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Piccoli Grandi Musei Italiani

Ravenna

Museo delle bambole

di Alessandro Gentili


È forse perverso pensarlo e scriverlo ma può anche essere utile che un bambino perda i genitori nell’adolescenza e, con essi, i suoi giocattoli. La vita mostrerà subito il suo volto più nascosto (e terribile) quello che tutti i genitori si affannano a celare.

È certo, in ogni modo, che alla mia adolescenza, amputata e sacrificata, vennero sottratti tutti i giocattoli che facevano riferimento a quel periodo. Non sorprenderà, dunque, la passione per certi altri giocattoli, come, appunto, le bambole. Non vorrei indugiare troppo su questo spostamento (dalle macchinine alle bambole) ma intendo proprio parlare di vere bambole, in noce scura, così vere, col letto a spalliera, la piccola sedia a dondolo, il lavabo e la brocca. E i minuscoli tappeti e i copriletto e la panchina e l’armadio con i suoi piccoli travestimenti. E la carrozza e il cavallo di legno, una carrozza e un cavallo che erano semplicemente una vera carrozza e un vero cavallo, riprodotti fedelmente. Bambole che provenivano da altre regioni, da altri tempi, che avevano superato due fameliche guerre, indenni, portatrici di ricordi di altre stanze, altre infanzie. E che erano giunte nella mia nuova casa (la casa dove non avrei più trovato i miei genitori bensì altri parenti) per ornare il mio nuovo letto, la mia nuova stanza. Ogni mattina si rifaceva il letto e ogni mattina su quel letto, che era il mio nuovo letto, venivano adagiate questi superstiti, questi sopravvissuti giocattoli di antiche infanzie che sarebbero state travolte dallo tsunami dell’epoca moderna.

   

Non stupirà dunque, a chi leggerà queste poche righe, che trovatomi a Ravenna, al Mausoleo di Galla Placidia, preferii visitare subito il delizioso piccolo museo delle bambole, fondato nel 2006 da Graziella Gardini Pasini che ha voluto condividere la sua collezione privata di bambole e altri balocchi, raccolti nel corso di molti decenni.

In questo museo hanno trovato spazio bambole e giocattoli di epoche comprese tra il 1860 e il 1950. Nel museo si trovano alcuni pezzi importanti di marche che hanno fatto la storia della bambola, come Jumeau, Armand Marseille, Lenci, Kathe Kruse, Tartaruga, Minerva e una piccola collezione di Kewpie.

Il museo non vuole essere solo un nostalgico viaggio nel passato ma un confronto con i modi di vivere e di giocare nelle varie epoche.

   

“Ecco un nuovo logo delle meraviglie; ci si entra per ricordare, per ritornare nel tempo fatto di giochi dimenticati, una dimensione magica dove ci si aspetta la fanciullezza; tutto il bello possibile.” (Gastone Scheraggi, prefazione del catalogo).

E così, eccoci tornati al filo conduttore di queste visite: la ricerca della Bellezza dimenticata. Negli angoli più bui dei moderni caseggiati costruiti come alveari, i bambini di oggi crescono tra cellulari e televisori, computer e playstation, ignorando che, appena dietro di loro, altre generazioni hanno giocato con le costruzioni, i meccani, le macchinine, i piccoli laboratori di bricolage, le bambole...

   

Fuggito quel tempo, ahimè, non resta che attendere, impotenti, ad altri orribili fatti di cronaca, figli di queste infanzie maciullate e inghiottite nell’implacabile ruota del progresso che tutto vince, tutto strozza e senza posa richiede altre vittime.

   


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)