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Racconto

Una cara amica

di Ruggero Scarponi

L’ira del preside Niccolai s’abbatté sull’inconsapevole Nicotera. E che cosa non aveva mai fatto l’anziano professore di disegno? Si era limitato a leggere, in sala professori, durante il consiglio, un foglio che gli era stato passato e che il poveretto aveva scambiato per una circolare interna.

Questo s’affannò a spiegare al preside, giurando che mai e poi mai, conosciuto in anticipo il contenuto del foglio, si sarebbe permesso di leggerlo all’intero corpo insegnante. Il preside, fuori di sé, fu molto villano e poco mancò che non desse dell’idiota al povero Nicotera, decano della scuola, il quale fu sul punto, per l’umiliazione, di mettersi a piangere e sarebbe stata la prima volta in oltre quarant’anni d’insegnamento. Finalmente il Niccolai, compreso di aver superato il limite, s’acquietò accasciandosi sfinito sull’ampia poltrona dietro la scrivania.

Dopo qualche istante, impietosito dal buon Nicotera, ancora in piedi di fronte a lui come un qualsiasi scolaretto spedito in presidenza per qualche marachella, lo invitò a sedersi per riprendere un dialogo in maniera più pacata.

- Ma caro collega – cominciò a dire in tono carezzevole cercando in tal modo di farsi perdonare la sfuriata iniziale – come è possibile che un uomo della sua esperienza sia potuto incappare in un simile abbaglio! Da lei non me l’aspettavo. Ma dico io, santo cielo, che le è saltato in mente di leggere a “pappagallo” quel biglietto senza averlo vagliato prima. Mi scusi sa ma davvero resto allibito.

- E’ che…- tentò di giustificarsi l’anziano docente - E’ che… mi hanno tirato una trappola. Sono stato vittima di una trappola. Vigliacchi! mancare di rispetto così a chi ha dato il sangue per questa scuola! Non c’è più religione oggigiorno, Signor Preside. Una volta bastava pronunciare la parola Professore che gli studenti tremavano…Oggi invece, a pernacchie ci prendono, quei mascalzoni!

- oggigiorno, oggigiorno!– sbottò Niccolai – Sempre la stessa tiritera. I tempi cambiano, come è giusto che sia. Ai suoi tempi, invece, si sarà lamentato dell’eccessiva severità degli insegnanti. E oggi, che grazie a Dio, la scuola non è più una prigione, non fa che rimpiangere il tempo passato. E comunque uno scherzo innocente, anche se irrispettoso, questo ne convengo, se adeguatamente controllato, non avrebbe dovuto produrre l’effetto che ben sappiamo!

- Non è colpa mia, sono stato imbrogliato dalla carta. Quella, mi ha indotto in errore!

- Questo lo so; tuttavia, un uomo d’esperienza avrebbe dovuto almeno controllare sommariamente…non crede?

- E va bene Signor Preside… con questo vuol dire che sono un idiota? Che un uomo a settant’anni non dovrebbe più insegnare? Mi da del rinc…?

- Via, caro collega, non è il caso di prendersela tanto. Si discuteva, in fondo, animatamente ma sempre con il dovuto rispetto. Non mi permetterei mai…

- Adesso Signor Preside lei cerca di rabbonirmi, ma io lo so cosa pensa veramente, di me.

- Che cosa, Nicotera, sentiamo.

- Lei pensa che dovrei andarmene in pensione e togliermi dai piedi. Che sono vecchio e che la scuola è fatta per gente giovane, questo pensa e non cerchi di negarlo.

- Lei, caro Nicotera, fa tutto da solo. Mi attribuisce, pensieri e intenzioni che stanno solo nella sua fantasia. Se fosse come dice lei, le sembrerebbe logico averla nominata vice-preside soltanto un mese fa? Vede allora che non ce l’ho con lei. Ma la capisco. So che lo scherzo di cui è stato vittima può suscitare sdegno. Per questo, caro Nicotera, mi sono sentito in animo di richiamarla, proprio per valorizzare il suo ruolo, le sue indubbie capacità professionali. Ma alla fine sono con lei, al suo fianco, come sempre, mi creda.

I due uomini continuarono a discutere ancora per un po’, cercando il Nicotera di farsi passare per vittima e il Niccolai, invece, di pungerlo sulla sua mancanza di discernimento essendosi fidato di un biglietto scritto sulla carta intestata della scuola senza preventiva verifica.

Ma queste schermaglie erano nulla in confronto a quanto stava accadendo in sala professori.

La professoressa Melissa Meliconi, soffiava fuoco e fiamme dal suo delicato nasino e con lo sguardo avrebbe incenerito chiunque avesse osato incrociarlo. Fingeva di leggere con indifferenza la circolare incriminata, cercando di tenere a bada, inutilmente, la ritmica sollevazione del suo rigoglio femminile, compresso da un corpetto e da una camicetta di taglia certamente insufficiente.

Sopra la spalla, nell’atto di sostenere la sua amica, la professoressa di musica, Amalia Giannotti, leggeva, anch’essa inorridita, l’infame referto come fosse la più grave offesa rivolta alla dea unica della bellezza e dell’eleganza femminili.

Qualcuno aveva osato mettere in discussione il primato della Meliconi. Qualcuno? Ma che…? Erano stati ben 285 su 321. Altro che qualcuno. Si era trattato di un vero e proprio plebiscito.

- Non devi prendertela cara Melissa, - la esortava appassionatamente la Giannotti - davvero. Sono solo dei ragazzini, cosa vuoi che ne sappiano, di certe cose…

- E no! – esclamava furiosa Melissa – no, no e poi no! non provare neanche a contraddirmi. Ti dico io, come stanno le cose. Qui di sicuro c’è lo zampino di quello zotico di Mirmillo, lo sento. Ma guarda tu…Mi viene persino da star male, adesso!

E così dicendo si lasciava cadere apparentemente esanime, su una sedia, mentre la Giannotti in preda all’agitazione e tenendole scioccamente la mano, gridava aiuto.

Ma la pietra dello scandalo, la cagione del malore della Meliconi, temendo l’ira della collega, si era rannicchiata dalla parte opposta del tavolo tra due giovani professori, Mangano di educazione fisica e Ciriello di lingua.

Insomma a farla breve era avvenuto che l’annuale concorso per eleggere la più bella studentessa della scuola, simpatica ma clandestina manifestazione organizzata da un comitato segreto di allievi, stavolta si era indirizzato al corpo insegnante, quello femminile ovviamente e il risultato aveva sconvolto ogni pronostico. Nessuno se lo aspettava e per questo aveva suscitato ancor più clamore. Inoltre un allievo, uno dei più birbantelli, aveva avuto l’idea di trascrivere l’esito della consultazione su un foglio di carta intestata della scuola, trafugato in segreteria, come fosse stata una circolare interna, traendo così in inganno il povero professor Nicotera che ne aveva letto il contenuto durante un consiglio dei professori, in completa buona fede. Di lì il finimondo. La Meliconi, la sofisticata Melissa, sempre impeccabile, all’ultima moda, irraggiungibile oggetto del desiderio dei colleghi maschi, si era vista surclassare da quella sciacquetta della Efisia Carta, pensate un po’. E si era fatta l’idea, Melissa, che la colpa fosse di qualche magheggio combinato dal professore d’informatica, Mirmillo per vendicarsi di qualche tempo prima, quando ne aveva respinto le avances.

Ma poi, come stavano veramente le cose? Davvero il risultato del concorso era stato truccato? Vediamo di capire. Cosa poteva avere Efisia più di Melissa? Al confronto non c’era gara. Alta, bionda, sinuosa, occhi azzurri profondi come il mare, la Melissa. Scura scura e anche un po’ dimessa Efisia, con un corpicino grazioso, è vero, ma di certo non prorompente.

Era ovvio quindi che qualcuno aveva truccato il risultato. E forse proprio per far schiumare di rabbia la bellissima!

- Ti ripeto Melissa – le diceva la Giannotti, dopo che quella si era riavuta dal precedente malore – che non vale la pena di prendersela per una cosa del genere! A votare sono stati dei ragazzini. La più parte non sanno neanche allacciarsi le scarpe da soli, figurarsi se sanno giudicare una donna. E’ un verdetto che non vale nulla e a te davvero non ti scalfisce nemmeno l’unghia del dito mignolo, garantito!

Ma la Meliconi oramai non tentava neanche più di nascondere il disappunto singhiozzando vistosamente.

- E proprio qui davanti a tutti dovevano farmi questo affronto – piagnucolava Melissa. – mi hanno voluto umiliare. Per invidia, o per vendetta! Che vergogna, che vergogna!

Inutilmente la Giannotti si affannava a consolarla mentre Melissa con occhi pieni di risentimento di tanto in tanto rivolgeva sguardi minacciosi alla povera e inconsapevole Efisia. E’ vero la piccola sarda era del tutto innocente a riguardo, eppure un poco gongolava, godendosi l’imprevisto successo. Infatti, i vari professori uomini che fino a quel momento l’avevano sempre snobbata a beneficio dell’altra, ora sembrava ne avessero scoperto le doti segrete.

Cominciò Rapetti, il custode, che all’orecchio del Ciriello si espresse così:

- ‘sti ragazzini, però! Hanno occhio Ciriè, da’ retta a me, questi so’ più svelti de noi. Hanno colto un che di etnico che la femmina sprigiona e che sfizia, sfizia Ciriè e manco poco.

A sua volta Ciriello, all’orecchio del preside sussurrò:

- Una vera new entry, Signor preside! Si ricorda la classifica che facemmo a casa mia al mare, l’estate passata? Bè, Signor Preside è da rifare. La Professoressa Carta…bisognerebbe ripescarla. Con rispetto, Signor Preside ma tiene un…e due gambe… e non dico altro!

Le voci si rincorrevano da un consiglio dei professori all’altro, da uno scrutinio all’altro. La votazione degli allievi aveva prodotto un terremoto.

- Una bellezza nascosta! – sosteneva qualcuno.

- Un’autentica bellezza selvaggia.

- Una bellezza antica, ritrosa e per questo particolarmente attraente, come certe calette nascoste della sua bella isola!

-…o grezza ma rilucente come le bianche dimore dell’iglesiente…

-…o delle saline a cielo aperto…come un mare di cristallo- declamava un altro languido e sognante.

- Un angelo! – sospirava qualcuno rimpiangendo di non averla notata prima.

- Un tizzone, vorrai dire – gli replicava un altro con sguardo acceso – un tizzone ardente, che brucia, pronto a divampare!

E la povera Melissa sembrava essere caduta in una depressione senza rimedio.

E non aveva tutti i torti a pensarci bene. Infatti, cedere lo scettro della donna più desiderabile, in maniera così imprevista e diciamo pure ingiusta, non è cosa da poco.

Una donna ne potrebbe morire!

Solo la Giannotti le rimaneva fedele. Sempre al suo fianco pronta a incoraggiarla e a sostenerla..

D’altronde Melissa era sempre stata il suo ideale di donna. Tutto quanto avrebbe desiderato per sé stessa, invece che una scialba e insignificante donnetta senza mai un corteggiatore a farla accendere di passione. Quante volte in quei giorni Melissa aveva appoggiato piangente la graziosa testolina sulla sua spalla ossuta, in cerca di consolazione.

E mai un grazie.

Mai che Melissa si ricordasse di lei se non per bisogno.

Mai che le fosse venuto in mente d’invitarla alle tante serate cui partecipava.

Alla Giannotti sarebbe bastato poco.

Anche poter dire soltanto di essere la più cara amica della reginetta di tutte le feste mondane.

E con questo poter ricevere qualche attenzione,finalmente!

Non desiderava altro, sapeva di non avere le qualità e lo specchio era lì ogni mattina a ricordarglielo.

Ma almeno che si accorgessero di lei, senza ignorarla, come invece avveniva di solito.

Le sarebbe piaciuto, persino, dispensare qualche innocente confidenza sulla sua amica al solo scopo di sentirsi invidiare l’accesso esclusivo ai suoi segreti.

S’immaginava a volte di essere rincorsa da frotte di spasimanti ansiosi di ricevere un consiglio, o la chiave per penetrare il cuore dell’amica.

Ah! Come ne avrebbe goduto. Quasi fosse stata lei stessa l’oggetto di tanto interesse.

Si sarebbe crogiolata alla luce riflessa che emanava da Melissa.

E s’immaginava serena e pacata mano nella mano della sua prediletta, procedere insieme fino a un’età in cui il cuore si mette tranquillo per lasciare alla dolcezza dei ricordi il compito di riscaldare le fresche serate autunnali dopo l’ estate rovente.

E invece no.

Per Melissa lei era solo un accessorio. Una stampella a cui sorreggersi in caso di necessità.

Mai che l’avesse condotta a qualche festa o che l’avesse presentata ai suoi amici.

Le era utile, invece, come valvola di sfogo nelle contrarietà o per tediarla con le storie dei suoi innumerevoli ammiratori e delle galanterie che riceveva a tutte le feste cui era invitata.

Come era egoista la sua amica!

Superficiale ed effimera.

Insensibile.

Arida e avara.

E allora la Giannotti, quella mattina che per puro caso si era trovata tra le mani il famoso foglietto incriminato… Cosa poteva fare la Giannotti, povera donna! Se non inventarsi un risultato a sorpresa. Certo la vendetta non è un sentimento nobile…però accidenti, se coglie nel segno!


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)