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Racconto

Big-Ben

o: la cosmica necessità di versare il latte

di Ruggero Scarponi

Non ditemi che nella vostra vita non vi siete sentiti dire almeno una volta:

“è inutile piangere sul latte versato”.

Personalmente ho sempre detestato questa massima.

Arrogante e saccente nella sua ineluttabilità.

Che cosa volete che faccia, dunque, se ho versato del latte?

Come posso rimediare?

Ditemi qualcosa.

Mi chiedete di asciugare il pavimento?

Eseguirò con cura. E se non vi basta, mi metterò a quattro zampe come un cane o forse meglio, come un gatto, a leccare fin l’ultima goccia di quel maledetto latte, fintanto che non vi quietiate.
Ma a voi non basta, lo sento. Già scorgo il vostro sorrisetto malizioso.

Ebbene cosa avete da dire? Ho fatto quanto era in mio potere, no? E d’altronde posso affermare con sicurezza che se ho versato il latte voi non ne avete subito un gran danno. Guardate il pavimento è asciutto e lustro come nuovo. Ma voi dite che il latte lascia un alone e una volta versato... bla,bla,bla... non c’è modo di rimediare. A me non sembra. Guardate, guardate pure con attenzione. Ho ripulito e asciugato tutto alla perfezione. Di cosa mi potete accusare? Quel poco di latte versato se proprio insistete, ma in questo caso dovete essere affetti da una spilorceria quasi patologica, ve lo ripagherò, se questo è il problema. Ma per favore non fatemi più sentire quella massima. E’ un proverbio, dite? A me non sembra. La prima volta che qualcuno la pronunciò nei miei confronti mi risuonò dentro come una sentenza. E più ancora, come una maledizione. Vi meravigliate di come me ne possa avere a male? Evidentemente non ne avete compreso appieno il significato. Pensateci bene, cos’è che rende così terribile questa massima? Se uno dice: è inutile piangere sul latte versato…eh, già, bisognava pensarci prima, ora è troppo tardi... È come se un macigno... e che dico! È una montagna che ci seppellisce. Possiamo agitarci, protestare in tutte le lingue del mondo, pietire compassione, solidarietà, comprensione ma... niente, quel che è fatto è fatto e la responsabilità è tutta su di noi che volente o nolente abbiamo versato il latte.

Mi si dice: ma come non è chiaro il motivo?

Signori miei, no! Continuo a non capire le conseguenze della mia azione sventata.

Mi si dice, allora, prendiamola da lontano. Hai presente il nostro sistema solare? E più ancora la nostra galassia? E più ancora la Via Lattea, fin le lontane stelle, i pianeti, le comete, gli asteroidi e quant’altro ci possa essere nell’universo?

E allora? Rispondo io. Cos’hanno a che fare tutti questi corpi celesti col mio latte?

Ora vedrai, mi dite. Vedrai e capirai il nesso. Tutta questa massa che gira nell’universo e l’universo poi, l’Infinito. Una replica del Creatore, anch’egli Infinito. Infinitamente grande, Infinitamente buono. Buono a tal punto da concedere alla creazione la sua stessa qualità di Infinito.

E il mio latte? Mi vien fatto di protestare... perché a parte la banale correlazione con la via Lattea... Calma, calma, dite voi... calma. Tutta questa massa infinita si muove secondo criteri imperscrutabili ma talmente perfetti da confondersi in un moto infinitamente ripetitivo. E così infinitamente ripetitivo da tendere alla quiete, assoluta. Dunque, dite voi, non ti è ancora chiara la conseguenza della tua azione. Ma via! E’ evidente. Tu hai rotto un equilibrio!

Al che rido, rido di gusto. Suvvia mi viene da dire, tutte quelle storie, Dio, l’Infinito, La Via Lattea... Non vi sembra di esagerare la portata di una maldestra, ma tutto sommato innocente azione?

E no! Insorgete voi. E no, caro amico. Rompere l’equilibrio non è affare da poco. Tutto l’universo, e cioè l’infinito se ne stava quieto prima che tu versassi il latte.

E allora? Dico io, non verrete a dirmi che il mio latte ha turbato la pace universale!

Altroché dite voi, altroché!

Ma insomma cosa ho mai fatto che non si possa tornare indietro e rimettere le cose a posto?

Hai portato disordine. Ti suona strano? Dite voi.

Hai versato il latte. Ti sei comportato né più né meno di quando Adamo addentò la mela.

Santo cielo! Esclamo. Ho peccato allora? Contro Dio? Per così poco?

Ti par poco, mi rispondete, accendere la scintilla? Tutto si è messo a vibrare dopo. Non appena le prime infinitesime gocce di latte hanno toccato il pavimento è come se avessero provocato un terremoto di infinita potenza. E tutto l’universo, l’infinito universo che se ne stava placido nel suo “moto-immobile”, si è messo a vibrare, percorso da un’onda, da un capo all’altro, senza soluzione di continuità. Da allora non c’è più stata quiete e tutto si è messo a girare con un’agitazione e un’apprensione da lasciare sbigottiti. Dallo stato d’infinita quiete al movimento irrequieto della materia ribelle o se non ribelle, autonoma, quanto meno “libera”. Così hai dato inizio al tempo. Da quel momento, possiamo dire, da quel momento, nulla più, è rimasto quieto.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)