Cinema
Ida
di Federica Fasciolo
Complicato nella sua linearità.
Eventi che accadono uno dopo l’altro senza che quelli centrali, fondamentali, vengano messi in risalto, quasi fossimo di fronte a un documentario.
Intenso nel suo bianco e nero, storia di formazione inserita in un contesto storico forte, la Polonia qualche anno dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Anna (Agata Trzebuchowska) è stata abbandonata in un convento in tenerissima età. Quando manca poco al momento di prendere i voti, la Madre Superiora la spinge ad andare a trovare la sua unica parente, una zia (Agata Kulesza) che si era sempre rifiutata di prenderla con sé. La donna rivelerà alla ragazza il suo vero nome, Ida, e le sue origini, ebraiche. Le due, a volte scontrandosi a causa delle loro differenze, intraprenderanno così un viaggio per scoprire in che modo i genitori di Ida morirono.
Quando la storia si sta ancora mettendo in piedi davanti ai nostri occhi, già notiamo le particolarità della regia di Paweł Pawlikowski: inquadrature originali, insolite, che vanno oltre le classiche e più o meno rigide regole. Personaggi di cui a momenti vediamo solo il volto in basso allo schermo e sovrastati da paesaggi o geometrie; suoni che normalmente non si sentono, come il rumore dei passi di Ida sui gradini del convento; momenti (tanti) in cui la scena sembra un vero e proprio quadro, e per un po’ i personaggi o lo sfondo rimangono quasi immobili, catturando così in sé ancora più forza.
Grande valore è dato ai momenti di silenzio, quando è solo uno sguardo a svelare quello che accade e, cosa ancora più importante, i pensieri dei personaggi.
Incantevole la protagonista, così composta ma che nasconde dentro sé determinazione, onestà e forza. E sua zia Wanda, dal passato torbido e ora abbandonata a una sopravvivenza vuota dove alcol, fumo e relazioni occasionali sembrano le uniche possibilità di fuggire ai suoi pensieri e al suo dolore.
Due donne: una messa di fronte a ciò che sarà il suo futuro (“e poi?”. Fateci caso a quel “e poi?”), e un’altra, invece, messa nuovamente di fronte al suo passato.
Due strade parallele come i loro caratteri, ma dove c’è ancora spazio per imparare qualcosa.
Fino al momento della scelta, inevitabile. Quando con quel futuro e con quel passato bisogna fare i conti. E tirare le somme.