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Teatro

Teatro Eliseo – Roma

Paura d’Amare,
E poi... Pinocchio

Il teatro Eliseo di Roma non fa torto a nessuno, adulti e ragazzi trovano, a partire dal 5 novembre al 10 ecco al “Patroni Griffi” Pino Insegno e Alessia Navarro in “Paura d’Amare” di Terrence McNally per la regia di Alessandro Prete, un tema ricorrente in molti adulti dei nostri giorni; e dal 12 novembre fino alla befana ecco “E poi…Pinocchio”, l’avventura sempre verde amata dai nostri ragazzi, diretto da Gigi Palla con i costumi di Santuzza Calì.

   

In “Paura d’Amare”, Johnny, interpretato da Pino Insegno, appena uscito di prigione, prova a ricostruirsi una vita riciclandosi come cuoco nella tavola calda in cui Frankie, interpretata da Alessia Navarro, disillusa e solitaria, lavora come cameriera. Tra i due nasce una tenera simpatia che scivola rapidamente verso un sentimento più profondo. Ma il desiderio d’amore di Johnny si scontrerà con la ritrosia di Frankie, spaventata dalle sue stesse emozioni.

La storia dei due protagonisti non è solo un profondo atto d’amore ma anche il riflesso di due esistenze sperdute nella solitudine alienante della metropoli, dove gli spazi dell’anima si sbriciolano. Frankie e Johnny cercano un compendio emotivo alla propria identità spaesata, frammentaria e decentrata. In una città che illude, tradisce e poi mette ai margini, l’unica exit strategy è una scintilla di passione.

   

“E poi…Pinocchio” - scritto e diretto da Gigi Palla, con i costumi e le scene di Santuzza Calì. Con Cristina Capodicasa, Gerardo Fiorenzano, Sergio Mancinelli, Veronica Milaneschi, Gigi Palla, Gabriela Praticò, Silvia Scotto e musiche originali di Alessandro Cercato - che dal canto suo si impegna ad aprire ai più piccoli le porte del mondo magico e incantato del teatro.

E poi... Pinocchio. Ovvero il difficile compito di essere un bambino.

“ Potrebbe essere questo il sottotitolo più azzeccato per questo allestimento che – come Racconta Gigi Palla - a grande richiesta, la compagnia del progetto bambini del Teatro Eliseo ripropone fino al 6 gennaio 2014, dopo il successo dello scorso anno.

Infatti per questa elaborazione del celeberrimo romanzo di Collodi, ho pensato di partire proprio da lì, dal punto in cui l'autore toscano termina la sua opera, con la tanto sudata “metamorfosi” da burattino a bambino, volendo infatti riflettere su quella condizione che noi “grandi” sempre rimpiangiamo, quella dell'età della fanciullezza, che siamo soliti descrivere come spensierata, e a vagheggiarla con malcelata malinconia.

Dimenticandoci che magari non è stato tutto rose e fiori.

Infatti, ogni stagione della nostra vita in realtà ha difficoltà commisurate alla condizione corrispondente e anche l'infanzia non sfugge a questo assunto.

E allora ho immaginato un Pinocchio che, dopo aver sudato tanto per essere un bambino, si trova ad affrontare con dei nuovi occhi, quelli appunto del bambino, tutte le difficoltà della sua nuova condizione, della sua nuova realtà.

Una realtà che ho voluto apparisse al nostro eroe difficile da decifrare e da affrontare; un mondo del tutto diverso da quello disincantato a cui era abituato, un mondo che prevede assunzione di responsabilità, impegno, dovere, obblighi, precetti; un mondo dove tutto appare più complicato: farsi capire dai grandi, farsi accettare dagli amici, difendersi dai bulli della scuola... un mondo frenetico, pieno di impegni, di troppe cose da fare.

   

In buona sostanza un mondo che è una grande fatica e che in breve lo porterà a rimpiangere la sua antica, spensierata condizione e a desiderare di ritornare indietro, a quando era solo un burattino di legno.

Ed è proprio in questa ricerca della condizione perduta che risiede il nodo drammatico dello spettacolo, il motore dell'azione scenica: una nuova avventura che proprio attraverso questa ricerca porterà Pinocchio ad acquistare rinnovata consapevolezza e fiducia per la sua condizione di bambino.

A fargli da contrappunto in questo viaggio avventuroso nella vita reale ho pensato di inserire tutti i personaggi più importanti del racconto collodiano, anche loro però “contaminati” dalla vita reale, e per questo così trasformati, da apparire spesso irriconoscibili agli occhi del protagonista: una Fata Turchina “trendy” e in cerca di successo nel mondo dello spettacolo, irrimediabilmente concentrata su se stessa e quindi incapace di dare ancora ascolto al suo diletto burattino, un Gatto e Volpe prigionieri nel loro ruolo di imbroglioni ma ormai sempre meno scaltri, un Grillo sempre pedante ma che attua nuove strategie educative, un Lucignolo dj di una discoteca e molti altri ancora.

Ma in questa elaborazione ho anche voluto far rivivere le pagine del romanzo collodiano creando uno spettacolo che alterna alle scene della nuova realtà del Pinocchio bambino, le scene del ricordo del Pinocchio che fu, più direttamente ispirate e fedeli alle pagine del Collodi: un modo per mettere a paragone le due condizioni, del bambino, nuova e presente, e del burattino, rimpianta e passata, per far risaltare il senso di un'esperienza che sostanzialmente appare o verrebbe apparire come un percorso di crescita”. (G.G.)

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