#116 - 12 gennaio 2015
AAAAA ATTENZIONE - Amici lettori, questo numero resterŕ  in rete fino alla mezzanotte di venerdi 05 aprile, quando lascerŕ  il posto al numero 349. BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi alcune massime: "Nessun impero, anche se sembra eterno, puň durare all'infinito" (Jacques Attali) "I due giorni piů importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perchč (Mark Twain) "L'istruzione č l'arma piů potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo" (Nelson Mandela) "Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare" (Socrate) La salute non č un bene di consumo, ma un diritto universale: uniamo gli sforzi perchč i servizi sanitari siano accessibili a tutti (Papa Francesco) Il grado di civiltŕ  di una nazione non si misura solo sulla forza militare od economica, bensě nella capacitŕ  di assistere, accogliere, curare i piů deboli, i sofferenti, i malati. Per questo il modo in cui i medici e il personale sanitario curano i bisognosi misura la grandezza della civiltŕ  di una nazione e di un popolo (Alberto degli Entusiasti) Ogni mattina il mondo č un foglio di carta bianco e attende che i bambini, attratti dalla sua luminositŕ, vengano a impregnarlo dei loro colori" (Fabrizio Caramagna)
Pagine Preziose

Utile lettura per i nostri incerti tempi

Paolo Pugni Intervista l'autrice

50 preghiere di speranza

Stefania Perna - EffatĂ  Editrice

Stefania Perna è come noi: illuminati dalla banalità del quotidiano, dentro il quale cerchiamo un senso, magari perché un giorno un amico t’ha preso per i capelli, o perché sei inciampato in un dolore, o in una gioia. Ma non l’hai lasciato scappare, ti sei fatto abbracciare da quella domanda e non te la sei ancora scrollata di dosso. E per lenirne l’effetto, scrivi.
Così ha fatto lei che ha dato alle stampe di recente 50 preghiere di speranza che più di tutto sono provocazioni a lasciarsi andare, sputare fuori quella certezza basata sul nulla e ascoltare il mormorio della brezza, chissà mai ci trovi dentro quella risposta che non è dispersa dal vento ma dal vento raccolta e portata a tutti.
Le ho chiesto di condividere con noi la genesi di questo libro e il suo senso.

Come le è venuta l’idea di questo libro
A questa domanda, potrei sinceramente rispondere che l’idea di scrivere un libro di questo tipo, non mi è mai venuta, ma il libro è nato spontaneamente.
Infatti da qualche anno, per varie vicende personali, ho iniziato a pormi una serie di interrogativi esistenziali e a cercare risposte: nella lettura di tanti testi di grandi pensatori e santi, nel dialogo con persone credenti e che seguono varie spiritualitĂ , nella frequentazione di catechesi, nella riflessione personale e soprattutto nella Scrittura.
Ho iniziato a postare qualcosa delle mie riflessioni su quel grande diario virtuale che è Facebook e sono stata contattata da tantissime persone….e così è nata l’avventura editoriale.

Che cosa vuole regalare ai lettori? Quale il messaggio che vuole resti loro?
Vorrei lasciare un messaggio che sia soprattutto un invito alla speranza, al sapere che anche nelle situazioni piĂą difficili e apparentemente chiuse ad ogni cambiamento, la fede permette nuove possibilitĂ  di speranza.
In fondo, il centro della nostra fede è il credere nella Risurrezione, il che vuol dire che questo è il destino finale di tutte le nostre situazioni di morte, a livello sociale come a livello personale. L’importante è solo permettere a Dio di raggiungerci, proprio dove tutto sembra finito.
A questo punto, “il regalo” che vorrei fare ai lettori, è proprio far intravedere come la Buona novella, sia essenzialmente un messaggio di fiducia, un “non temete”, rivolto a noi, in un presente che dura per sempre,” nei secoli dei secoli”.

Scrivere di fede e religione: ha ancora senso oggi?
Scrivere di fede e religione, ha molto senso oggi, forse, anzi, piĂą che nel passato!
Proprio oggi, infatti, il clima di relativismo culturale in cui viviamo, ci rende di fatto ( anche se spesso in forme di cui non siamo coscienti) grandi cercatori di fede e di speranza.
In effetti, nella scelta del titolo di questo mio testo, mi sono ispirata proprio alla “Lettera ai cercatori di Dio” pubblicata il 12 aprile 2009 dalla Commissione Episcopale per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi .
Presentando quel testo, mons Bruno Forte, sottolineava proprio il fatto che oggi, si tende a sfuggire le grandi domande o ad “evaderle quasi in una sorta di stordimento per non confrontarsi con le questioni ultime, con quelle questioni che si affacciano in tutte le grandi esperienze della vita …: e cioè, felicità e sofferenza, amore e fallimenti, lavoro, festa, giustizia, pace…. Nella società postmoderna, appare sempre più chiaro che non si può dare per scontata la trasmissione della fede. Abbiamo bisogno di annunciare sempre nuovamente il kerygma, cioè il messaggio centrale, gioioso dell’amore di Dio apparso a noi in Gesù Cristo.”
Il mio titolo, ha maggiormente a che fare con la speranza, ma parte appunto da due frasi che sono presenti in quella lettera:
“La speranza ha a che fare con la gioia di vivere. Suppone un futuro da attendere, da preparare, da desiderare.”
“Siamo cercatori di felicità, appassionati e mai sazi” . Io ritengo che credere al futuro, cercare la felicità, voglia dire essenzialmente, aprirsi all’ intreccio della fede e della speranza, accettare di essere amati da Dio e cercarne le tracce nella Scrittura e nella vita. Mi piace tantissimo questa frase, che è un po’ la sintesi del messaggio delle preghiere del mio libro “Il mio più grande atto di fede è credere che Gesù possa amarmi”(Beata Candida dell’Eucaristia.)

Che cosa è la fede?
Questa è una domanda, cui nessuno sarebbe in grado di dare una risposta esaustiva! Non per nulla, si dice che il vero credente è colui che si pone molte domande e ha poche risposte. Al più, ognuno può dire cosa è la fede “per lui”; anche se in effetti, questo apparente restringimento di campo, è anche un grande punto di arrivo.
Voglio dire che la fede è essenzialmente arrivare all’incontro con Qualcuno, che “per me” è qui, vicino, ora e ha da dire qualcosa di bene ( bene-dicere) alla mia vita, ogni giorno. Personalmente ritengo che la fede sia l’accorgersi di quanto, tutto il Vangelo, tutte le parole e le azioni di Gesù, “c’entrino” con la mia vita.
Nel duplice senso della parola “c’entrino”: che la riguardano e che ne costituiscono il centro. Cioè tutto, è “per me”. Un po’ la grande scoperta di s Paolo: “Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2).
Appunto, quello che fa scattare la fede, è il “per me”. Sembrano concetti lontani, ma basterebbe immaginare di trovarsi ad attraversare distrattamente la strada: un tale, impedisce che finiamo sotto un camion, gettandosi in mezzo. Ecco, quel tale, muore “per me”; non salva il genere umano, ma salva me.

Perché dovrei avere bisogno di credere?
A questa domanda in genere, vengono date risposte antropologiche o sociologiche: principalmente si ritiene che l’uomo abbia in sé un bisogno di credere che nasce dalla paura della morte e si pensa quindi, che la fede sia solo un tentativo di esorcizzarla.
Se posso inserire una nota comica, anni fa, sentii una mia amica che parlava dell’anziano padre e del suo frequentare la chiesa , pregare e cercar la fede , dicendo più o meno“non bisogna stupirsi: lui , sta pensando al suo futuro!”
Io preferisco dire che l’uomo ha bisogno di credere, non per morire bene, ma per vivere bene, pienamente. La fede, aggiunge qualcosa alla vita, la motiva, le fornisce nuove coordinate: è insomma un “di più” di vita. Non bisogna dimenticare che l’immagine di Dio, è sempre associata al banchetto, all’abbondanza di frutti, di vino, di vita e che Gesù stesso, spiega “Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”.
Il problema è che spesso si fa un pessimo servizio al messaggio evangelico, puntando subito tutto sull’osservanza dei precetti morali e dimenticando che non si può servire, chi non si conosce , ammira, ama.

Pregare: non è una pratica da vecchie nonnine?
Certamente no! Anche se forse è necessario distinguere il “pregare”, dal “dire preghiere”, come ha recentemente sottolineato papa Francesco.
Non certo per disprezzare le nostre buone nonne, ma perché bisogna tenere presente che la nostra è ormai “la prima generazione completamente alfabetizzata” e anzi, con il progresso delle nuove tecnologie, la gente è sempre più ”informata” di tutto, anche se non è “formata”.
Questo significa che bisogna spiegare il senso di quello che si dice o si fa, perché non ci si può più accontentare di ripetizioni mnemoniche, ma è necessario conoscere tutto ciò che è dietro le formule, del “dire preghiere”.
E contemporaneamente, bisogna crescere nella preghiera, come impasto della propria vita con il Vangelo. Il che è una sfida bellissima e sempre nuova, perché legare preghiera e vita, vuol dire non stancarsi mai né di Dio, né della preghiera!
Infatti, una preghiera così, non può annoiare, basandosi su 2 elementi sempre nuovi: la vita ( che è sempre in movimento e piena di aspetti diversi ogni giorno) e la Scrittura ( che parla sempre in modi differenti…se è vero che l’uomo che prega, è simile al” padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie»”

Come può pregare l’uomo di oggi, del terzo millennio?
Risponderei a questa domanda, ricollegandomi a quanto detto nella precedente; la preghiera deve essenzialmente collegare Scrittura e vita.
Credo i migliori maestri di preghiera del terzo millennio ( se posso permettermi tale definizione) vadano insistendo proprio su questo aspetto…
”pregare significa fare un pellegrinaggio dal particolare all’universale…saldare il silenzio delle stelle, con il frastuono dei giorni” ( E Ronchi)…fare esperienza di fede, significa “ tradurre in vita la realtà annunziata dal Vangelo e avere la possibilità di confrontarsi con la tenerezza di Dio” ( F Rosini).
Si tratta di ritagliarsi nel caos quotidiano, momenti in cui fermarsi a guardare la propria vita, per cercarvi le Sue tracce “ Quando sono attento alla realtà nella quale sono immerso, mi accorgo che tutto quello che la compone, persone, cose, accadimenti….mi manda una grande quantità di messaggi.”( Guglielmi) Evidentemente pregare, è decodificare i messaggi con la luce della fede: come scrive don Mauro Leonardi nella prefazione del mio libro, citando s Escrivà”il tema della mia orazione, è la mia stessa vita: tale è il mio modo di pregare”; e tale, prova ad essere quello dei miei testi.
A chi rivolge queste sue lettere/preghiere?
Le rivolgo essenzialmente a me stessa, come spiegavo rispondendo alla domanda su come è nato questo libro.
Anzi, ho continuato a scriverne altre, perché spesso mi accorgo che fissare sulla carta i pensieri, mi aiuta ad ordinarli e a farli davvero miei.
Credo però, che siccome le situazioni e i sentimenti della vita sono comuni a tutti, anche se ci sentiamo maledettamente unici e originali…condividere queste mie riflessioni-preghiere, possa essere positivo e arricchente. E infatti, il libro è nato sul web, appunto da una serie di “condivisioni”, secondo il tipico termine facebookiano, di persone che leggendo i miei testi, sentivano di poterli far propri e condividerli. Spero di saper comunicare qualcosa ai miei lettori ! In effetti “ la conoscenza è matura, quando riesci a forgiare le parole capaci di comunicare quanto hai conosciuto. Hai capito una cosa quando la sai dire”( Guglielmi). Qualcuno aggiunge spiritosamente “quando la sai spiegare…a tua nonna!”

**In che modo si può cercare la speranza oggi? e soprattutto che cosa vuol dire speranza oggi?*** Certamente il mio libro, non offre risposte di tipo sociale o politico , ma affronta la speranza come atteggiamento naturale del credente, che anzi, rispetto all’ateo, ne ha sempre una scorta inesauribile. Si tratta però, di saper “dare ragione della speranza” che è in noi: non si tratta di una predisposizione del carattere, o di una ennesima virtù da conquistare con grandi sforzi volontaristici, o di un ottimismo astratto, ma del capire quanto è bello il messaggio che abbiamo ricevuto, del recuperare la dimensione del Vangelo come “bella notizia”.

E’ questa la prima, di una serie di etimologie ricchissime, di cui spesso si ignora il senso.
E che invece possono dare tanto alla nostra preghiera: si partirà sicuramente dalla” crisi”,( personale o sociale che sia), dalla” mancanza”, (di questa o quella cosa), ma strada facendo, si arriverà ad una destinazione imprevista.
Come scrive magnificamente Ronchi” la preghiera è passar dal desiderio( delle cose) alla speranza( in una Persona)”.Buona lettura!

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