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Cinema

Mai su questi schermi

Inquadratura sul cinema italiano indipendente

di Giada Gentili

Nella prima intervista l'attenzione si è concentrata, in maniera molto generica, sul perché abbiamo deciso di dedicare un piccolo spazio in questa testata al cinema indipendente italiano.

Questa settimana vogliamo entrare più nello specifico cercando di capire cosa può essere considerato cinema indipendente o Indie (secondo la denominazione degli addetti ai lavori).

Tendenzialmente viene considerato indipendente tutto ciò che non è commerciale o non è prodotto dalle grandi major cinematografiche. Spesso questo genere di film sono realizzati con pochi mezzi tecnici, forse anche per questo sono considerati opere di valore più grande per le difficoltà con cui vengono realizzate.

   

Pranzo di Ferragosto rientra perfettamente in questo scenario. Poche locations, la principale è quella della casa dello sceneggiatore-regista-attore Gianni di Gregorio, un cast privo dei nomi che attirano il pubblico al cinema, pochi mezzi e “solo” l'idea.

L'idea, appunto è quella di descrivere la solitudine della vecchiaia, la malinconia di Roma in pieno Agosto, quando, un uomo che vive con la madre, si ritrova con la mamma e la zia del suo amministratore di condominio e la mamma del suo medico.

Il protagonista, circondato da ottantenni, tenterà di sopravvivere alla situazione dando vita a situazioni che strappano un sorriso-amaro.

Il film sugli schermi ci è andato eccome vincendo anche il premio “Luigi De Laurentis” come Miglior opera prima alla Mostra del Cinema di Venezia e il premio “Arca cinemagiovani” come miglior film italiano.

   

Gianni di Gregorio ha iniziato la sua carriera cinematografica come sceneggiatore. Tra le pellicole da lui scritte troviamo Sembra morto... ma è solo svenuto di Farina con Sergio Castellitto, Giovanni senzapensieri di Marco Colli con Aldo Fabrizi.

Negli anni Novanta diventa aiuto regista di Matteo Garrone con cui scrive anche la sceneggiatura di Gomorra per la quale vincerà anche il David di Donatello che divide anche con gli altri autori dell'opera, tra cui Roberto Saviano.

Nel 2008 scrive e dirige il suo primo film, di cui interpreta anche il protagonista, Pranzo di Ferragosto.

Nel 2011 scrive, dirige e interpreta il film Gianni e le donne.

   

Sono anni che militi nel cinema come sceneggiatore. Com'è avvenuto il passaggio dietro la macchina da presa come regista?

Per Pranzo di Ferragosto è venuto da sé, era un prodotto a cui ho lavorato dalle prime righe della sceneggiatura fino all'ultimo ciak. E' stata una scelta anche perché l'idea iniziale è tratta da un mio diario personale scritto durante gli anni in cui vivevo con mia madre, avevo quindi la piena consapevolezza di cosa può essere una situazione come quella descritta nel film.
Da qui anche la scelta di fare l'attore, idea, questa, di Matteo Garrone che ha prodotto il film.

Pranzo di ferragosto si discosta dai classici film italiani da botteghino. A cosa ha dovuto il suo successo?

Che te devo dì!
Si è detto tanto, l'argomento della solitudine della vecchiaia in qualche modo è un problematica poco trattata e universale, anche se è una peculiarità che hanno principalmente i paesi latini. Quando sono andato in Germania e in Inghilterra per promuovere il film, nonostante sia piaciuto, il pubblico era stupito perché in questi paesi i genitori, decidono loro, di spontanea volontà, di andare via di casa, cercano un bel posto dove si giochi a carte, e se ne vanno.
E' inoltre piaciuta l'idea di vedere gli anziani con un occhio vitale. Questa scelta viene anch'essa da le esperienze personali. Così sprint era infatti mia madre nella realtà e così erano anche le protagoniste nella vita. Ad ogni fine giornata io e la troupe, formata da giovani, ci andavamo a buttare sul divano distrutti; le quattro signore invece, 80 anni di età media, chiedevano già a che ora ci vedevamo il giorno dopo.

La sceneggiatura del film è stata ultimata nel 2000 ma solo nel 2008 siete riusciti a girarlo, per mancanza di fondi, eppure il film propone argomenti e temi diversi. La difficoltà nel trovare i soldi è dovuta al fatto che le produzioni italiane sono spaventate dalle nuove proposte?

Quando ho scritto la sceneggiatura l'ho presentata a diverse case di produzioni che mi hanno dato del matto, dicendomi che un film con delle vecchiette non avrebbe mai incassato e non avrebbe avuto successo. Poi l'ho fatta leggere a Matteo (Garrone, ndr.) che aveva un piccola casa di produzione e tramite loro ho fatto la domanda per il finanziamento al Ministero. Questo accadeva nel lontano 2003, per una serie di problemi burocratici i finanziamenti sono arrivati solo nel 2007 e ho potuto girare, quindi sì le produzioni sono spaventate dal diverso.

C'è anche poca fiducia nel pubblico che porta a proporre al cinema sempre le stesse tematiche?

Si. C'è paura del nuovo appunto.
Quando una formula funziona si tende a ripeterla fino allo sfinimento. Dopo il successo di Pranzo di ferragosto ad esempio, una casa di produzione mi ha detto “Fai Natale con i vecchietti” solo perché la proposta di persone anziane sullo schermo aveva funzionato una volta. Io, ovviamente, mi sono rifiutato.

Però Gianni e le donne, il tuo secondo film, tende un po' a ripetere lo schema di Pranzo di ferragosto.

Lo ricorda, sì. Comunque lì ci sono state diverse scelte su cui non ero d'accordo, a partire dal titolo: io volevo si intitolasse Il sale della vita, che poi sono le donne, ma il titolo proposto dalla produzione attirava più la gente, dando l'idea che fosse qualcosa di commerciale. Il pubblico inoltre, in Italia, non ha risposto benissimo, forse perché ho descritto un uomo italiano meno macho di quelli che si è abituati a vedere sullo schermo, mentre ha ottenuto più successo all'estero.

Sei un regista da molti ciak o da “buona la prima”?

Tante volte è stata buona la prima. In Pranzo di ferragosto ho permesso alle signore di muoversi liberamente, come volevano. Il primo giorno di riprese ad esempio, stavamo girando e io ho detto alle due attrici di fare quello che si sentivano, così, ad un certo punto sono uscite dalla camera e dall'inquadratura. Il macchinista mi ha chiesto se doveva fermare la ripresa, io ho detto di aspettare. Dopo un paio di minuti sono rientrate dicendo una battuta stupenda che abbiamo tenuto.
Fare molti ciak avrebbe tolto quella spontaneità che rendeva le vecchiette reali. Non sai quante volte mi capitava mentre recitavo di ridere per le loro battute e questo ha dato al film una marcia in più.

Questo modo, quasi al neorealismo, di fare cinema ha dato un'impressione di autenticità nella recitazione. È stata quindi voluta come scelta?

Assolutamente sì. Io davo alle attrici una serie di input che loro coglievano al volo e in maniera originale. Non sono rimasto incollato alla sceneggiatura e molte delle gags divertenti che sono uscite fuori erano spontanee. La battuta sull'asciugamano del bidet che copre il ciambellone è stata frutto di questa libertà.

Pranzo di ferragosto può essere considerato indipendente proprio per il basso budget, i protagonisti poco conosciuti e l'arte dell'arrangiarsi durante le riprese. Ed è stato un successo. Come possono, le nuove leve, girare un film senza il sostegno delle case di produzione o comunque con mezzi limitati?

Se si ha una storia, anche con pochi mezzi meglio farlo un film che non farlo.
Il cinema indipendente ha grandi potenzialità perché con meno mezzi la creatività è maggiormente stimolata. Tutto ciò che è una pecca o da problemi diventa un mezzo per aguzzare l'ingegno. Un po' come ho fatto con le vecchiette mentre giravo.
Il carrello, il dolly, le telecamere super-tecnologiche sono mezzi utilissimi e geniali che funzionano e vanno sfruttati ma, il pensiero che il cinema si possa fare solo con molta tecnicità, è un assurdo.
Questo è un insegnamento che ho avuto da Rossellini. Durante una sua lezione, che ho seguito quand'ero giovane, disse: “la macchina da presa è importante ma ciò che conta è la storia, quello che succede davanti la macchina, quello è cinema”.


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