Alberi e animali
Faggio
di Federica Fasciolo
Il faggio è l’albero più diffuso in Italia, e in epoche lontanissime il suo frutto veniva regolarmente mangiato. I greci lo confondevano con la quercia o col castagno, ma i romani erano più precisi. Plinio non aveva dubbi, mentre Giulio Cesare perseverava nell’equivoco faggio-castagno asserendo che in Britannia non esistevano faggi sbagliando grossolanamente poichè, al contrario, prima di Atene e di Roma, le isole del nord, dalla Britannia alla Danimarca, le montagne scandinave, la Russia fin giù alla Crimea erano ricoperti di un’ impenetrabile foresta di faggi.
Il nome del faggio in inglese è book, Buch in tedesco e ciò è dovuto al fatto che i primi scritti a caratteri runici venivano fatte su tavolette di legno di faggio.
L’albero è davvero bello: si presenta alto e solenne, le foglie sono oblunghe, lucide, nervate e formano una chioma fittissima che non si lascia attraversare dai raggi del sole, tanto è vero che all’ombra dei faggi non crescono altre piante…in compenso sovente sbucano ai suoi piedi abbondanti funghi e perfino profumati tartufi.
Le sue profumate faggiole contengono olio di cui sono golose le ghiandaie e gli scoiattoli che le scovano tra le foglie, lungo i rami e cadute a terra.
Una delle foreste più importanti è quella di Burham a poche miglia da Windsor, di epoca antichis- sima, quando dal Tamigi alla Severn tutto era coperto di alberi. Attraversò quei boschi Oliviero Cromwell con il suo esercito prima della battaglia finale nel 1645, e dopo cento anni quei sentieri ispirarono i versi di Thomas Gray e di riflesso il Foscolo dei Sepolcri.
In Italia, un esemplare di faggio di grande imponenza si trova nella Foresta Umbra, in riva al laghetto di Certino; un altro sopravvive in Toscano, nella Foresta di Vallombrosa dove – cosi vuole la leggenda – in una notte freddissima d’inverno riparò San Gualberto, e la pianta, sfidando la natura,si ricopri all’istante di foglie per protegge il monaco.
Infine, a ricordo di un avvenimento drammatico che vide scorrere sangue, nella foresta di Buc non lontana da Zurigo, dal 1680 sopravvivono tre esemplari di faggio testimoni della tragedia.