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Piccoli Grandi Musei Italiani

"una cosa bella è una gioia per sempre" John Keats
Modena

Museo della Terramara
di Montale

di Alessandro Gentili


Nei primi decenni dell’ottocento il nome terramare era utilizzato per indicare cave di terriccio organico scavate entro basse collinette, frequenti a quei tempi nel paesaggio della pianura padana. Le collinette non avevano un’origine naturale e il terreno che le costituiva, venduto per concimare i campi, era ricco di resti archeologici. Per lungo tempo questi resti furono attribuiti ad abitati o necropoli di età romana o celtica. Solo dopo il 1860, quando in Italia cominciarono ad intensificarsi le ricerche scientifiche di preistoria, ci si rese conto che la vera origine di queste collinette era attribuibile a villaggi dell’età del bronzo e da allora il termine terramara fu utilizzato dagli archeologi per indicare questi abitati. Grazie ai numerosi scavi le terramare divennero famose in tutta Europa e i loro resti andarono ad arricchire i musei della regione. Gli scavi effettuati negli ultimi vent’anni hanno dimostrato che le terramare erano villaggi fortificati databili fra l’età del bronzo media e recente (ca. 1650 – 1170 a.C.), circondati da un terrapieno e da un fossato. La dimensione di questi abitati variava: da 1-2 ettari nelle fasi più antiche fino a 20 ettari nelle fasi più avanzate.

Le case, disposte all’interno del villaggio secondo un modulo ortogonale, erano frequentemente costruite su impalcati aerei come le palafitte, sebbene diversamente da queste non sorgessero in aree lacustri o fluviali. Le case erano affiancate e separate da strade molte strette (tra m. 1,5 e m. 2,5). Strade di dimensioni più grandi dovevano rappresentare le “arterie” principali del villaggio. Erano poi presenti spazi aperti destinati al ricovero di animali, a depositi o ad aree di riunioni.

   

I villaggi erano molto frequenti e tutta l’area comprendente la pianura emiliana e le zone di bassa pianura delle province di Cremona, Mantova e Verona era densamente abitata il numero complessivo degli abitanti era molto alto per quel tempo, poteva aggirarsi fra 150.000 e 200.000.

La società era organizzata secondo un modello partecipativo che coinvolgeva tutta la comunità anche se erano attestate già differenze economiche e sociali. Oltre ai capi, i guerrieri rappresentavano l’èlite emergente e un certo status privilegiato dovevano avere anche le loro donne. Importante era inoltre il ruolo degli artigiani metallurghi che realizzavano spade, pugnali, lance, spilloni, fibule, rasoi, ma anche attrezzi per l’agricoltura come i falcetti. Nelle fasi più tarde le differenze fra i villaggi dovettero acuirsi e cominciarono a formarsi centri più importanti accanto ad altri che avevano probabilmente una funzione di centri minori.

Attorno al 1200 a.C. il mondo delle terramare entrò in crisi e dopo qualche decennio le terramare scomparvero. Gli archeologi non hanno ancora una risposta per spiegare questo fenomeno ma è possibile che una serie di cause, antropiche e naturali, abbiano determinato la fine del sistema terramaricolo. Tra queste non si può escludere un peggioramento climatico, anche di scarsa entità, che potrebbe aver procurato una crisi dell’economia agricola, base del sostentamento degli abitanti delle terramare. Il cambiamento di clima, tuttavia, non sembra poter essere l’unica causa di un collasso così drastico. La fine delle terramare rappresenta dunque ancora oggi un problema non risolto.

La ricostruzione a grandezza reale di una parte del villaggio terramaricolo, così come è stato possibile dedurla dai dati archeologici, costituisce il settore del Museo all’aperto del parco di Montale.

All’interno del villaggio è stata ricostruita una porzione delle fortifica zioni costituite dal fossato e dal terrapieno. Le due strutture rendono l’idea delle possenti difese artificiali che circondavano la terramara di Montale. Il fossato, che ha dimensioni più ridotte rispetto all’originale (ca. 20 metri anziché 35), oltre a fungere da barriera per i nemici, rappresentava anche una preziosa riserva idrica. Il terrapieno è munito di una palizzata per aumentare la protezione del villaggio e dei suoi difensori in caso di attacco.
La porta è arretrata e affiancata da due avamposti. Tale posizione è attestata in alcuni insediamenti dell’età del bronzo italiani ed europei ed aveva una funzione difensiva.

   

Oltrepassata la porta sono visibili due abitazioni. Naturalmente, nella realtà, il villaggio conteneva un numero più consistente di case. Per Montale possiamo presumere che il numero fosse compreso circa fra le trenta e le quaranta abitazioni, con una quantità di abitanti prossima a centocinquanta persone. Le case erano affiancate e separate da strade molto strette. Strade di dimensioni più grandi dovevano rappresentare le ”arterie” principali del villaggio. Erano poi presenti spazi aperti destinati al ricovero di animali, a depositi o ad aree di riunione.

La forma delle due abitazioni è stata dedotta dalle testimonianze individuate nello scavo, in particolare utilizzando le planimetrie delle abitazioni delle due fasi più antiche del villaggio (fase I e fase II), che risultavano più complete.

Si tratta in tutti e due i casi di strutture sopraelevate sul terreno, suddivise internamente in navate costituite da file di pali portanti affiancati da altrettanti pali più bassi che servono per sostenere l’assito ligneo del pavimento. La copertura è a doppio spiovente realizzato con fascine di canne palustri fissate alla trama lignea del tetto. Le pareti sono state realizzate con un impasto di limo, sabbia e sterco di cavallo steso su un’intelaiatura di rami o canne palustri.

L’arredo e gli oggetti che si trovano nelle due abitazioni sono stati riprodotti fedelmente sulla base di originali trovati negli scavi di Montale o comunque da esempi provenienti da altre terramare e da contesti archeologici dello stesso periodo. L’allestimento è stato caratterizzato da riferimenti ad attività domestiche e artigianali (metallurgia, tessitura, ceramica, lavorazione del corno di cervo) e personalizzato attorno a figure sociali (guerriero, artigiano, figure femminili di rango).

   

Nelle vicinanze delle abitazioni sono stati costruiti due forni per la cottura della ceramica, utilizzati per la realizzazione di vasellame di medie e grandi dimensioni.

Entrambe le fornaci sono composta da una camera circolare a cupola realizzata in terra argillosa impastata con fibre vegetali, un’imboccatura frontale e di un camino retrostante per favorire e controllare il flusso d’aria.

      

Gli abbondanti ritrovamenti di reperti botanici hanno fornito informazioni utili per ricostruire l’aspetto del territorio di Montale nei secoli a cavallo del II millennio a.C.

Nel settore del Museo all’aperto sono state impiantate le colture sperimentali di alcune delle piante documentate dagli scavi archeologici: cereali (segale e miglio), legumi (favino, lenticchia, cicerchia, piselli) e lino.


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