#143 - 14 dicembre 2015
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Poesia

La cupola - Il Colonnato

di Antonio Bruni

La Cupola

Sfarzosa abbagliante grandiosa
si erge città di palazzi
protervi complessi intriganti
giardini adornano gli attici
insegne e araldici stemmi
per ogni facciata un racconto
dai piani più alti si scruta
il medio centrale di uffici
distanti quartieri più spogli
è come se fosse protetta
da cupola in gas impalpabile
calotta di nitido vetro
cartello silente la domina
figuri diversi invischiati
cravatte canotte sottane
con tonache caschi e alamari
profumi belletti sudori
di sordidi luoghi di svago
li unisce in congrega segreta
tangente denaro liquame
non puzza si accumula in pozzi
corrotto corrompe e dilaga
affari immediati su urgenze
cantieri avviati e sospesi
arriva una misera coppia
ha appena eluso il confine
passando in spinoso sentiero
un asino e un ventre rigonfio
il trio è lacero e goffo
in cerca di un letto e accoglienza
lontano e ignoto ospedale
c’è un campo di profughi aperto
lo Stato annuncia assistenza
ma dentro infernale abbandono
baracche tra fango e rifiuti
è libera solo una tenda
è morto il vecchio occupante
li accoglie il suo cane in attesa
giaciglio e la donna si stende
è notte lei già trascolora
la illumina fissa una stella
il bimbo che è nato risplende
accorrono i miseri intorno
intonano in lingue mischiate
speriamo in colui che è incarnato!
e l’urbe affannata sonnecchia
la fogna dei soldi la ubriaca
ignora l’evento che è storia.

IL Colonnato

E’ Roma aperta città
accoglie turisti e fedeli
arrivano in gruppi e stendardi

li abbraccia nel suo colonnato
la Chiesa che tutti raccoglie
ma è sola straniera una donna

non teme la folla sorride
mirando gli svizzeri a guardia
dei sacri palazzi e misteri

non volano in piazza colombe
gabbiani tramutano in corvi
cordate ricatti abbuffate

la curia piramide in marmo
governa le anime e i corpi
finanze berline dimore

dei prìncipi tonaca porpora
non è più il sangue dei martiri
di quello lei ha visto l’odore

invano il pastore li striglia
l’esempio diventa un‘offesa
resiste il comodo ruolo

giganti il presepe e l’abete
oscurano austero obelisco
e mettono in scena il Natale

riflette la giovane è mesta
ricorda il paese suo in guerra
lo strazio dei lutti la fuga

ha ora raggiunto quel mondo
a lungo sognato e rincorso
toccato è diverso e distante

non suona pietà la preghiera
dottrina ma non carità
in spirito avverte silenzio

è scesa intanto la sera
la donna ritorna in baracca
e trova una coppia africana

è nato un bambino splendente
che sveglia offuscata speranza
si adunano alate creature

che portano doni e conforto
cometa in cielo si accende
illumina l’urbe e coscienze.

www.antoniobruni.it
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