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racconto

Hermann

di Ruggero Scarponi

Come d’abitudine il caro Hermann attendeva gli ospiti nella sala da pranzo grande e sebbene fosse avvezzo a quel ruolo, non di meno la padrona di casa stava bene attenta che nessuno lo disturbasse più di tanto, durante il ricevimento.

- Se vogliono andare da lui – diceva l’anziana signora tutta indaffarata- Per me, non ci sono problemi - ma sai come sono i miei ospiti - continuò - non appena lo vedranno lo vorranno tutto per loro, specie le signore, e io temo che me lo strapazzino troppo, povero caro.

Durante la festa una ragazza molto carina passò accanto a Hermann sfiorandolo con il braccio nudo.

Subito tornò sui suoi passi e dopo aver platealmente ammiccato maliziosa, gli regalò un bel sorriso. Per la verità non c’era in tutta la città, una ragazza in grado di resistere a Hermann. Era più forte di loro, appena lo vedevano non potevano trattenersi dal sorridergli o dal lanciargli sguardi civettuoli. Alcune sfrontatamente protendevano verso di lui le labbra fino a mimare baci segreti e appassionati, ma stando ben attente a non farsi scorgere dai mariti o dai fidanzati.

La padrona di casa controllava severa che nessuno osasse mancargli di rispetto. E questo perché aveva scoperto, casualmente, che talune giovani signore, a volte nel pieno di una festa e forse anche un po’ brille, dopo essersi fatte ammirare da tutti i lati, per così dire, non avevano esitato a tirarsi su la gonna in sua presenza con la scusa di allacciarsi una giarrettiera, figurarsi! Eppure per non tradire le peculiarità del suo sesso, anche la padrona di casa, nonostante l’età avanzata, aveva trovato l’occasione di sorridergli, sebbene furtivamente.

Hermann da parte sua se la rideva di tutti quei sorrisi. Che volete, per uno come lui era normale.

Appena uscito dalla casa paterna, un’antica dimora stimata in tutta Europa, si era fatto subito notare, soprattutto per la straordinaria luce che emanava dai suoi occhi, e come dicevano tutte le donne con cui aveva avuto a che fare (e vi assicuro che queste erano ben più numerose di quante fossero contenute nel famoso catalogo di Don Giovanni), ti rapiva quasi, ti ipnotizzava…

La sua tattica era semplice ma efficace. Si basava su una buona dose di mistero cui nessuno è in grado di sfuggire, ma in particolare le donne. Se qualcuno pensasse però che Hermann, fosse un bugiardo per questa sua capacità di ridere con tutti, senza falsi pudori e in particolare con il gentil sesso, sarebbe gravemente in errore. Volubile senz’altro sì, ma falso no di certo. Per questo era amato soprattutto dalle ragazze giovani, che lo corteggiavano nella speranza di convincerlo prima o poi a….

Ma quando, in qualche rara occasione, venivano a trovarsi a tu per tu con Hermann poteva capitare e capitava, che qualcuna si lanciasse in dichiarazioni di sapore melodrammatico:

- Così, come ora, per sempre!

Ma Hermann come abbiamo detto non era facile da convincere, soprattutto perché sopra ogni cosa amava essere libero e senza legami. Quante donne ci avevano provato! Alcune, che si erano trovate sole con lui, si erano lasciate andare a comportamenti lascivi e provocanti e lo avevano tentato in tutti i modi. Perfino le giovanissime, le bambine addirittura, con le labbra piene del rossetto della mamma, attirate dalla sua luce morbida e conturbante lo avevano assalito nella penombra di una camera e baciato impudicamente. Hermann non era tipo da fare drammi per questo, considerava tali manifestazioni, innocenti giochi infantili o adolescenziali e forse necessari per affrontare senza traumi i giochi che sarebbero arrivati nelle età più complicate. Sapeva benissimo, infatti, che quello era per così dire, il suo destino, si sentiva nato per quello e non aveva mai dato importanza a certe esibizioni, solo, desiderava che tutto avvenisse, se possibile, alla luce del sole, al buio purtroppo si sarebbe perso, come Sansone, cui avessero tagliati i capelli.

Hermann visse molto a lungo passando attraverso le generazioni senza apparente disagio. Conservava intatto il suo fascino, continuando ad ammaliare le donne di ogni età e condizione.

Quando fu avanti negli anni scoprì senza particolare disappunto che persino gli uomini lo guardavano con interesse, cominciando a sorridergli. Non se ne fece un cruccio e rispose ai loro sorrisi, tranquillo, senza fare distinzione tra i sessi.

Anzi scoprì negli uomini una vanità insospettata. Finora aveva sempre dovuto assecondare le frivolezze femminili ma dagli uomini giungeva una sfida alla quale non si sentiva preparato.

Non era raro il caso, infatti, che qualcuno di quei signori che frequentavano la casa lo interpellasse e lo intrattenesse intorno a questioni complesse vaste e profonde.

Un giorno un tale, un tipo con una barbetta grigia lo interrogò su una materia della quale riteneva che Hermann fosse un grande esperto. Non so da cosa derivasse tale convinzione ad ogni modo voleva sapere che cosa ne pensasse della dimensione temporale e della relativa percezione umana del fenomeno.

- Suvvia, vecchio mio – insistette la barbetta grigia – non vorrete farmi credere che un acuto osservatore come voi, non serbi la chiave di questo mistero? Vi ho visto, sapete, con quanta attenzione riuscite a cogliere ogni particolare ogni minuzia, nulla vi sfugge: dunque, voi dovete sapere! Altrimenti a che pro, tutto questo interesse?

Ma Hermann, non avvezzo alla filosofia, si era limitato a rispondere con il sorriso, al sorriso di scherno e di disprezzo con cui l’aveva salutato l’uomo, deluso per non aver ricevuto una soddisfacente risposta.

- Siete un superficiale! Un volgare superficiale capace solo di fissarsi sulle apparenze!

Così gli urlò la barbetta grigia mentre si allontanava da lui pieno di risentimento.

Hermann, visto che l’uomo gli voltava le spalle fece altrettanto, a ben pensarci, assai risentito anche lui.

Tuttavia se un terzo osservatore avesse assistito alla scena, forse avrebbe potuto confutare le affermazioni della stizzosa barbetta. Hermann era stato accusato in poche parole di essere superficiale, quasi volgare nella sua inazione, incapace di sentimenti e di penetrazione psicologica…eppure se avesse ben osservato, il suo interlocutore! Che dire, infatti, di quella piccola ruga di espressione o dell’accendersi improvviso delle guance nell’esplosione di una violenta emozione! Altro che incapacità di penetrazione psicologica! Su di lui persino le più nascoste sensazioni giungevano in superficie per essere rivelate…

Un giorno una nuova padrona di casa lo apostrofò in maniera decisa:

- Caro Hermann – disse con una certa dolcezza – non sei più quello di una volta. Gli anni hanno lasciato il segno anche su di te che sembravi immortale…

Hermann guardò la signora con il suo stesso sguardo pieno di compassione e che sfumò ben presto in un sorriso amaro. Comprese allora che quella sarebbe stata la sua fine.

La nuova padrona di casa fece sistemare Hermann nella soffitta e questo non sarebbe stato un dramma per lui, data l’età veneranda non aveva più bisogno di molto spazio e poteva far a meno anche delle relazioni sociali, ma l’essere tenuto al buio a causa di certe macchie di cui si era riempito, finì per spegnerlo lentamente. Hermann morì alcuni mesi dopo a seguito di una caduta. Un domestico maldestro salito in soffitta per non so quale servizio, lo urtò distrattamente facendolo cadere in terra.

In tutta la casa si udirono le urla di disperazione dell’uomo:

- Sette anni di disgrazia, sette anni! Come non fossi già abbastanza disgraziato di mio.

Hermann giaceva a terra. Era in mille pezzi. Ognuno di quei pezzi si sforzava di sorridere ancora una volta, per l’ultima volta, se solo ci fosse stato qualcuno lì con lui. Ma la soffitta era rimasta al buio. Quando Hermann fu portato via non pochi trattennero le lacrime. Quanti sorrisi e quanti volti lo ricordavano con affetto. In quella casa non era passato invano. Proprio come diceva la pubblicità: Uno specchio Hermann dura una vita e non passa inosservato!


Racconti d’altri tempi  

Il Buffo

di Agnolo Camerte

Ciao Carletto, ciao Cesarino, come và? È un po’ che non ci si vede, sei venuto a ripassar la lingua?

Proprio così! Carletto, per me il nostro dialetto è bello e pieno di rimembranze antiche! È per chi vive lontano, piacevole riascoltarne la cadenza e la musicalità; inoltre mi fa tornare a mente tante storie passate che sono attuali anche oggi ! In fondo i tempi cambiano, ma l’animo umano...

Perché a cosa ti riferisci? Bè, sto pensando che la Pubblica Amministrazione deve pagare dai 90 a i 120 miliardi a quei poveri disgraziati che hanno lavorato per essa!

Come si direbbe in dialetto? Un mbuffu, ma questi sono di più, quindi due buffi, ma sono ancora molti di più, e allora? Tre mbuffi!.....Tre mbuffi: ma tre mbuffi sono tanti no?

Altrochè se sono tanti, sono la sommatoria dei reiterati ritardi dei pagamenti che mandano in malora quei poveri artigiani, commercianti, industriali piccoli e grandi che hanno avuto la sventura di accettare i lavori dalla Pubblica Amministrazione! Che pena mi fanno! Te l’immagini un padre di famiglia che ha sgobbato tutta una vita per realizzare un’attività commerciale dignitosa, si ritrova la notte a rigirarsi nel letto ed a lamentarsi perché non sa più come far fronte alle richieste dei suoi fornitori!

Ho sentito che un addetto a questi pagamenti è stato arrestato perché si teneva dei soldi di alcuni creditori in un suo conto corrente, per lucrarci gli interessi e la mazzetta!... E capirai, rispose Carletto: uno su mille non ce la fa. Magari li beccasero tutti!

Cesarino, mi fai ricordare il primo processo penale al quale ho assistito da studente di giurisprudenza. Anche allora (anni 60) c’erano parecchi creditori e debitori in giro per la fiera del sabato. La gente non aveva tanti soldi in tasca e si arrangiava cercando di progredire.

I nostri due protagonisti si incontrarono casualmente ai bagni pubblici per un bisognino impellente. Si riconobbero ed il creditore fece all’altro: quando mi ridai i soldi, quando lo sistemi sto buco che hai?..L’altro di rimando rispose: non ti preoccupare che se mi va bene un’affare che ho per le mani, il primo buco che attappo è il tuo!

Scoppiò il finimondo! Botte da orbi, calci urla, una vera e propria scazzottata che richiese l’intervento dei Carabinieri per separarli. Seguirono le immancabili querele ed il processo, che fu tutto da ridere!

Non era invece da ridere la situazione di Pierino, quello con la barba che aveva un negozio dove trovavi tutto! Trovavi tutto, ma tanti non avevano i soldi, pur essendo proprietari terrieri o mezzadri….

Conseguentemente se il raccolto andava male i clienti andavano da lui e chiedevano di segnare ; pagavano dilazionando il debito, quando pagavano…. Pierino segnava e segnava sui libretti i suoi crediti…

Lui che era un brav’uomo aspettava e poi si dava da fare per far rientrare i crediti. E a Natale andò bene, qualcuno incominciò a pagare…..anche in natura, con il maiale, i polli, i capponi , formaggi ecc ecc. Ti ricordi Cesarino? Tornai a casa e trovai dentro la legnaia del piano cucina, una trentina di polli , legati che starnazzavano là dentro. Come non fare lo scherzo alla mamma e slegarglieli tutti gettandoli starnazzanti per la cucina? Successe un macello! Però i cappelletti in brodo quell’anno furono tanti e buoni grazie anche all’aiuto della Fratona che mi portò anche la cicoria selvatica di campo!....Fu un buon Natale, anche se i debitori per lo più pagarono in natura…….I soldi erano pochi, ma si andava avanti.

E che c’entra questo con la Pubblica Amministrazione’ osservò giustamente Cesarino, non vorrai dire che anche essa deve pagare in natura! Certamente no! Però ho sempre quel pallino di idea che a certi Amministratori farebbe tanto bene andare a zappare la terra! Circolerebbe di più il sangue, il cervello si rinfrescherebbe e magari si renderebbero meglio conto di quale grande responsabilità sono investiti e di quali danni possono essere responsabili.

Ti pare possibile che non paghino quei poveretti che hanno lavorato? Quanti falliscono o sono già falliti, quanto è disastroso il ritardo dei pagamenti, per tutta l’economia nazionale! Qui si corre il rischio di finire tutti a carte quarantotto! Speriamo che quei soldi “ congelati” tornino presto in circolazione! Congelati poi! Ma che dicono sono sotto ghiaccio congelati?...

C’è pericolo che vada a finire come a Silvestrino…Ma che ti viene in mente? Chiese Cesarino! Ma si ! Silvestrino il ciabattino che si bevve all’osteria gli ultimo soldi che aveva! Non ti ricordi? Era inverno, un freddo cane… fece un metro di neve e non lo trovavano più, poveretto; dopo tre giorni uno spazzino lo ritrovò sotto un cumulo di neve ai giardini…ancora ubriaco e mezzo assiderato , ma vivo! In Ospedale lo scaldarono e lo rifocillarono e lui poco dopo tornò addirittura a lavorare risuolando scarpe e soprattacchi ed ad ubriacarsi tutti i sabati! Si era scongelato!......Tutti lo facevano lavorare per aiutarlo.

Chissà se dopo il “congelamento” tutti quei miliardi serviranno a riscaldare la nostra economia e a farla ripartire; pensaci Cesarino: corriamo il rischio di pagare noi in natura! La cosa si può rovesciare, la P.A. manda tutti noi a zappare la terra se l’economia non riparte. I Buffi resteranno mbuffi (Debiti) e la gente continuerà ad azzuffarsi per riscuotere. Temo sia vero che da una rapa non puoi cavar sangue…

Ma chi è sta rapa chiese Cesarino!? Lo Stato naturalmente, la P.A. capito? Bisogna che sia tutto ammodernato, che sia messo in primo piano il merito e la produttività. Ho capito: ecco perché Silvestrino continuava a ubriacarsi: non sapeva più che fare per tirare avanti. Quelli piccoli come lui vanno soprattutto aiutati ……Ce la faremo? Chissà!

Ed allora come la vedi? La vedo ancora nera, rispose Carletto, ma la speranza….si sa è sempre l’ultima a morire!


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)