Televisore gioia e dolore
Zapping
FRammenti semiseri di cronaca televisiva
di Luigi Capano
Sono trascorsi due anni e oltre, e ancora oggi i virologi non disdegnano di accapigliarsi sul covid: il professor Bassetti, dal pulpito di “Carta Bianca”, esorta i telespettatori a vaccinarsi e a non disattendere l’appuntamento con i già frequenti booster; mentre, al contrario, dall’esagitato proscenio di “Fuori dal coro”, la dottoressa Gismondo afferma che, nella fase attuale, essendoci ormai molte varianti del virus, il vaccino è del tutto inutile, e che non vale quindi la pena rischiare di andare incontro ai temibili effetti avversi.
Come fin dai primi giorni della pandemia, ancora oggi le opinioni degli esperti contribuiscono, con consumata professionalità, ad alimentare il caos generalizzato.
Nihil sub sole novum. E’ inevitabile, anche in questo zapping, parlare della guerra in corso nell’Ucraina invasa dalla Russia (una guerra tra Russia e Stati Uniti, sussurra qualcuno), dato che l’argomento occupa buona parte della programmazione giornaliera di tutte le più importanti emittenti televisive. Inevitabile è anche rilevare un paio di fenomeni, a nostro avviso a dir poco eclatanti, anche se la pubblica opinione, insufflata con pertinacia dai mass-media, ha concesso loro il crisma anonimo della normalità. Il primo di questi è la recrudescenza di quel curioso meccanismo che, alcuni decenni or sono, con forzato latinismo, il filosofo Leo Strauss battezzò “Reductio ad Hitlerum”,ossia la tendenza automatica a screditare l’avversario politico o, nel caso attuale, il nemico, assimilandolo a Hitler o al nazismo, cioè al “male assoluto” per sconfiggere il quale ogni mezzo diventa lecito.
La tecnica è ben nota in Italia dove si applica, con successo, ossessivamente, segnatamente in prossimità di campagne elettorali, preferibilmente nella variante del “fascismo” o dell’ircocervico “nazifascismo”. Ne abbiano fatto una pantagruelica abbuffata qualche settimana fa in occasione delle solenni celebrazioni del 25 aprile. Ma nel caso della Russia e dell’Ucraina tale fenomeno – lo riscontriamo con meraviglia – assume la dimensione e i tratti della psicosi collettiva. Il secondo fenomeno - in un certo senso correlato al primo - a cui intendiamo riferirci, è ugualmente sbalorditivo e lo potremmo definire “la rimozione del comunismo”, cioè di quell’ideologia farneticante che ha diviso l’umanità in grandi classi socio-economiche, una buona e le altre più o meno cattive; che ha incredibilmente esercitato un fascino oppiaceo su alcune generazioni di intellettuali; che ha schiavizzato mezza Europa con l’avallo delle democrazie liberali (ricordiamo che tra i cosiddetti “alleati” si contavano anche l’Unione Sovietica e la Cina), che ha allevato e formato l’attuale classe dirigente russa. Eppure oggi si preferisce parlare di oligarchi, di Zar, di liberatori dell’Europa - ci risiamo – dal nazifascismo.
Rileviamo, senza stupore, che, quando, in una recente puntata di “Dritto e Rovescio”, un giornalista ucraino si è azzardato finalmente a nominare Stalin, Paolo del Debbio, caotico conduttore dal piglio tribunizio, lo ha messo sbrigativamente a tacere brontolando: “bèh adesso non è il caso di andare così in là nel tempo”!