Tempi...moderni
App: AI AI
di Giuseppe Sanchioni
Qualche giorno fa si accende un bel pallino rosso sull’icona Play Store del mio smartphone, che è un Android di neanche quattro anni fa.
Per curiosità vado a leggere l’avviso che dice essere pronta e scaricabile la famosa APP Immuni, l’Attila dei virus, quella che dove la installi non cresce più neanche il filo di un rinovirus del raffreddore. Ma soprattutto quella che mai più senza, è un must e tutti dobbiamo averla come status symbol.
Anche solo per curiosità tento di scaricarla e installarla e ricevo un bel messaggio: l’app non è compatibile col dispositivo!
Allora nel mio cervello riemerge il contenuto di un libro letto qualche anno fa il cui titolo, crudo ma significativo, era “Perché il software fa schifo” di David Platt, una delle cui tesi era che il software fa schifo perché chi lo sviluppa è già convinto che non lo userà mai.
Ma il mio cervello ha continuato a divagare sul tema: non sarà che il continuo ricorso all’intelligenza artificiale (AI) fa diminuire esponenzialmente quella naturale al disotto del livello di sopravvivenza? È un fatto scientifico e si chiama teoria di Lamarck sull'uso e il disuso.
Per essere immune, oltre ad avere bisogno di internet e di bluetooth, ci vuole pure la versione particolare del telefono e di Android, altrimenti niente: non sei al passo della tecnologia, remi contro il progresso e quindi ti puoi ammalare e neanche ti avvisiamo, perché te la sei voluta.
E poi, chissà come fa questa misteriosa app a capire che sei stato malato magari asintomatico: altro mistero dell’AI.
Forse sarebbe stata più utile una semplice app che ti mettevi il telefono sulla fronte e ti diceva la temperatura oppure che ci starnutivi sopra e ti avvisava di metterti la mascherina!
Ma niente da fare. Come dicevano gli antichi, l’informatica non sempre risolve i problemi che crea!