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Cinema

Nymphomaniac parte II

La catarsi di Joe pone le 6 ore di film sotto una luce di speranza
(la parte I pubblicata nel n° 71)

di Giada Gentili


Ed infine, nell'oscurità, la luce. Seppur uno spiraglio quasi impercettibile, un raggio di sole si mostra agli occhi di Joe, alla fine (ed inizio) del viaggio per guarire dalla sua malattia. Von Trier in linea con la sua filmografia non ci da soluzioni al termine della visione della seconda parte di Nymphomaniac, anzi apre la strada ad ulteriori ed infinite domande e dubbi ma stavolta, a differenza di Melancholia, con una piccola speranza.

Andando con ordine gli ultimi capitoli della storia si diramano in una discesa che viene definita dalla stessa protagonista, Charlotte Gainsbourg, e dal suo amico, Stellan Skarsgård, un calvario. Dalla felicità proclamata della chiesa ortodossa alla sofferenza di quella cristiana così viene descritto un capitolo della sua vita e la lotta contro se stessa diventa una lotta contro la società che “non ha posto per me”, dice Joe.

   

La ricerca della violenza fisica, l'abbandono della famiglia che aveva tentato di costruire ed amare e il tentativo di farsi curare la sua dipendenza dal sesso che la vittima ci tiene a definire scandidamente ninfomania. Nell'ottica in cui quanto più una parola tenta di essere eliminata dal dizionario sociale quanto più viene a mancare la democrazia, al linguaggio viene dato un potere enorme (forse in questa affermazione il regista ha voluto scusarsi della sua battuta su Hitler a Cannes 2011 ed ammettere il grosso scivolone).

   

Queste le tematiche che scavano nello spettatore e lo invitano a porsi un interrogativo dopo l'altro, se fosse stato un uomo il protagonista della storia ci saremmo scandalizzati meno?, e con Von Trier si toccano praticamente tutte le perversioni sessuali di cui si ha anche paura ad accennare, pedofilia, sadomasochismo. Senza tentare di giudicarle lui ce le pone davanti sta a noi giungere a conclusioni, solo il 5% dei pedofili passa dal pensiero all'azione, dice Joe, del restante 95% non dovremmo avere pietà?

   

Il tutto incorniciato dallo stile e consapevolezza del regista, da una sinfonia di immagini e musica che mai scade nel banale e da una sottile, latente ma presente ironia che permette di godere del film senza cadere nel disgusto visivo (tentativo impegnativo che solo in qualche momento non riesce completamente).

Quello che può sembrare un miscuglio di ingredienti casuali in realtà è un tentativo riuscito di parlare della sessualità in cui ogni tema viene affrontato senza rimanere in superficie, anche a questo è dovuta l'immensa durata di quasi 6 ore totali, seguendo la voce e l'anima sola e in lotta della protagonista.

La sua catarsi finale non presuppone mezzi giusti, né felicità, ma lascia lo spettatore tra il divertimento, lo shock e la sensazione di una speranza per il futuro.

   


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)