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Racconti d’altri tempi

Il Barbagianni n.2

di Agnolo Camerte

Carletto! Carlettooo! Corri ! Vieni giù! Ti faccio vedere una cosa!....Corri! Spicciati!
Ma che vuole? Che è successo? Pensò Carletto un po’ preoccupato per il suo amichetto…..Mi sa che è caduto e come al solito si è sbucciato un ginocchio!.....Preoccupato fece le scale a quattro e in men che non si dica era in strada ; pensava convinto, che nonostante fosse più grande di ben tre anni ne avesse combinata una delle sue: era più pasticcione di lui. Potevano fare a gara ma quella dei cerotti e delle fasciature alle ginocchia Cesarino la vinceva!

Era spericolato e vivacissimo. Una ne faceva e cento ne pensava! Carletto ne aveva da imparare di cose!.. Trafelato Carletto si infilò nel portone di Cesarino che lo stava aspettando, pugni sui fianchi, aria da superganzo e risatina da sfottò…”Indovina Carletto, indovina!”

“Che cosa c’è? E’ morto il gatto? Ma che vuoi, che è successo? Mi hai messo paura! Ma che devo indovinare! “ Rispose Carletto già temendo uno dei soliti scherzi da prete di Cesarino…Insomma che vuoi?
Vieni con me! Seguimi! Rispose perentoriamente, dirigendosi verso la legnaia…”Dai! Spicciati, entra!” e subito “sbamm!” chiuse la porticina. La legnaia era buia, naturalmente; c’era una finestrella dalla quale entrava una luce che la teneva tutta in penombra.
La catasta della legna e delle fascine da ardere rendevano quella cantinella ancora più buia e piena di ombre misteriose….

Carletto con fare guardingo e sospettoso….sottovoce gli disse: ma che sei andato a rubare l’uovo fresco ad Amalia? Già perché Cesarino che era magrolino, non si beveva le uova delle sue due gallinelle; mingherlino come era riusciva ad intrufolarsi nel pollaio di Amalia che ne aveva tante e si prendeva ogni tanto un uovo; lo divideva con me, a condizione che io portassi l’ago da lana per bucarlo e che mi succhiassi solo l’albume che a lui non piaceva!

Macchè uovo, stai attento che quello ti becca! Rispose Cesarino.
Poi si sentì un forte battito d’ali e l’aria che si muoveva. Fece un salto indietro, con il cuore in gola per lo spavento! In quella luce fioca intravide due ali robuste che battevano l’aria e la sagoma come di un pollastrello; ma non era un pollastrello, bensì un piccolo barbagianni che cercava di avvicinarsi alla finestrella illuminata!

Ma come hai fatto! Come diamine ce l’hai Cesarino! Come l’hai preso!
Me lo ha portato mio fratello; era andato a sciogliere le corde delle campane e l’ha trovato sul soppalco del campanile…Probabilmente è caduto dal nido , rispose trionfante! Guarda quanto è bello!

Ho capito, che fortuna che hai! E’ proprio bello, ma è ancora piccolo, che gli diamo da mangiare chissà se mangia la carne? Chiese Carletto. Ma certo! Rispose Cesarino che essendo più grande di tre anni sembrava sapesse tutto, era più grande, per forza, lui lo sapeva cosa mangiasse!
Va bene, ma che carne gli diamo! Io non ce l’ho e mamma nemmeno, come si può fare? Pensa e ripensa e Carletto suggerì che aveva visto la zia Marittuccia tirare il collo ad una gallina che non faceva più le uova……

Ma Cesarino aveva sempre delle idee brillanti! Lui era più grande!..... Ma no, Ma no rispose, Cesarino, le facciamo credere che glelo ha rubato Mitzy, la gattina, che si sa è una ladra incredibile; ma non l’hai vista pure ieri che l’ha presa per la coda e l’ha fatta volare via dalla finestra; quella niente, cade sempre in piedi e torna immediatamente, illesa, dietro la porta della cucina a miagolare per il suo pezzo di carne! I gatti hanno sette vite, ma Mitzy ne ha otto! Non ti preoccupare, Datti da fare! Io intanto provo a dargli un po’ di acqua! Povero Barbagianni era spaventato! Certo che quello non era il suo ambiente naturale e la bestiola non stava tranquilla. Allora la lasciammo sola ed andammo dalla zia Marittuccia per la merenda…..
Mentre lei distratta, preparava la nostra fetta di pane con la marmellata, un bel pezzo di quel pollo ….prese il volo…..! Naturalmente la povera Mitzy dopo si beccò una botta di scopa e tutta la colpa!......
Portammo quella carne a quel povero barbagianni che naturalmente non la mangiò. ( loro mangiano i ratti!)…Appendemmo allora quel pezzo di pollo alla sua portata di becco, lasciandolo da solo per farlo mangiare, ma l’indomani ci accorgemmo che non aveva toccato cibo. Sicome la Facoltà di Veterinaria era vicina pensammo che forse il Professore avrebbe visitato quel barbagianni…..Riuscimmo a farglielo vedere ma la diagnosi fu funesta purtroppo….I nostri visi presero un’aria talmente triste che quel buon Professore, prima che scoppiassimo a piangere ci disse: “Però potrei imbalsamarlo e metterlo vicino all’altro barbagianni! Che ne dite?” Magari! Professore! Rispondemmo in coro. Infatti dopo un mesetto lo vedemmo come vivo accanto all’altro barbagianni adulto. Ed erano una bella coppia!
Andando via dal museo di storia naturale, passarono avanti alla cagnetta di Carletto, Alba, un bellissimo setter italiano, morto per un morso di un aspide, durante la caccia, ed imbalsamato dal Prof. Stoppoloni.
Carletto disse allora a Cesarino: il tuo barbagianni in fondo non era male, ma guarda la mia cagnetta Alba: non è spettacolare? Sembra ancora viva! Fortuna che ora ho Vispa per divertirmi, lei è molto giocherellona e bravissima a caccia. Che bello avere un cane! Io amo tutti gli animali, e tu? Io pure! Rispose Cesarino. Come si fa a non amarli: sono la nostra più bella compagnia!


racconto  

Una coppia

di Ruggero Scarponi

- Come? Cosa? - Disse lei con un’aria sorpresa e un poco divertita, dopo aver letto fugacemente il biglietto.
- Dunque, - riprese – fammi indovinare…No, no, prima l’età. Dopo, sarà facile risalire anche al nome.
Sapeva, infatti, la donna, che suo marito aveva un debole per le ragazze giovani, ancora adolescenti pertanto come dovesse indovinare la chiave di un gioco di enigmistica, disse:
- Stavolta “siamo” sui Sedici? No? Quindici?Neanche? Dio ci salvi allora! – Esclamò spalancando ambedue le braccia mentre si era girata verso la finestra. Subito dopo, però, tornò sui suoi passi e si mise proprio di fronte a suo marito che la osservava da sotto in su, seduto su una poltrona, con un’espressione…serafica, a dir poco.
Entrambi, bisogna dirlo, avevano molto riguardo delle forme e anche in quella situazione si dimostravano all’altezza del loro rango di ricchi borghesi.
La donna indossava un grazioso abito da mattina, di lanina marrone con eleganti ricami a maglia sul petto e un “volant” intorno ai fianchi. Un tocco di frivolezza su una “mise”piuttosto austera, altrimenti. L’abitino le scendeva, poco sopra il ginocchio, morbido senza cinta né stringhe, accarezzando, sobrio e garbato la delicata figura. Indossava anche un delizioso cappellino, essendosi preparata per uscire, di quelli di moda negli anni venti, chiamato “cloche”, mi pare, una di quelle cupolette che racchiudono così bene la testolina della donna facendola apparire al contempo infantile e maliziosa. Un copricapo sfizioso e in tinta con l’abito.
Suo marito era impeccabile, come sempre d’altronde. Quella mattina aveva richiesto al suo cameriere personale la giacca blu con lo stemma del club, la camicia a righine, che avrebbe indossato senza cravatta ma con un bel foulard e i pantaloni color avorio.
Sembrava stessero conversando amabilmente di qualcuno dei loro amici o conoscenti. Erano così distaccati nel trattare lo spinoso argomento che essi stessi non riuscivano a esserne emotivamente coinvolti.
La donna cominciò a girare per la stanza pensierosa, stava evidentemente riflettendo sul nome della giovane che aveva incantato suo marito. Non aveva indovinato subito e questo la indispettiva. Mentre passava rapidamente in rassegna tutti i visi delle ragazze che avevano bazzicato per casa negli ultimi tempi, non risparmiava sguardi allusivi al consorte, nel tentativo di dare a intendere che aveva capito chi poteva essere, e che stesse bene attento, che a momenti ne avrebbe rivelato l’identità. Lo minacciava scherzosamente con l’indice. Infatti, a ben guardare la scena si sarebbe detto che la donna sembrava più interessata al gioco di smascherare la colpevole piuttosto che a rimbrottare suo marito e, infatti, trovò normale prendere un cioccolatino da un centro-tavola per gustarlo con piena innocenza.
- Ne vuoi anche tu? – disse rivolta a suo marito mentre schiacciava il dolcetto tra lingua e palato con evidente piacere.
- Ci sono! – disse a un tratto come colta da un’illuminazione improvvisa - E’ Betty, vero? Non dirmi di no, l’avevo capito. La piccola Betty, bella come una fragolina. Immagino che un uomo maturo debba trovarla irresistibile con tutti quei nastri e i fiocchi che le pendono dalle gonnelle, gli occhioni blu e le labbra tumide e rosse come ciliegie e …E’ Betty, vero? Lo supponevo, con quella sua aria da damina bisognosa di protezione, fragile come un cristallo e sinuosa come un giunco, benché acerba. Poveri uomini!
Suo marito la osservava, parlare, sempre più divertito. Il gioco della donna inteso a svelare il nome dell’amante evidentemente lo eccitava e lo appassionava. Tra i due si era stabilita ora una strana complicità. Può darsi che la piccola Betty o qualcun’altra si fosse insinuata tra loro, ma avrebbe mai potuto scalzare sua moglie dal suo cuore? Quel gioco così raffinato e, diciamolo pure, anche un po’ trasgressivo, rappresentava così bene l’essenza del loro rapporto, che quasi ne sembrò commosso.
- Dunque, vediamo – parlò a voce alta la donna – se non è l’ incantevole Betty, mi costringi a cambiare tipologia. Niente adolescenti, stavolta?
- Sarebbe una novità, amore mio! Si vede che con l’età…- non finì la frase, che giudicò decisamente volgare.
– Stanno diventando troppo impegnative, le ragazzine, vero? – aggiunse, quasi consolatoria e per nulla ironica.
Adesso fissava intensamente suo marito come se entrambi avessero avuto lo stesso pensiero, poi esclamò:
- Suvvia, questo non posso crederlo. Non posso credere che scenderesti al di sotto di Betty, come età, intendo, ti conosco troppo bene. Non sei il tipo di fartela con le bambine.
- Stavolta, però, amore mio, ammetto che si sta facendo dura – disse con un sorriso risentito. – Non è mai stato così difficile. Forse gli anni stanno avendo un certo effetto anche su di me. - E dopo una pausa meditata - Il mio intuito Santo Cielo! – esclamò improvvisamente turbata, come se si fosse avveduta della perdita di un prezioso oggetto personale – Il mio intuito: che fine ha fatto? Spero solo mio caro che almeno avrai avuto ancora una volta buon gusto, nella scelta. Ci resterei male, in caso contrario. E’ una questione di ruolo e…di dignità. Ecco, vediamo, ora ti dico io con chi non ti perdonerei mai un tradimento. Con la tua segretaria, ad esempio, mi sembrerebbe troppo scontato, villano addirittura, con Ines anche, troppo bella e troppo disponibile. Una ragazza facile, senza mistero. Una come lei che se ne va sempre in giro mezza nuda per casa, ha l’aria di una comparsa, la classica cameriera da film sexi. E poi…con Paola, la figlia dei nostri vicini, quella è innamorata di te da quando andava all’asilo, troppo facile, non sarebbe neanche una conquista e… e basta. Con altre donne se avessi un’ avventura non me ne risentirei, salvo il decoro, naturalmente. Comunque, amore mio sai bene che nei giorni nostri e nel nostro ambiente per giunta, certe cose avvengono normalmente, solo con un po’ di discrezione, magari. Qualcuno dice addirittura che persino il matrimonio può trovarne giovamento. E’ un modo come un altro per combattere la noia. D’altronde, per tornare ai casi nostri sai bene che l’ultima cosa che desidero è diventare ridicola agli occhi della gente. Odio le scenate di gelosia i musi lunghi in casa e quant’altro, dunque veniamo al punto, mi arrendo, me lo vuoi dire sì o no?-
Al silenzio di suo marito, la donna, mutò espressione, si fece improvvisamente preoccupata, non sembrava una storia ordinaria, c’era dell’altro forse.
Si avvicinò alla poltrona, dove stava seduto l’uomo e s’inginocchiò di fronte a lui, a mani giunte.
Per favore – implorò - con chi te la fai questa volta? -
Suo marito sorrideva senza rispondere. Allora lei, ebbe una reazione rabbiosa.
- Stai diventando odioso con quel tuo sorriso stampato in faccia. Mi prendi in giro, forse?
E ti diverte tanto farmela sotto il naso? E’ vero. Non riesco proprio a immaginare chi possa essere, “la femme”. Pronunciò la parola esasperando l’accento francese.
- Dammi almeno un indizio, ti prego!
Non c’era il minimo dubbio l’uomo la derideva ostinatamente.
Stavolta la donna perse la calma.
- Giuro – proclamò seria – che spero proprio che sia una volgare puttanella, e per soldi.
Poi andò decisa verso il caminetto, dove aveva trovato il biglietto che suo marito, sorpreso al mattino mentre lo stava scrivendo, non aveva completato.
C’era scritto solo “Amore mio…”
La donna cominciò a piangere sommessamente.
- Sei un mostro – urlò rabbiosa – un mostro. Ecco guarda come mi sono ridotta. A piangere, per causa tua, che te ne stai lì a ridere, beato, mentre io sto soffrendo.
Singhiozzava e i ricami sul petto sussultavano insieme a lei sconvolti, tristi.
Non sembrava più la Signora che dettava ordini ai domestici, piuttosto rassomigliava a una barchetta sperduta tra le onde di un mare tetro. Il volant che le ornava il vestito ai fianchi ricordava l’immagine di una vela lacera, abbattuta incapace oramai di gonfiarsi sotto l’empito di qualsiasi vento.
- E dammi un fazzoletto – protestò isterica - non vedi che mi scendono le lacrime. Le buone maniere almeno!
Ma suo marito non sembrava essere minimamente turbato dalla scenata e…rideva, rideva, serafico.
- Accidenti a te – gli urlò sua moglie e con gesto repentino gli si avvicinò per sfilargli il fazzoletto dal taschino, quello con l’emblema del club.
Tirò con rabbia e con forza, mentre le lacrime le scendevano copiose.
E continuò a piangere intanto che suo marito con un largo sorriso stampato in viso aveva seguito con tutto il corpo, il fazzoletto, finendo riverso sul pavimento.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)