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racconto

Pure i Santi
tengono problemi

Una storia che potrebbe essere vera

di Ruggero Scarponi

- Don Giuseppe mio – si lamentò San Pietro – voi non potete sapere, non potete credere che lavoraccio è il mio!

- Che dite mai caro Don Pietro? – rispose sorpreso San Giuseppe - Non venitemi a dire che uno del vostro calibro e della vostra esperienza tiene problemi, proprio qui, in Paradiso dove per definizione problemi non ce ne possono essere?

- Eh! Dite bene Don Giusè. Eppure date retta a me, che sono antico quanto a voi, quassù, un poco di stress, nel tempo, si accumula e poi...

- Ma Don Pietro mio, voi mi confondete! Mi parlate del tempo! E quando mai? Qua il tempo non esiste, non è mai esistito. Che andate dicendo? Gesù, non ci posso credere!

San Giuseppe era trasecolato alle affermazioni di San Pietro e si era tutto accalorato, non potendo accettare simili teorie in contrasto con l’ordine perfetto e immutabile delle celesti sfere.

Tuttavia essendo un brav’uomo non se la sentiva di lasciare l’anziano portinaio con tanto d’ubbie non risolte. Per cui, recuperata la necessaria e serafica calma disse:

- Ditemi dunque amico mio e se posso vi darò un giusto consiglio.

E si dispose all’ascolto.

San Pietro che un po’ si era risentito per il rimprovero di San Giuseppe, prima di esprimere i suoi dubbi non si trattenne dal dire:

- Eh, Don Giuseppe! Vorrei vedere a voi tutto il giorno a guardia delle sacre porte. Voi non vi sognate nemmeno quanta gente infingarda ci si prova a passare senza averne i requisiti! E quanti raccomandati! Gesù mio! E poi, vi pare semplice dover dire di no a questo e a quello! Tutta brava gente in fondo, con qualche peccatuccio al massimo. Eppure voi mi dovete credere. Mai una volta mi sono lasciato commuovere.

San Pietro a questo punto si arrestò pensieroso.

San Giuseppe invece che aveva ascoltato con spirito fraterno gli batté una mano sulla spalla e con aria seria e comprensiva disse:

- Se è solo questo che vi angustia, posso benissimo venirvi io d’aiuto. Basterà che vi prendiate un po’ di svago, di riposo... io per esempio potrei sostituirvi, sempreché sia d’accordo... voi mi capite...

Ma San Pietro scosse il capo gravemente.

- Grazie. Non è del lavoro che mi lamento, in fondo.

- Allora, proprio non vi capisco – esclamò, San Giuseppe – Non avete detto che fare il guardiano alle sacre porte vi stressa? Dunque?

- Il problema è un altro, credetemi.

- Non ho dubbi Don Pietro, ma almeno fatemi capire qualche cosa, se posso sapere.

- Il fatto è questo – chiosò risoluto San Pietro – vi sembrerà strano caro Don Giuseppe ma strano assai, ma a volte a prendere certi partiti, a dare certi giudizi…è come se all’improvviso mi venissero meno le certezze, le sicurezze di un tempo. Non faccio per dire ma una volta, quando ero giovane, bastava che un’anima bussasse alla porta che già dal modo di come bussava sapevo che destinazione darle. Con una mezza occhiata poi andavo sul sicuro e senza ripensamenti.

- E allora? – chiese incuriosito San Giuseppe – che accade mai che ora vi vengono questi dubbi?

- Eh sentite a me e giudicate voi stesso. Dunque capita un fatto, e non è il primo, che veramente mi ha messo pensiero, volendo fare le cose giuste.

Qualche giorno fa, caro Don Giuseppe, qualche giorno fa, terrestre naturalmente, si presentano cinque galantuomini, tutti convinti di avere le carte in regola per venire a godersi il Paradiso.

Io, che l’esperienza non mi manca, come giustamente avete detto voi, Don Giuseppe, ci metto un niente a capire che qualcosa non va e che c’è bisogno di approfondire.

E quelli a protestare i loro diritti che a sentirli uno per uno avrebbero convinto pure le pietre.

Eppure...

Eppure...

- E non tenetemi sulle spine caro Don Pietro – protestò San Giuseppe che si era appassionato alla storia ed era ansioso di conoscere il finale.

- Eppure – continuò San Pietro – c’era puzza di bruciato.

- Di bruciato? – fece eco San Giuseppe.

- Proprio di bruciato – confermò San Pietro.

- E come può essere? – Incalzò San Giuseppe – pensavano di farvela a voi? Ci vuol ben altro!

- È quello che ho pensato anche io – rispose San Pietro – per cui senza perdere tempo mi faccio raccontare come fu che così giovani tutti quei galantuomini si erano venuti a trovare al mio cospetto, un poco anzitempo.

- E dite, dite Don Pietro, non tergiversate che il fatto m’appassiona.

- Si certo, ora vi dico, ma poi dovete dirmi voi spassionatamente che ne pensate e se ho fatto bene ad agire come ho fatto.

- D’accordo, sicuro, raccontate, però, e poi non vi farò mancare la mia opinione.

- Insomma per farla breve – riprese San Pietro – accade che un lunedì mattina, dalle parti del Lungotevere a Roma, uno dei galantuomini di cui vi ho detto, alla guida di una macchina nuova, nuova, fa per parcheggiare. Oh sentite a me Don Giuseppe, perché questo inciso è importante assai nella comprensione della vicenda. Lo sapete voi che trovare un parcheggio a Roma sul Lungotevere alle otto di mattina di giorno feriale equivale a trovare una fonte d’acqua minerale nel deserto del Sahara? Lo sapete? Bene; dunque come vi dicevo, costui fa per parcheggiare quando s’avvede che un’altra automobile avrebbe ambito a quel posto. E con ragione, direi. Trattandosi di un’automobile condotta da una madre di famiglia con quattro figli a bordo. La povera donna si vedeva già disperata ad aver perso una simile occasione. Figuratevi voi Don Giuseppe, quella donna doveva posteggiare per poter portare a scuola i figli. E dopo doveva andare a lavorare e potete immaginare voi...

- Eh si capisce, si capisce – rispose San Giuseppe con espressione assorta.

- A questo punto però l’uomo rendendosi conto che l’urgenza della donna era maggiore della sua, con atto di umiltà e di grande cavalleria, senza esitare, si ritrae dal posto appena conquistato per fare spazio all’automobile della madre di famiglia.

- Eh però – esclamò San Giuseppe – che bravo giovine! Ancora se ne trovano, a quanto pare.

- E già, ma non è questo il punto che anzi qui sta l’inghippo, Don Giuseppe mio, che voi mi dovete aiutare a risolvere, perché si dal caso che facendo manovra di retromarcia il giovane, nell’ansia di compiere un gesto di bontà, non s’avvide dell’arrivo di un’altra vettura.

- Oh Signore mio – esplose San Giuseppe – e che n’è stato?

- Voi vi potete immaginare – rispose San Pietro – vi fu un cozzo che ne parlarono tutti i giornali e io mi trovai in quattro e quattr’otto alla porta il giovane che aveva voluto fare il bravo figliuolo e i quattro della vettura che sopravveniva.

- Uh! Urlò San Giuseppe – povero Don Pietro mio, ora vi capisco anche a voi! E come si fa, voi dite a giudicare, è un inghippo grande assai questo.

- Eh, fosse solo questo, non dico che sarebbe stato semplice, ma ben altri n’ho veduti. Il fatto è caro Don Giuseppe che i quattro della vettura investita dal bravo giovine, non erano, per così dire, altrettanto bravi figliuoli.

- Uh e che dite mai, Don Pietro, spiegatevi, fatemi capire.

- Infatti, quei signori se ne venivano di gran carriera dopo aver compiuto una rapina in una banca dall’altra parte della città.

- Ahhh! – esclamò con sollievo San Giuseppe – ma allora tutto s’aggiusta, tutto diventa più semplice.

- Semplice? Vi pare semplice a voi? Allora vediamo come stanno le cose.

Il bravo giovine si può certo lodarlo per il suo atto di rinuncia. Fatto con piena buona fede. Ma questo giustifica una manovra sventata che ha provocato oltre alla sua, la morte di altri quattro giovani?

E questi, è vero che sono stati uccisi inconsapevoli ma sulla coscienza avevano ben più che un peccatuccio... oltre al fatto che anche loro venivano un po’ troppo spediti...

Dunque da una parte un gesto lodevole ma sproporzionato, viste le conseguenze. Dall’altra quattro peccatori ma vittime innocenti, in faccia alla morte.

- E allora? Don Pietro voi che avete l’esperienza, che avete deciso?

- Io? – volete proprio saperlo? Ma no, non è la mia decisione che interessa, piuttosto invece...

Qui l’Autore ha deciso d’interrompere la storia e la domanda la rivolge ai lettori -

E voi, cari lettori, che avreste fatto? A chi avreste aperto le porte del Paradiso? Dei cinque, chi avreste accolto? Uno? Tutti? Nessuno? Pensateci bene però, perché da quelle parti, su nelle alte sfere, certi giudizi sono definitivi, non si torna indietro.

Buona fortuna!


Racconti d’altri tempi  

Feste dei Paisitti

di Agnolo Camerte

Negli anni cinquanta ogni occasione era buona per fare festa. Soprattutto in certi piccoli paesini dove non succedeva mai nulla ; i ritmi delle giornate erano scanditi dal suono delle campane. La S.Messa, il lavoro nei campi, la Benedizione serale, la cura della stalla, la cena, una chiacchierata con il vicino e poi a dormire.

Radio e televisione (per fortuna?) non c’erano!

L’avvenimento più atteso dell’ anno era, per tutti i compaesani , la festa del Santo Patrono. Se il raccolto era stato buono, le donne la preparavano e progettavano per mesi ; il comitato della festa, presieduto dal Parroco, decideva come spendere e cosa fare. La banda era sempre considerata necessaria per la riuscita della festa . Senza di essa la processione del Santo Patrono e la festa non valevano nulla. Fu così che anche a Marcuccio capitò di essere chiamato per il “servizio”; era un ragazzotto che prometteva bene e così il direttore lo fece suonare come prima tromba solista... Cha emozione! Era la prima volta! Che contentezza!..Il mattino della partenza la sua mamma premurosa, dopo la colazione mattutina, gli rifilò un paninone con la frittata che a lui piaceva molto, perché “non si sa dove mangi, stai via tutto il giorno!”. Marcuccio partì con in mano la tromba e nell’altra il paninone, salendo con altri su uno sgangherato camioncino residuato di guerra che andava a legna! Sembrava uno scaldabagno che però sbuffando e traballando li portò tutti a destinazione. Durante il percorso il paninone sparì perché Marcuccio con quella mano si doveva aggrappare per non cadere fuori dal camioncino. Nel paese in festa, vigeva ancora l’antica usanza della “frasca” gettata avanti l’uscio di casa. La banda non poteva oltrepassarla se prima non avesse accettato, un dolcetto, un bicchiere di vino, un caffè e quant’altro il paesano aveva generosamente da offrire. Capirete una cinquantina di case su e giù per la via non erano uno scherzo! Poi arrivata l’ora del pranzo i paesani invitavano tutti alla loro tavola . Marcuccio, accortosi che il Parroco aveva una bella panza che lo rendeva ancora più imponente, arguì che in canonica si mangiava bene, anche perché si sentivano gli effluvi del forno acceso. Si sentiva profumo di vincisgrassi e Marcuccio ne era ghiotto...

Detta la preghiera tutti seduti a tavola (erano tanti…) Si iniziò con gli antipasti:

- Affettati di salame, lonza, prosciutto, cacciatorino, salsicce di fegato ed in agrodolce, salame duro e ciavuscolo , crostini di fegato, di maiale , e crostini alla salsa di starne ( il prete era gran cacciatore) crema fritta, verdure fritte, olive ascolane.

Marcuccio ora aspettava i vincisgrassi... Macchè! che delusione! Arrivò la stracciatella in brodo... E poi un piatto di bollito con la cicoria di campo! Marcuccio mangiò con appetito pensando che il pranzo era tutto lì... Ma no! Inaspettatamente servono gran piatti di vincisgrassi talmente buoni che come si faceva a rifiutarne altre porzioni…Forse era l’aria fresca del mattino che aveva messo appetito!.. Di fatto tutti ne mangiarono a sazietà. Ma non fini li perché poi arrivarono gli arrosti, di vitello, di maiale (la porchetta), i piccioni ripieni, ed infine la cacciagione... Contorni di verdure, patate ecc. Il tutto cucinato con la straordinaria, generosa sapienza antica delle massaie della campagna, per tutti gli ospiti della festa.

Marcuccio non si era sbagliato; durò quattro ore quel pranzo che alla fine stese tutti sotto l’ombra di un pagliaio, per l’inevitabile pennica post prandiale..

Poi si tornò a suonare. Tutte le marcette del repertorio furono eseguite bene con piena soddisfazione del Maestro direttore e dei paesani che continuarono generosamente ad offrire di tutto.

   

Si divertirono tutti molto, anche grazie ai numerosi scherzi che si inventava il percussionista.

Dentro il basso tuba finì di tutto: panini, dolci, ossa di pollo, persino un bicchiere di vino...

Calata la sera, alla luce di un bel falò, sull’aia, incominciarono a ballare al ritmo frenetico di un organetto “lu sartarellu” . Quello si che era un buon digestivo... Ci voleva una bella resistenza per ballarlo!

Marcuccio si divertì moltissimo e tornato a casa, orgogliosamente soddisfatto, disse ai suoi che non solo non aveva fatto neanche una stecca con la tromba, ma che non... aveva neanche appetito per la cena... Capì quel giorno quanto fosse grande la cristiana, generosa ospitalità , di quei paesani, desiderosi di condividere con tutti la loro gioia di preparare una bella festa del Santo Patrono.

Ripensando a quella giornata Marcuccio capì anche che allora, con quel poco che si aveva, ci si divertiva tutti insieme moltissimo mentre oggi nelle grandi città, si vive troppo da soli , in mezzo a tanta gente sconosciuta. Relazionarsi con il prossimo è molto bello e costruttivo; sarà forse per tale considerazione che durante le ferie estive i paesini ancora si animano e chi ritorna dalla città organizza feste e sagre per ritrovarsi in allegria.


Redattori in erba  

Niente distrazioni per i padroni

Anche i cani sentono la crisi

Salumiere con gli occhi foderati di prosciutto denuncia cane-ladro

di Benedetta Gentili

Nella soleggiata Roma di venerdì scorso, un cucciolo di labrador entra nella salumeria più famosa della Garbatella e approfittando della distrazione del salumiere ruba una fila di salsicce e fugge via.

Il proprietario si accorge del furto poichè il cane, per raggiungere il bottino desiderato sul ripiano più alto dello scaffale, ha combinato un grande scompiglio sul bancone del negozio; quindi il salumiere decide di denunciare il labrador.

Questo gli è consentito dalla legge del 1901: "ogni essere vivente accusato di furto può essere denunciato e processato in tribunale".

"Stavo comprando un semplice giornale all'edicola quando il mio cucciolo si è liberato dal guinzaglio, non mi sono accorto di nulla fin quando ho sentito le urla del salumiere che correva dietro il mio cane. Ho provato a chiedere scusa e a risolvere le cose in modo pacifico ma il proprietario non ha voluto sentire ragioni. Così ho dovuto pagare una cauzione per non farlo rinchiudere e altri soldi per i danni subiti dal negozio... Non si può neanche comprare un giornale in pace!" dice sorridendo il padrone del cucciolo Sammy.

"Sembrava una scena tratta dal telefilm ‘Rex’ - racconta il dipendente del negozio accanto - mancavano solo le telecamere e il regista!"

La denuncia, commentata dagli abitanti del quartiere, ha registrato diverse opinioni: alcuni hanno affermato che sia stato eccessivo chiamare ‘furto’ la scappatella, soprattutto da parte di un animale in quanto essere impulsivo e non ragionevole; altri hanno reputano ‘giusto’ che il padrone abbia dovuto pagare i danni causati al negozio.

Come è finita? Nel migliore dei modi: la salumeria ‘da Cesare’ è diventata famosa e vende salcicce a tutto spiano perché... il labrador se ne intende!... e l'omonimo sta riscuotendo un grande successo come uomo tutto d’un pezzo; e che dire di Sammy?! È diventato il nuovo idolo della Garbatella, perché è l’unico essere vivente ad aver ‘fregato’ il macellaio.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)