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Editoriale

Una Poesia per l’Aquila

di Dante Fasciolo

Non finiremo mai di stupirci del presente:
la noia e l’azione delle ore,
l’impulso e il pensiero,
dire e fare:
una matassa lascia libero il suo filo di refe,
indifferente un gomitolo lo riavvolge.

Le scansioni del tempo ignorano
la nostra testarda pretesa
di assecondare e compiegare i nostri desideri
negli spazi che più somigliano
alle nostre costruzioni del bisogno o della fantasia
in un continuo rincorrersi.

L’Aquila 6 aprile 2009. Un’alba muta in catastrofe.
Forte il bisogno di vedere, stupire nell’affranto.
E forte il pensiero che già corre
tra vittime frastornate nell’urlo disperato
in gara con l’urlo sordo della terra
eco di una spezzata alleanza.

E ancora corre, di cumulo in cumulo,
di pietra in pietra, da salvare,
per ricomporre la fisionomia di un’ antica
trama geografica ed umana
che laboriosi secoli hanno disegnato nell’animo
e rese vive e visibili con immagini d’arte.

La corsa si è fermata ben presto
al primo traguardo possibile per ciascuno di noi.
Tempestività e solidarietà hanno segnato il passo.
Il tempo ha raffreddato l’ardore,
lo scorrere delle ore ha reso esangue il dolore.
Abbiamo sciupato tempo e ora il tempo sciupa noi.

Lunghi anni trascorsi, interminabili giorni,
ore pesanti lasciate sulle spalle di un intero popolo
piegato ma non vinto,
anche se il volto della città distrutta
non si riconosce più in questo tempo perduto
che in amor più non si spende.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)