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Arte

Le parole e le persone

Conversazione con Massimo Pennacchini:

l’arte, il tango, il movimento...

di Giada Gentili


Ballerini, figure, tavoli, cappelli, sguardi, interni di balere, scarpe, abbracci. Non c’è particolare che Pennacchini non sappia catturare del mondo appassionato del tango con una vitalità intrisa di ritmo e umanità. I suoi quadri sono istantanee, fotogrammi, inquadrature rubate a questo mondo (il mondo, appunto, del tango). Nulla a che fare con i ritrattisti, per intenderci. No, i suoi non sono ritratti. Perché ciò che interessa a questo artista è l’atmosfera che sappia ricreare, suggerire la tensione di una coreografia, di un passo, evitando accuratamente l’introspezione psicologica (a differenza, invece, di certi suoi quadri: interni, dove donne sole o in solitudine scendevano nella propria anima).

Così, leggendo in filigrana la mostra che Pennacchini ha prodotto al Museo Civico di Marino, inseguendo i suoi ballerini: perché è questa la sensazione avvertita, che l’artista, nel dipingere questi uomini e queste donne, incuranti del mondo esterno, stia quasi correndo per non lasciarsi sfuggire quel passo, e solo quello, oppure quel momento di pausa, e solo quello.

E’ questa meravigliosa coscienza del suo ruolo nel mondo dell’arte, che tanto ci ha conquistato e, come noi, un pubblico fedele e, last but not least, Miguel Angel Zotto, uno dei tre migliori ballerini di tango al mondo (secondo una classifica ufficiale) che lo ha eletto suo pittore ufficiale. Anche questo accade qui, a Velletri. Forse sarà bene smetterla col piangerci addosso e leccarci ferite inesistenti: a Velletri si produce Arte con la A maiuscola, Arte esportata in tutto il mondo.

      

Vedendo i tuoi quadri si avverte una precisione per il senso dell’inquadratura…

Sì, può ricordare una certa visione del cinema americano degli anni trenta, ma è certamente una derivazione dell’assuefazione all’immagine a cui siamo quasi costretti: video, tivvù, pc, telecamere, fotocamere. Siamo abituati a vedere l’immagine, tutte le immagini, all’interno di un involucro, di un rettangolo, e allora cerco di rappresentare la realtà del mondo del tango all’interno di un rettangolo che per me è la tela. Su alcune tele, altre immagini sfuggono, escono fuori dall’inquadratura principale, producono un secondo o un terzo piano. Ma occorre poi vedere l’insieme, cercare i dettagli.

Parli dei mezzi di comunicazione su cui piovono costantemente molte critiche, dispute…

A me pare che, volenti o nolenti, siamo figli del Carosello, della pubblicità. Le immagini ci vengono fornite da tutto, è naturale che ci lasciamo influenzare da questa offerta sovrabbondante, sarebbe ipocrita non ammetterlo, ma non credo di togliere qualcosa alla mia pittura. Che è un po’ ricerca fotografica, movimento, atteggiamenti che vengono colti in un particolare momento, che cerco di far rivivere nel momento in cui lavoro, momento di fantasia e di creazione.

Queste inquadrature sono frutto della tua immaginazione o hai visto video sul tango?

Ambedue: un quadro finito è il frutto di dieci foto o dieci atteggiamenti. L’immaginazione funziona dove dipingo questi personaggi in un interno, in un’attesa, magari con quadri sullo sfondo: ad esempio un personaggio seduto ad un tavolo e dietro, un quadro dove si vedono due ballerini.

Ho visto un’opera realizzata su alluminio…

E’ un olio su alluminio, una sperimentazione, vedremo se porterà altri frutti.

Che cos’è l’arte e qual è la sua importanza oggi? Capisco che è una domanda scontata…

L’arte è la mia stessa vita e il contrario. Non posso pensare a vivere senza creare qualcosa. Ci sono momenti frenetici, in cui ad esempio si preparano le mostre, e allora si dipinge di più, mattino e notte. Poi, terminato il lavoro, mi chiedo se devo fermarmi per recuperare. No, non ne sento il bisogno, riprendo subito, questo è un po’ il segno della mia dedizione a questo lavoro che mi completa come uomo, come persona. So di essere anch’io un po’ banale, ma questa è la mia realtà. Forse si banalizza per eccesso e non per significato.

L’arte in questo deserto. Le Istituzioni. L’arte ha un senso? Perché la gente fatica a venire? C’è un segreto da svelare per riappropriarci di questa necessità? Ci sono molte contraddizioni: l’exploit per il Caravaggio, l’apertura del Maxxi a Roma…

Non lo conosco il segreto, è un momento difficile per tutti, io faccio il mio lavoro, cerco di dire quello che sento, non è compito mio andare a vedere come e cosa posso fare per uscire da questa situazione. Io devo lavorare. Non vorrei sembrare isolato dal contesto sociale e artistico ma credo che un artista, dove esista una vocazione, debba solo preoccuparsi di quello che sa fare. A quel punto, lo deve fare e basta. Non servono tanti giri di parole. Poi, certo, contano anche i risultati.

Ci vengono i giovani? Che valore ha oggi l’arte per le nuove generazioni ? Anche questa rischia di diventare una domanda banale. Non è facile neanche imbastire una conversazione su questo argomento.

Credo nei giovani, bisogna crederci, che alternativa abbiamo? Bisogna trasmettere questa voglia di avere un bagaglio più completo per vivere e questo bagaglio è imprescindibile dall’arte. Le file per il Caravaggio sono un ottimo segno. Ma l’Arte contemporanea?

Consiglieresti ad un ragazzo a giocare la sua vita nell’arte se ha una vocazione?

Perché reprimerlo? Sono propositivo. Bisogna saper anche rischiare. Certo, è facile dirlo dalla mia posizione. Ma l’Arte è un cammino duro, un lavoro, occorre dedizione totale. Non è facile.

Una tela bianca. Cosa ti fa scattare il momento in cui inizi a lavorare?

Inizio con i bozzetti, disegni su pezzi di carta, poi approfondisco su un foglio più grande, infine la tela.

Lavori a lungo sui bozzetti?

Sì, l’inizio è lungo e faticoso. Molti bozzetti li lascio stare, non so spiegarlo bene, io lavoro molto su questo, se prevede che può nascere allora passo alla tela.

      

La complessità e la semplicità dei gesti dei ballerini di Pennacchini hanno qualcosa di liturgico, se ci possiamo permettere di usare questo termine. Quasi sacrale. Giacchè i corpi che questo artista disegna sulle tele sono inesauribili, mai ripetitivi. Inesauribili gesti di mani che tengono, mani che si poggiano o stringono, gambe tese e flesse, corpi nella tensione dell’abbraccio o nell’abbandono, visi reclinati o eretti. Fermi nel movimento. Fermi nel pensiero di eseguire perfettamente quel passo su quelle note. Lontani da ogni altra idea che non sia, appunto, quella per cui sono stati creati: a meravigliarci, a sorprenderci in quella libertà che solo una vera forma artistica riesce a scaldare la nostra (dis) attenzione.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)