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Alberi e animali

Gelso

di Federica Fasciolo




Il baco da Seta
Bombyx mori (LINNAEUS, 1758) è una  specie di  farfalla della  famiglia Bombycidae. La sua  larva, conosciuta come baco da seta ha una notevole importanza economica in quanto utilizzato nella produzione della  seta. La sua dieta consiste esclusivamente di foglie di  gelso. È originaria della  Cina settentrionale.
Il baco produce la seta in due ghiandole. La bava sottilissima a contatto con l'aria si solidifica e si dispone in strati formando un bozzolo di seta grezza, costituito da un singolo filo continuo di seta di lunghezza variabile fra i 300 e i 900 metri. Il filo microscopicamente è formato da due proteine: due fili di fibroina paralleli ricoperti da sericina.
Il baco impiega 3-4 giorni per preparare il bozzolo formato da circa 20-30 strati concentrici costituiti da un unico filo ininterrotto dopodiché si trasformerà in crisalide e poi questa in farfalla.
Se la  metamorfosi arriva a termine e il  bruco si trasforma in  falena, l'insetto adulto uscirà dal bozzolo forandolo, utilizzando un liquido e le zampe, rendendo il filo di seta che lo compone inutilizzabile. Di conseguenza, gli allevatori uccidono le crisalidi in appositi essiccatoi prima che questo avvenga. L'immersione in acqua bollente permette il dipanamento del filo di seta sciogliendo parzialmente lo strato proteico di sericina che avvolge il filo di seta

Ovidio nelle Metamorfosi – primo secolo a.C. – narra in versi latini della vicenda di due giovanissimi amanti, Piramo e Tisbe. Le loro abitazioni erano confinanti e si incontravano di nascosto grazie ad un passaggio del muro divisorio, ma…un brutto giorno trovarono il varco chiuso: Le loro famiglie in lotta come spesso accade tra vicini, erano contrarie ai loro incontri e mai avrebbero acconsentito alle nozze. I due giovani allora decisero di fuggire e si diedero appuntamento sotto un gelso, giust’appunto carico di frutti, nel bosco presso una fonte.

Tibse giunse però troppo presto all’appuntamento: Un leone sporco di sangue a causa del pasto di un animale pocanzi sbranato arrivò per abbeverarsi alla fonte, e Tisbe, che fuggì impaurita per rifugiarsi in una grotta, perse il velo e il mantello che furono a lungo annusati e insanguinati dal leone.

Quando Piramo arrivò, riconobbe gli indumenti della fanciulla amata sporchi di sangue e giunse alla conclusione che fosse stata sbranata, quindi, disperato, si trafisse con la spada.

Tisbe, tornando sui suoi passi, colse l’ultimo respiro di Piramo, e afflitta, lo volle seguire dandosi la stessa morte.

Non vi sembra di trovare delle marcate analogie con il ben più noto racconto Giulietta e Romeo di Shakespeare, in questo caso sfacciatamente copione?

   

Sorvoliamo; e veniamo al nostro albero, il gelso, che fu l’unico testimone della tragedia di Piramo e Tisbe, e che alla vista di tanto sangue mutò i suoi frutti da bianchi in rosso cupo, e..secondo il poeta fu così che ebbe origine il Morus Nigra: albero dal corto fusto ma ampia chioma, le foglie a cuore e dolci e succosi frutti.

Da non dimenticare comunque il Morus Alba, gelso bianco, le cui foglie alimentano i bachi da seta.

Originario della Cina, si pensa che i suoi semi giungero in Grecia al tempo dell’Imperatore Giustiniano, nascosti, con i bachi, nei bastoni di due monaci del Monte Ahtos.

In Italia, fu la Sicilia ad avviare la coltivazione dei gelsi nel XIII secolo che ben presto si espanse in Calabria, Campania e rapidamente anche in tutto il territorio divenendo pianta tipica del paesaggio veneto e lombardo.

A tale proposito è bene ricordare che un altro illustri narratore, Alessandro manzoni, si dedicò al gelso, avviando una coltivazione proprio come attento agricoltore e consumato botanico. Si appassionò molto ai gelsi e ai bachi da seta, i quali, dispettosi, non gli concessero molta fortuna.

   


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