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Fotografia

Kubrick

Quando è nato il regista non è morto il fotografo

di Giada Gentili

Il cinema è l’arte delle immagini in movimento.

Stanley Kubrick è stato uno dei più grandi registi mondiali di tutti i tempi anche perché, tra i tanti motivi, è stato prima di tutto un cultore delle immagini, e quindi delle fotografie, e poi del cinema.

A provarlo la mostra, che sta facendo il giro d’Italia, dei suoi primi scatti intitolata “Stanley Kubrick, il fotografo”, a voler affermare che, se non fosse diventato regista, avrebbe avuto il suo posto nella storia dell’arte come fotografo.

Le foto documentano come il suo occhio, completamente aperto, riuscisse a catturare, già da giovanissimo, dei veri spaccati della vita americana nel dopoguerra, spaccati reali, crudi, poetici ed evocativi.

Osservando la sequenza di scatti dedicata al lustrascarpe Mickey, un ragazzino newyorkese che lavorava per mantenere i fratellini, si ha davanti, scatto dopo scatto, una vera storia e l’impressione di guardare un film, ed emerge come il percorso di Kubrick doveva, quasi per forza, sfociare nel cinema.

Seguono gli attimi di vita del pugile Rocky Graziano, il mondo della boxe ispirerà in seguito il primo cortometraggio del regista, che mostra all’obiettivo un lato di sé non ufficiale né conosciuto (capacità di svelamento della realtà che Kubrick ha mantenuto fino alla fine), come le foto con la figlia o nella doccia; e ancora, la vita del circo dietro la quinte, anche in questo caso, poco nota e che può sembrare meno interessante del momento dello spettacolo.

La mostra non esalta tanto la maniacalità, l’ossessione per la perfezione, la ricerca dell’inquadratura perfetta che hanno reso Kubrik un mostro sacro del cinema, ma la sua capacità di saper cogliere l’attimo e di capire in che modo, quell’attimo, andasse visto attraverso l’obiettivo, essendo, i soggetti fotografati, persone normali o comunque non attori, che non avrebbero avuto la capacità di ripetere una stessa azione o di dare sempre la stessa intensità ad uno sguardo.

Gli scatti sono stati realizzati tra il 1945 e il 1950 e le storie raccontate nelle sue foto vennero pubblicate dal Look magazine che assunse Kubrick all’età di 17 anni.

Sternberg affermò, dopo aver visto Il bacio dell’assassino, che “quando nasce un regista non sempre muore il fotografo”, aggiungiamo che, se il fotografo era geniale, innovativo e invitava alla riflessione altro non poteva fare il regista. Doveroso quindi, anche se forse sin troppo ovvio, ricordare alcuni dei suoi capolavori che, in ogni frame racchiudono un quadro, un dipinto, una foto appunto, come Lolita, Barry Lindon o Arancia Meccanica.

Per chi ama Kubrick, per chi ama la fotografia, la mostra sarà al Chiostro del Bramante di Roma, cornice ideale e suggestiva, fino al 25 novembre.

   

   

   


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