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Racconto

Lezione di Violino

di Ruggero Scarponi

Quell’inverno fu particolarmente duro, ad Halle in Alta Sassonia durante la guerra.

Fu per via dei bombardamenti alleati e dei razionamenti. Si faceva la fame, con il poco cibo che si riceveva con la tessera e si tremava dal freddo, con il poco carbone insufficiente a riscaldare le case. Gli uomini erano quasi tutti via, al fronte. Restavano gli anziani, le donne, i bambini sotto i quindici anni, qualche religioso e qualche ammalato. Il commerciante di tessuti Hans Muller, aveva 45 anni e per via di una ferita risalente all’ultimo conflitto era rimasto a casa. La sua abilità mercantile gli aveva consentito anche in quegli oscuri tempi di guerra, di condurre, con la sua famiglia, una vita discreta. Quando un pezzo di lardo, quando qualche patata o qualche cavolo nero, quando una scatola di sardine o qualche pagnotta di pane, a casa Muller, si era riusciti a scansare la fame, quella nera, almeno.

      

Erda Scheine, sua moglie si rannicchiò vicino al marito. Ancora nessun allarme aereo era suonato nel primo mattino ed era bello crogiolarsi nel tepore del letto.

- Hans, - disse, con un poco di titubanza - dovrei parlarti, caro –
Hans si voltò meravigliato. Era inconsueto che sua moglie volesse parlargli prima di colazione e le rivolse uno sguardo interrogativo.
Lei accennò un sorriso e si nascose il visetto tra le mani.
- No! Erda – sbottò lui – Ma ti rendi conto che siamo in guerra?
- I figli quando decidono di venire al mondo non usano certi riguardi Hans… – ribatté sorniona
- Mia piccola Erda! – Esclamò Hans attirandola a se
Tuttavia non era propriamente questa la rivelazione che più preoccupava la Signora Muller bensì:
- Dovrei dirti un’altra cosa ancora Hans caro – mormorò cercando di prendere fiato tra i baci del marito che quasi la soffocavano.
- Dopo Erda, dopo – ribatté lui che oramai si sentiva tutto un fuoco dentro.
- Dovrei parlarti del piccolo Michal, ha ora otto anni Hans caro e…
- Dopo, dopo, Erda – si lamentò lui che era riuscito a cingerla alla vita e la stava baciando con passione.
La Signora Muller decise che non si poteva proprio resistere ad un marito così innamorato e lasciò che la natura prendesse il sopravvento. D’altronde Hans era di sicuro il più amorevole ed appassionato dei mariti e una moglie non poteva desiderare di meglio.

Più tardi a colazione davanti alla tazza di surrogato bollente Erda riprese il discorso interrotto.
- Vedi bene Hans che Michal dovrebbe iniziare lo studio del violino. Ha già otto anni…Tutti i Muller hanno studiato il violino e tuo padre l’ultima volta che è venuto a trovarci si era mostrato piuttosto contrariato che il piccolo Michal ancora non avesse…
- Certo mia dolce Erda – disse Hans, prendendo la moglie alla vita e costringendola a sedere sulle sue ginocchia – certo, conosco bene la tradizione di famiglia…Ma sono contento che tu me la ricordi, sei sempre così attenta a tutto, che…senza di te amore mio, non saprei proprio come fare…
- Ecco Hans pensavo che forse potresti insegnare tu…
- Io? Erda cara, ma sono tanti anni che non prendo il violino, ci vorrebbe un insegnante…Intanto però potrei insegnare a te…
- Hans no! Ora basta!- Cercò di ribellarsi Erda, senza troppa convinzione ad un nuovo focoso attacco del marito - No, no, ti prego! No ho detto, non fare così…!
Erano una coppia felice e ben assortita e la natura prendeva spesso il sopravvento.
Tuttavia la questione del piccolo Michal non poteva essere ignorata e bisognava assolutamente prendere una decisione.
- Parlerò con Tilgher, Erda, forse tra gli ebrei del campo potrà trovare un insegnante. Potremo farlo venire a casa, cosa ne pensi? Sarebbe molto pratico credo, per il piccolo Michal, voglio dire.
- Sai bene cosa penso di Tilgher, Hans. Quell’uomo non mi piace. E’, brutale, volgare e quando mi incontra mi lancia sempre delle occhiate così allusive che arrossisco ogni volta…
- Forse perché sei così bella, mia piccola Erda che sei irresistibile. Ma non devi preoccuparti. Finché c’è tuo marito vicino a te non devi temere nulla. Né da Tilgher né da nessun altro. Parola mia.
Tilgher, maggiore delle SS, era un uomo violento e veramente potente. A lui ci si poteva rivolgere per ottenere qualsiasi cosa. Quello che voleva l’otteneva sempre. Con le buone o con le cattive. Quasi sempre con le buone, nessuno osava contrastarlo.
Così nonostante il parere contrario di Erda, Hans si decise a chiedergli aiuto per trovare un insegnante di violino. Non erano tempi quelli… Ma le tradizioni di famiglia, si sa, a volte sono più forti di qualsiasi cosa.
- Un insegnante per il piccolo Michal – rimuginò l’ufficiale, mentre sfoderava un sorriso a tutta bocca con i denti forti e grossi come quelli di un lupo. Gli occhi gli si illuminarono di una strana luce selvaggia che fece pentire Hans per la sua richiesta, avventata.
- Vedrò cosa si può fare. – Concluse Tilgher fissando Hans con uno sguardo freddo e feroce.
Hans tornò a casa, depresso. Solo allora si rese conto di quanto fosse indifeso contro quell’aguzzino. Ora tremava all’idea di vederselo comparire in casa. Temeva per Erda, che aveva compreso più di lui la natura dell’uomo.

E Tilgher arrivò in casa nel modo previsto, da padrone. Una mattina, quando i Muller erano ancora a letto e si era appena sul far dell’alba, bussò con arroganza alla porta, svegliando l’intera famiglia. Hans si precipitò ad aprire.
- Domattina. – Disse Tilgher senza neanche guardare in faccia Hans, cercando con lo sguardo dietro di lui, sua moglie Erda – Domattina, avrai l’insegnante per tuo figlio - continuò - fanne quello che vuoi, non m’interessa è un ebreo del campo. Però con la musica è bravo.
- Grazie Tigher – si provò a dire timoroso Hans che non sapeva se far entrare l’uomo in casa o lasciarlo lì sulla porta. E mentre pensava a cosa fare…
- Voglio tua moglie, però – Disse quello con un tono minaccioso – voglio che tua moglie, in cambio, venga a dare lezioni a mio figlio. La scuola è stata bombardata ed è chiusa. Non voglio che perda tempo il ragazzo. Tua moglie è maestra e verrà a fargli lezione tutte le mattine.
- Ma…Non so se Erda…- Tentò di opporsi il povero commerciante.
Tilgher gli piantò in faccia i suoi occhi cattivi. Allargò le gambe, fasciate da stretti e lucenti stivali di cuoio nero, fino ad occupare l’intera soglia e fece schioccare il frustino che recava sempre con se. Poi disse.
- Domattina. – Con un tono che non ammetteva replica. Girò sui tacchi e se ne andò.
- Santo Cielo Erda, Santo Cielo – Si disperò Hans. – Cosa facciamo adesso! Quello vuole che domani tu vada da lui, capisci? A casa sua. Vuole che tu vada a dare lezioni a suo figlio! Ma io so bene che suo figlio non c’è, è in Baviera, dai nonni! Oh! Erda, che pazzo sono stato. Erda perdonami, ti prego! Avrei dovuto darti ascolto…Perché non ti ho ascoltato? Che presuntuoso sciocco sono. Pensavo di tenere testa a quell’aguzzino!
Erda guardò suo marito con tenerezza. Povero Hans, pensò, mi ama talmente!
Potremo chiedere consiglio al pastore, al reverendo Schutz! Può darsi che possa aiutarci, proviamo a sentirlo - Disse la donna cercando di rassicurare e consolare il pover’uomo.

   

L’anziano religioso che abitava con la moglie, a fianco della chiesetta, li ricevette quella mattina stessa e li ascoltò con attenzione. Ebbe piacere della visita, non c’era rimasta più molta gente oramai che andasse a trovarlo.
Naturalmente appena saputo che tipo di personaggio era implicato nella vicenda non si sognò neanche lontanamente di intervenire.
Era troppo anziano e si sentiva impotente di fronte a simili padroni.
- Rassegnatevi figli miei – disse alla fine – Mettetevi nelle mani di Dio. D’altronde un buon tedesco, prima di tutto deve pensare a servire bene il Reich…
Quella notte i due coniugi non riuscirono a chiudere occhio per l’agitazione. E anche la natura non riuscì a prendere il sopravvento. Il mattino si annunciò grigio e freddo, esattamente come il loro spirito. Alle otto in punto si presentò Tilgher con un ometto spaurito tutto ritirato per il freddo che il pigiama in dotazione agli internati non riusciva a contrastare. Appena Hans aprì la porta, Tilgher spinse l’ebreo in casa, in malo modo, con un calcio.
- Questo – disse con disprezzo – è l’insegnante per tuo figlio. – Poi atteggiando il viso a un sorriso viscido – E…La Signora Muller è pronta, per venire a fare la maestra a mio figlio?
Erda si affacciò, dietro le spalle di suo marito e con un filo di voce disse:
- Tra poco maggiore, non la farò attendere molto.
- Oh! Prego, prego – rispose l’ufficiale e poi rivolto ad Hans, con un sorrisetto malizioso aggiunse, con finta cortesia – Si sa che una bella donna si fa sempre aspettare…
Hans serrò i pugni, ma riuscì a dominarsi.
- Posso offrirle un bicchierino Maggiore? – Chiese riprendendo il controllo dei nervi.
- Perché no caro Hans? Possiamo brindare, ognuno di noi oggi ha ottenuto quello che desiderava…mi pare. – Concluse Tilgher ridendo mentre tracannava il liquore tutto in un fiato.
- Ci sarebbe solo una piccola difficoltà – Trovò il coraggio di dire Hans.
- Come? – fece l’ufficiale, sorpreso – di che parli? Quale difficoltà?
- Vede Tilgher, pensavo di avere un violino in casa…
- E allora? Cosa m’interessa questo…Non sono affari miei. Volevi un insegnante e un insegnante ti ho portato. Il violino è affar tuo, non mio.
- E invece Tilgher credo proprio che sia anche affar suo. Non potremo dar corso al nostro accordo senza violino. Voglio dire, senza violino, niente lezione. Senza lezione, niente accordo, senza accordo, Erda resta a casa.
Hans stesso, appena pronunciato il discorsetto, non riuscì a credere di aver trovato il coraggio per ardire tanto.
Tilgher era rimasto a bocca aperta. Neanche lui si capacitava di come l’insignificante commerciante di tessuti Hans Muller potesse sfidarlo a quel modo. Restò così sorpreso che non trovò di meglio da dire.
- Ebbene che fine ha fatto quello che avevi in casa?
- E’ il motivo per cui l’accordo non può essere valido. In quanto mi è stato requisito proprio da voi SS, lo scorso anno per la festa del 20 aprile…Me l’avevate chiesto solo in prestito e… non mi è stato più restituito. Per questo l’accordo non ha valore. Siete state voi SS a requisirlo.
Tilgher era talmente stupito di come quel piccoletto riuscisse a non tremare di fronte a lui che dovette battere in ritirata.
- Dannazione! – Imprecò, non sapendo cos’altro dire – Te lo riporto in un attimo – Urlò rabbioso. E uscì dalla casa dei Muller sbattendo l’uscio con veemenza.
Erda che aveva assistito alla scena aveva le lacrime agli occhi. Suo marito aveva osato sfidare il terribile aguzzino. E l’aveva fatto per lei! Che uomo straordinario e coraggioso, aveva sposato!
Ma la cosa non era finita lì, di certo. Tilgher avrebbe messo a soqquadro l’intero Reich, pur di trovare un maledetto violino, era sicuro questo.
- Hans! – esclamò la donna – Hans come ci sei riuscito? -
- Non lo so neanche io, piccola Erda! – rispose l’uomo - ma so solo che quello ritornerà e…
- Forse, potrei dare un suggerimento…- osò inserirsi l’ebreo, rannicchiato in disparte in un cantuccio, incredulo ancora che il maggiore Tilgher non avesse scaricato sulla sua testa una gragnola di pugni come faceva d’abitudine quando incontrava una qualsiasi contrarietà.
I due coniugi lo guardarono esterrefatti.
- Come scusi? – Chiesero all’unisono.
- In effetti, con rispetto, signori – Disse togliendosi, lesto, il berretto dalla testa – se comprendo la situazione…Allora si potrebbe dire, che …
- Come sarebbe? Si spieghi meglio - Chiesero ancora all’unisono i coniugi.
- Sarebbe che io sono si, insegnante di violino, ma potrei non esserlo.
- E’ pazzo forse? – Obiettarono marito e moglie, scambiandosi uno sguardo di perplessità – Crede forse che Tilgher sia tanto ingenuo o che si farà prendere per il naso, così facilmente?
- Certo che no. – ribatté rapido l’ebreo - Ma se per ipotesi, avesse sbagliato persona?
- Non capiamo nulla di cosa sta dicendo…- Risposero scoraggiati, i due, pensando che l’ometto fosse decisamente fuori di testa.
L’ebreo si fece coraggio e spiegò il suo piano. L’importante era di guadagnare tempo. Al campo da qualche giorno giravano insistenti voci che gli alleati fossero alle porte, addirittura si parlava che le prime avanguardie potessero arrivare in città il giorno stesso. Quindi era questione di ore e se i Muller avessero…Ma era talmente debole il poveretto che quasi non arrivò a completare la spiegazione e Erda fu costretta a rinfrancarlo con un po’ di tè e una fetta di pane nero.

Nel frattempo Tilgher, nonostante la città fosse sconvolta dai bombardamenti e piena di macerie riuscì a trovare un violino da qualche parte e come d’abitudine se ne appropriò senza chiedere il permesso. Ma questo non gli fu sufficiente per portare a termine il suo piano. Infatti, Hans lo affrontò nuovamente.
Stavolta il piccolo commerciante di tessuti si sentiva più sicuro ed esibì una grinta che prese alla sprovvista il suo avversario.
- Maggiore! – lo apostrofò con irritazione - lei mi aveva promesso un insegnante di violino…E questo invece…
Tilgher lo ascoltò con diffidenza, cominciava a spazientirsi. Fin’ora aveva subito e quella non era certo la sua natura, per cui in un attimo si fece scuro in volto, tanto che Hans temette di aver tirato troppo la corda. Guardò torvo con i suoi occhi da rapace, prima il piccolo commerciante, poi l’ebreo e all’improvviso pervaso da una furia bestiale si gettò con rabbia su quest’ultimo urlando e serrando le mani al collo del poveretto.
- Per carità, Maggiore cosa sta facendo? – Urlò terrorizzata Erda – Non in casa mia!
- Maledetto ratto – Imprecò il nazista stringendo sempre di più le mani alla gola del prigioniero – Maledetto ratto, cosa vai farneticando…Ora darai subito la maledetta lezione di violino al ragazzo oppure ti strozzo con queste mani!
- Maggiore – si intromise Hans, spaventato dalla reazione violenta di Tilgher – Si calmi! – trovò il coraggio di dire - Non è lui, Tilgher. C’è stato un errore.
Il maggiore si arrestò di colpo.
- Che significa questo ?– Urlò fuori di se in faccia ad Hans, tenendo ancora le mani al collo dell’ebreo.
- E’ la persona sbagliata, questo disgraziato – rispose ansimante il commerciante – La prego, si calmi ora, possiamo aggiustare tutto.
- Non è lui l’insegnante?
- Con rispetto Signor Maggiore – osò parlare l’ebreo – è mio fratello, che insegna violino, siamo gemelli, io non conosco neanche la musica, con rispetto…Siamo gemelli, dovevamo essere sottoposti a degli esperimenti dal Dottore del campo…Per questo c’è stato l’errore, siamo stati scambiati, siamo quasi uguali…io e mio fratello… – L’uomo concluse la frase tremando con le parole che gli si smorzavano in gola.
Tilgher lo ascoltò con la bocca atteggiata a una smorfia di disgusto e poi per la rabbia lo colpì violentemente al volto.
- Topi, maledetti topi, ecco cosa siete voialtri ebrei. Piccoli roditori infingardi. Andiamo, torniamo al campo, a prendere quell’altro… - Urlò in preda al furore, strattonando il poveraccio e quasi trascinandolo fuori come fosse un sacco d’immondizia.

L’ebreo aveva giocato una partita spregiudicata. Sapeva bene che la verità sarebbe emersa facilmente e dopo non sarebbe potuto sfuggire alla vendetta di Tilgher, ma intanto avrebbe guadagnato tempo prezioso, prezioso per i coniugi Muller e in barba all’aguzzino. Inoltre era consapevole che suo fratello sarebbe stato gasato quella mattina. Era stato contato all’appello e non aveva scampo. Questo lo sapeva l’ebreo. E questo avrebbe fatto guadagnare dell’altro tempo. Tilgher avrebbe dovuto indagare, chiedere, per sapere dei due fratelli chi fosse realmente il musicista. E fu così che Tilgher, per quanto cercasse, non riuscì a trovare un altro insegnante di violino. Quando comprese di essere stato giocato era ormai troppo tardi. Anche volendo obbligare l’ebreo a dare le lezioni di violino al piccolo Michal non sarebbe servito a nulla, gli alleati erano entrati in città e lui non sarebbe più riuscito ad avere Erda. Per questo uccise con le percosse l’ebreo, a pugni e calci, selvaggiamente: il suo ultimo misfatto. Quello stesso giorno Tilgher, comprese di essere braccato. Gli Alleati lo stavano cercando per i suoi gravi crimini. Si chiuse nel suo ufficio e attese. Quando finalmente un sergente dell’esercito americano vi fece irruzione insieme ad una pattuglia in azione di rastrellamento, si alzò di scatto, facendo sbattere i tacchi, esibì il saluto a braccio teso urlando il saluto nazista, e si esplose un colpo di pistola alla testa. Un modo violento di finire, così come aveva vissuto.

(Le persone e i fatti narrati sono frutto di pura invenzione)


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)