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Racconti d’altri tempi

Rosy il calzolaio

di Angelo Camerte


   

Era l’unico della famiglia a non avere grandi doti….Madre natura l’aveva fatto non tanto alto, non tanto magro, non tanto belloccio, non tanto studioso ….era non tanto..Tuttavia lui doveva sentirsi proprio contento di come era, certamente molto di più di quanto non lo fosse la sua moglie brontolona…Lui non sapeva cantare come suo cugino che aveva una bella voce da baritono, non sapeva fare il marmista provetto, come suo fratello, non sapeva fare altro che il calzolaio, mestiere imparato da ragazzino, quando i genitori lo mandarono a bottega perché non gli piaceva studiare….

Il calzolaio però lo sapeva fare proprio bene. Sapeva fare anche le scarpe “su misura” e sempre un po’ “a crescere per noi ragazzi” che crescevamo come funghi. Per noi metteva sotto le suole delle scarpe i ferretti sulla punta e sui tacchi: così le consumavamo un po’ meno….Questo alle mamme piaceva molto per cui la sua bottega era sempre frequentata dalle signore che ricorrevano a lui , capace di accontentarne le richieste. La cosa buffa era che pur non essendo un adone (tutt’ altro) ma simpaticissimo, si attirava la gelosia non solo della sua signora, ma anche del barbiere che aveva la bottega di fronte alla sua. Il barbiere aveva delle strane tendenze……e a noi ragazzi era fatto divieto di andare da lui a tagliarci i capelli.

   

Rosy, dicevo, era un simpaticone; aveva una passione straordinaria per gli uccellini, merli comuni , merli indiani, pappagalli, passeracei, canarini…Entrare nella sua bottega era come entrare in un bosco incantato dove cinguettavano almeno un centinaio di volatili che lui curava con una attenzione ed un amore che mai ti saresti aspettato potesse avere un omaccio sgraziato come lui. Puzzava sempre di pece Rosy, tanto che era soprannominato “lu pecione”. Quando ci parlavi però , non facevi caso al suo buffo aspetto, perché lui ti travolgeva con una irrefrenabile simpatia e con le sue storielle fantastiche che ti catturavano ogni volta. La sua bottega era particolare, ti incuriosiva.

Appena entravi, a destra c’era il suo desco di ciabattino, con sopra una quantità di chiodi, chiodini, bollette, chiodi da scarponi, lacci, spago ritorto per le cuciture, rocchetti di filo per cucire il cuoio, pece per lo spago, tomaie tagliate, pennelli per la vernice, ecc.ecc., tutto sopra quel tavolinetto in una apparente confusione ordinata….Accuratamente riposti in uno scomparto a parte c’erano i trincetti e la cote per affilarli, taglienti come rasoi; ci tagliava le tomaie, la pelle, il pane, i capelli, insomma di tutto perché era abituato a maneggiarlo con destrezza. Sulla mano destra, a protezione, portava sempre una striscia di cuoio, come un mezzo guanto…Martelli tenaglie, pinze e incudine li aveva a portata di mano. L’incudine a forma di pianta del piede, poggiava su un grosso ramo che faceva da ceppo. Più verso la sua destra c’era la macchina per cucire il cuoio e più in là spazzoloni rotanti per lucidare le scarpe. Barattoli di vernici, vernicette, lucido di varie tinte , spago ritorto, bottoni, ferretti e chiodi da scarponi stavano in vari scaffali alla sua destra. Più in là c’erano in fila ordinata, le varie forme di legno per le scarpe. Negli scaffali più alti teneva tutte le scarpe da accomodare, e accanto quelle già fatte, pronte da ritirare. Il tutto sulla sola parete di destra, entrando; le altre due pareti e parte della stanza erano occupate da tutte quelle gabbie di uccelletti, che cantavano continuamente.

   

Raccontò un giorno dello scherzo che fece ad un suo amico che aveva un negozio di scarpe su in città. Amici ma avversari politici, Rosy comunista, l’amico fervente convinto fascista camerata…

Le loro dispute politiche erano esilaranti, altro che commedie in teatro…..Finivano però sempre con un buon bicchiere di vino all’osteria della bella Gina. Ognuno convinto che la sua idea era quella giusta.

Un bel giorno, per il suo compleanno Rosy regalò all’amico fascista, una gabbia con dentro un bellissimo merlo indiano. Fu graditissimo, seguì la bevutina all’osteria e poi Rosy se ne andò perché era giorno di mercato. Il merlo fu esposto sulla facciata del negozio di scarpe. Tutto bene senonchè dopo un po’ la bestiola, all’aperto, con tutta quella luce, incominciò a fischiare a tutta forza….”Bandiera Rossa”!

Apriti cielo! Il fascista imbestialito uscì dal negozio strillando “chi è lo screanzato che mi vuole provocare?” Ma il merlo come quello usciva strillando subito si zittiva…facendo andare ancor più in bestia il suo novello padrone che non riusciva a capire chi fosse il fischiatore…Se la prese con un ignaro passante che però sbigottito filò via pensando che quello fosse matto. …..Come lo scarparo rientrava in negozio, dopo un po’ il merlo iniziava nuovamente a fischiare Bandiera Rossa…

Insomma la cosa andò avanti per un po’ prima che il povero scarparo capisse , guardando il crocchio di persone con gli occhi fissi sulla gabbietta, fermo avanti al suo negozio, che chi fischiava era il merlo……

Finì in una grande risata e con la costatazione che Rosy era stato tanto, ma tanto bravo ad addomesticare quel merlo. Siamo alle solite; quando quello che si fa nella vita è svolto con amore ed intelligenza, tutto viene meglio, anche una scarpa può riuscire più bella. Rosy il suo amore e la sua intelligenza li aveva riposti non solo nel suo lavoro di calzolaio, ma anche nell’allevamento degli uccellini….

In fondo lavorando in mezzo a tutto quel cinguettare, a lui sarà sembrato di lavorare in un bosco incantato e non in quell’antro puzzolente di pece che era la sua bottega.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)