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Racconto

La Lavandaia di Penia

di Ruggero Scarponi

Nel lontano villaggio di Penia giunse un giorno una donna anziana. Ciò destò molta curiosità negli abitanti che non erano abituati alle visite degli stranieri. Era così povero il loro villaggio e così privo di attrattive che non si vedeva chi potesse avere un motivo valido per andare a visitarlo. Da dietro i vetri sporchi delle finestre, gli abitanti spiavano con sorpresa e interesse la nuova arrivata. Costei trainava un carretto di legno sgangherato con le ruote mezzo storte e cigolanti e si fermava a ciascuna porta delle povere case per bussare.

- Buon giorno, buon giorno brava gente – diceva cercando di esibire il sorriso più accattivante che poteva con la sua bocca sdentata per farsi aprire da quei paesani diffidenti e selvatici – avete panni da lavare?- chiedeva, ma più che altro, supplicava - Datemi i vostri panni, ve li renderò puliti come fossero nuovi. Datemi i vostri panni – ripeteva petulante - vi costerà…non vi costerà quasi nulla! Per un tozzo di pane sono disposta a pulire, smacchiare e profumare. Datemi i vostri panni altrimenti…che il diavolo vi porti per la vostra spilorceria!

Gli abitanti restavano sconcertati e un po’ timorosi a quelle imprecazioni che sembravano quasi delle profezie funeste. Però poi prevaleva il buon senso e l’abitudine.

- Perché mai, - si dicevano - dare a un’estranea i panni da lavare? Da che mondo è mondo quel servizio è sbrigato dalle nostre donne, che una volta al mese si recano in gruppo sulla riva del fiume a lavare, torcere e stendere al sole tutti i poveri panni della comunità.

Loro, del villaggio, non avevano bisogno che qualcuno di fuori venisse a ficcare il naso nelle cose più intime.

E tuttavia viste le insistenze della poveretta, qualcuno ne ebbe compassione e le dette da lavare qualche camicia consunta dall’uso o qualche calzone rattoppato. E d’altronde faceva veramente pena la vecchia a vederla mentre si trascinava a fatica lungo i viottoli tortuosi del villaggio. Oppure quando a causa del freddo si stringeva tutta dentro il suo vestituccio di panno leggero che a malapena le copriva le magre ginocchia, ossute e bitorzolute come i tralci delle viti.

- Oh! – esclamò la vecchina piena di gratitudine all’indirizzo delle poche caritatevoli che le avevano affidato i loro indumenti – vi renderò domani stesso i vostri abiti, così puliti e splendenti che nemmeno li riconoscerete. Ne resterete ammirate e non vi costerà quasi nulla – assicurava scuotendo il capo e agitando le mani all’indirizzo delle buone donne che avevano raccolto le sue preghiere.

Ma quando gli uomini rientrarono dal lavoro, come s’infuriarono!

- E che nuova è mai questa? – Strepitarono contro le mogli con l’aria di chi è stato appena derubato di chissà quale ricchezza.

- Dare a lavare i panni come fossimo dei Signori! Con tutta la penuria che c’è in giro! Non si trovava di meglio che gettare i denari dalla finestra? E già – continuarono indignati – qui c’è chi si alza all’alba e passa tutto il giorno a spezzarsi la schiena per racimolare qualche cosa per cena mentre qualcuna, oziosa, pensa di starsene seduta a spettegolare con le amiche senza darsi incomodo di sbrigare neanche le faccende di casa!

E giù di quel tono, tanto che le poverette, rosse di vergogna, finirono per pentirsi cento volte di quella carità che tanto spontaneamente avevano fatto alla vecchina.

Ma l’indomani quando si presentò all’uscio delle loro case la lavandaia, con gli occhi pesti, i capelli scarmigliati e più magra ancora che stringeva il cuore a vederla, ma con un sorriso largo e luminoso, restarono tutte a bocca aperta.

- Eh! – Esclamò la donna – che vi dicevo? Non vi avevo promesso che sareste rimaste ammirate del mio lavoro? Guardate qua – continuava, mostrando una camicia che da lurida e consunta era diventata più bella che se fosse nuova - toccate, toccate con mano e ditemi se in vita vostra avete mai sentito un tessuto più morbido, così morbido che quando vostro marito metterà la camicia, si dimenticherà persino di averla indosso e la sera vi colmerà di baci e di carezze per ringraziarvi di averlo rivestito di tanto lusso.

Per la verità le donne erano sbalordite. Non solo non si aspettavano di vedersi riconsegnare i panni così ben puliti, ben stirati e profumati e con i sacchetti di lavanda disposti tra un capo e l’altro, ma addirittura presentati in ceste di vimini ornate di fiori intrecciati.

I mariti stavolta rientrando a casa ingrugniti come d’abitudine appena varcati gli usci furono sorpresi e sopraffatti dal profumo di pulito che emanava dalle ceste lasciate dall’anziana lavandaia.

In quelle vecchie case dai muri anneriti da poveri focolari alimentati da legna umida e scadente, pervasi dai cattivi odori di rape e cavoli messi a bollire nei caldai per far da cena, per la prima volta si spandeva come per miracolo il profumo della primavera. Era un tripudio di mughetti, di lavanda, di rose e gelsomini da far venire il capogiro. E gli abiti appena lavati risplendevano luminosi che persino le toppe sembravano belle, quasi fossero un ornamento.

Come aveva predetto la lavandaia quella sera i mariti furono molto dolci con le consorti e non la finivano più di compensarle con baci e carezze e subito si dimenticarono di aver brontolato per quella che inizialmente era sembrata loro una spesa insensata.

- In fondo chiede solo un tozzo di pane – disse qualcuno…- si accontenta di pochi centesimi - disse un altro, quasi a giustificarsi con gli amici sulla piazza del villaggio e smorzare i commenti malevoli di quanti osservavano con invidia le loro belle tenute.

Ora state bene a sentire, in un villaggio non è come in una città e le notizie fanno presto a volare di bocca in bocca. E la novità di quella vecchina capace di rinnovare così bene dei panni luridi e sdruciti in breve divenne l’argomento del giorno.

Dapprima la si vedeva trainare il carretto mezzo vuoto con qualche camiciola e al massimo un paio di calzonacci stinti, ma dopo alcuni giorni, l’anziana lavandaia quasi spariva sotto la montagna di panni che tutte le famiglie del paese le affidavano ansiose di vederseli ritornare più belli che mai.

E ognuno poi ci teneva assai a fare la sua bella figura con gli abiti così rinnovati. E tanti, che una volta terminato il lavoro erano abituati a chiudersi in casa burberi e scontrosi, ora trovavano valida ogni scusa per portarsi in giro a passeggiare davanti alla chiesa e alle botteghe degli artigiani.

- Approfittiamo che c’è ancora uno spiraglio di luce – si schermiva qualcuno per motivare la passeggiata, dando il braccio alla moglie e la mano al bambino come avrebbe fatto una famiglia di agiati borghesi, intanto che indovinava i commenti di chi bisbigliava sottovoce:

- Oh! Guarda quelli, fin ieri sembravan miserabili e oggi se ne vanno a spasso come se non avessero altro da fare. E la moglie, che sembra una duchessa! E il figliolo? Un rampollo di un principe.

Nel villaggio era come fosse avvenuta una magia. La gente era più sorridente, più disposta ad ascoltare e volentieri si soffermava in giro a stringere amicizie. E tutti a lodare l’abito altrui come se lo vedesse per la prima volta.

La povera vecchina intanto lavorava senza posa. Ritirava i panni che tutti le affidavano senza accennare mai a un aumento del suo compenso. Ognuno le dava quel che voleva. Chi due mele, chi tre centesimi, chi una crosta di formaggio con un cantone di pane raffermo, chi un uovo…chi questo e chi quell’altro ma sempre poco, quasi nulla.

E nessuno che si fosse mai preoccupato di sapere dove sparisse per fare il suo lavoro.

La si vedeva soltanto verso il tramonto, dopo aver passato tutto il giorno a raccogliere panni sul suo carretto, incamminarsi su una stradicciola dalle parti del vecchio bosco. A volte il suo carico era talmente pesante che per spingerlo arrivava quasi a toccare con la faccia per terra, a causa dello sforzo.

Certo, ora per gli abitanti del villaggio, cambiarsi d’abito era diventata un’abitudine e qualcuno diceva persino:

- Dite quel che volete ma io una camicia non ci riesco a portarla più di un giorno! Se non la cambio, mi sembra di andare in giro trasandato…

- Mio marito – diceva una donna – si arrabbia se ogni due, tre giorni al massimo, non gli faccio trovare ai piedi del letto i calzoni puliti e stirati. D’altronde che volete, quando si è avvezzi alla pulizia…

Ci si dava arie da gran signori nel villaggio come fossero tutti nobili e aristocratici.

Ma un giorno la vecchina facendo il giro per consegnare i panni rifiutò di ritirare quelli da lavare.

- Sapete - diceva, mentre scostava dagli occhi le brutte ciocche di capelli mezzi grigi e mezzi bianchi tutti arruffati – sono molto malata e non ce la faccio più a portare avanti il lavoro. L’acqua fredda mi torce le mani e l’umido mi scava le ginocchia. Ma non preoccupatevi, quello che facevo io per tutti voi lo potrete fare ognuno per vostro conto, non è difficile.

Gli abitanti del villaggio ci restarono male, ma data un’occhiata alla donna e alle sue condizioni convennero che, in effetti, era davvero malandata e che non avrebbe potuto continuare nel prezioso servizio alla comunità.

- Poco male disse una donna, forse che non possiamo noialtre lavare i panni come faceva lei?

- Sicuro – confermava qualcun’altra – se lo faceva lei potremo farlo anche noi.

E così via, nessuno vedeva nella partenza della vecchia lavandaia un problema che non fosse risolvibile. L’anziana donna sparì nel bosco da dove era venuta.

Ma già dopo pochi giorni l’armonia del villaggio cominciò a incrinarsi. E sì perché vuoi per un motivo, vuoi per un altro non c’era mai tempo per lavare i panni e si finiva che si rimandava, si rimandava per poi arrivare alla fine del mese avendo indosso sempre gli stessi indumenti. Altro che profumo di lavanda e di mughetti!

Nelle case ritornò familiare la puzza dei cavoli e dei sudori, i brontolii dei mariti, i pianti dei figli e i lamenti delle spose…Allora ci si rese conto di quanto fosse stato prezioso il servizio dell’anziana lavandaia e di quanto fossero stati gretti gli abitanti del villaggio con i loro miseri compensi. E nessuno mai che si fosse sentito in animo di offrirle un po’ d’aiuto, essendo vecchia e malandata, lasciandola da sola con tutto quel lavoro. Qualcuno pensò perfino di richiamarla. Ma per quanto si cercasse, della vecchina, non si trovò traccia alcuna. In breve la vita del villaggio riprese grigia e noiosa come una volta. E…E questa è anche la fine della storia.

Una storia triste si potrebbe dire, ma che farci? Così vanno le cose del mondo. E se volete la morale, non vi farò certo io, il favore di spiegarvela. Ognuno se la trovi da sé, se vuole. Oppure faccia finta di nulla. Ma se poi ci vuol pensare un poco su, allora, per favore, me la venga a raccontare all’orecchio che a dirla tutta neanche io ho capito bene quale sia.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)