riprendono sempre gli animali alle prime luci del mattino e alle ultime della giornata, non per scelta, ma perché durante le altre ore gli animali cercano l’ombra e spariscono dalla circolazione.
La luce perfetta, moltissime volte bisogna aspettarla anche ore per poter scattare la foto perfetta e spesso si rifanno centinaia di chilometri avanti e indietro per trovarla.

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Ma i fotografi più penalizzati dalla luce naturale sono i fotogiornalisti che fanno foto di cronaca, questi dannati devono prendere ed accontentarsi della luce che passa il convento, visto che non possono chiedere ai soggetti, che magari si stanno sparando di spostarsi alla luce migliore.
La luce artificiale la si può utilizzare come un vero strumento con l’uso di lampade, fibre ottiche e flash I bravi fotografi di studio spendono più soldi ad acquistare attrezzature che fanno, riflettono e domano la luce che in macchine fotografiche. Molti tra un lavoro e l’altro fanno della sperimentazione per trovare nuovi effetti mentre altri inventano un tipo d’illuminazione all’inizio della carriera e non cambiano più un watt.

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Se osservate attentamente un ritratto fatto in studio o comunque dove sono stati utilizzati dei sistemi d’illuminazione, prevalentemente flash con ombrellini o bank (diffusori per ammorbidire la botta del flash) guardando le pupille del soggetto ritratto, vedrete riflessi quanti punti luce ha utilizzato il fotografo e intuirete come li ha disposti, scoprirete che molte foto che vengono spacciate per uno scatto casuale in realtà sono ritratti posati e con l’aiuto di luci, principalmente flash, che pur sparando una luce artificiale ha gli stessi gradi kelvin (unità di misura per stabilire la temperatura della luce) del sole o dell’ombra e quindi, possono essere mischiate come il Martini.

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Come sapete i flash danno un gran lampo accecante: il mio amico Nino Mascardi una volta doveva fare una foto pubblicitaria per la campagna di cibo per criceti, aveva messo un bel criceto a fianco del prodotto, usato diversi trucchi per farlo stare bravo, appena nella posa giusta ha scattato e sono partiti i flash, al povero criceto è venuto l’infarto ed è rimasto secco. Un giorno di tanti anni fa, mi chiama Paolo Panerai per parlarmi di una foto per un progetto nuovo, mi fa vedere un ritratto posato di Cary Grant e mi chiede se sono in grado di fare una foto uguale, ovviamente dico di sì, anche se non avevo la minima idea di come scattarla, visto che il mio mondo era la luce naturale mentre questo era un ritratto in studio.

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Esco dalla redazione e corro dal mio amico Roberto Casagrande, (che era un vero mago dell’illuminazione in studio), guarda la foto e mi dice: semplice metti un flash con ombrellino a sinistra ed uno a destra ma più distante, mi fa una lezione pratica e mi presta i flash compresi del suo esposimetro che consisteva in una cordicella con dei nodi intervallati che stavano ad indicare i diaframmi da usare.
Quella sera faccio diverse prove, usando come cavia il mio vicino di casa. Faccio vedere il risultato migliore al direttore che mi affida il lavoro.
Questa è la storia della copertina del primo numero della rivista Capital con il mio ritratto di Giorgio Falck.

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La luce artificiale praticamente non ha limiti, i bravi fotografi che lavorano per le grandi industrie, sono capaci d’illuminare spazi enormi pennellando l’ambiente da fotografare usando il tempo di posa e muovendo delle potenti lampade proprio come se fossero dei pennelli in modo d’illuminare tutto alla perfezione.
Ai tempi della pellicola uno dei maggiori incubi per un fotografo, era dover fotografare qualcosa dove c’erano tipi diversi di luce, neon, lampade e magari una grande finestra dove entrava la luce naturale.
Esistevano pochi tipi di pellicole e bisognava fare dei sandwich di filtri in modo da bilanciare le varie temperature delle diverse fonti luminose, oggi con il digitale basta lasciar fare alla macchina fotografica, meglio ancora lasciar fare all’ infallibile cervello del telefonino.

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