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Premio Internazionale Carlo Scarpa

Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino quest’anno è stato assegnato a un luogo incantato, ricco di memoria e valori storici. È il Bosco di Sant’Antonio in Abruzzo, presso Pescocostanzo, a cui è dedicata una mostra

La Fondazione Benetton Studi Ricerche promuove annualmente una campagna di attenzioni verso un luogo particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione, campagna denominata Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino.
Il premio intende contribuire a elevare e diffondere la cultura di “governo del paesaggio”; si propone come occasione e strumento per far conoscere, al di là dei confini delle ristrette comunità di specialisti, il lavoro intellettuale e manuale necessario per governare le modificazioni dei luoghi, per salvaguardare e valorizzare i patrimoni autentici di natura e di memoria; lavoro ancora privo di statuto scientifico e di curriculum formativo, nel quale confluiscono le scienze, le tecniche, le arti e i mestieri più diversi; lavoro che si svolge attraverso l’identificazione dei segni e dei caratteri costitutivi dei siti, la conterminazione dei loro ambiti; lavoro che prevede atti creativi, programmi lungimiranti di rinnovo, pratiche quotidiane di cura e manutenzione, norme che regolano la convivenza, nello stesso luogo, di patrimoni naturali, sedimenti culturali e presenze umane; lavoro che rifugge da ogni fenomeno effimero o ricerca d’effetto, e che trova il suo difficile parametro nella lunga durata; lavoro che ricerca l’equilibrio tra conservazione e innovazione, in condizioni di continua mobilità del gusto e di permanente trasformazione del ruolo che la natura e la memoria esercitano nelle diverse civilizzazioni e fasi storiche.

Ci sono luoghi  nel nostro Paese unici per fascino, storia e bellezze naturali. Fra di essi non poteva certo passare inosservato il Bosco di Sant’Antonio nel Comune di Pescocostanzo, in provincia de L’Aquila. 500 ettari di altopiani di un verde fittissimo, racchiusi fra spazi aperti ed alture emergenti proprio al centro della Riserva Naturale del Parco della Maiella. Un territorio appenninico “aspro e duro”, fatto anche di masserie e persistente cultura contadina.

Il Bosco, infatti, è un tipico esempio di antica “defensa”: un territorio adibito esclusivamente al pascolo alberato di equini e bovini, dove le piante sono state capitozzate per sviluppare le foglie che alimentavano il bestiame e, al tempo stesso, per produrre abbondante legna da ardere e utili frasche. Un bosco vivo, ricco, necessario un tempo alla sopravvivenza di animali e uomini.

  

Il Bosco di Sant’Antonio accoglie e incanta subito il visitatore col suo fascino, emanando il profumo dell’erba, la magia della sacra ombra, la possenza dei suoi alberi vetusti e nodosi: faggi secolari, cerri, aceri, ciliegi. Ma questo luogo naturale ha qualcosa di più, ancora. E’ intriso di ricordi, sentori di storia, transumanze e cultura contadina. Un luogo sacro, appunto, definito da Elena Croce “santuario della natura e della civiltà pastorale”. Da conservare, tutelare dal degrado e governare in modo sapiente.

Il Premio è promosso ogni anno dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche, presso i cui spazi è allestita la mostra dedicata al luogo designato nonché un seminario a tema.

Bosco di S. Antonio

La Riserva del Bosco di Sant’Antonio, istituita nel 1985, ha un estensione di 550 ettari. Si trova ad una quota compresa tra i 1290 e i 1420 m di quota.

Ricade nel territorio del Comune di Pescocostanzo ed è compresa dall’anno 1992, anno della sua istituzione, nel Parco Nazionale della Majella.

Racchiudendo in se’ oltre alla bellezza degli alberi secolari numerose testimonianze storiche, rappresenta un vero monumento, costruito dalla natura e conservato dall’uomo nei secoli. La riserva offre suggestivi paesaggi in ogni stagione dell’anno grazie alle forme e ai colori che assumono gli antichi Faggi (Fagus sylvatica) e i maestosi Aceri cui si affiancano il Pero selvatico (Pyrus pyraster), il Tasso (Taxus baccata), il Cerro (Quercus cerris) e il Ciliegio (Prunus avium). Questo biotopo forestale di notevole interesse naturalistico si è conservato sia per la consuetudine locale di utilizzare il bosco come “difesa”, cioè come pascolo erborato per bovini ed equini, sia per una forma di rispetto da parte della popolazione locale.

  

Tra la flora ci sono specie protette come la Genziana maggiore (Genziana lutea), la Peonia (Peonia officinalis), la Stellina odorosa (Galium odoratum), l’Erba fragolina (Sanicula europaea), l’Elleboro (Helleborus foetidus) e la rarissima Epipactis purpurata, un orchidea conosciuta solo qui ed in Emilia Romagna.

Vario il patrimonio avifaunistico. Si può osservare il Rampichino (Certhia brachydactyla), il Picchio muratore (Sitta europaea), il Picchio verde (Picus viridis), la Tordela (Turdus viscivorus), etc.

Tra i predatori lo Sparviero (Accipiter nisus) e la Poiana (Buteo Buteo). Tra i mammiferi oltre alla donnola (Mustela nivalis), al tasso (Meles meles) e alla volpe (Vulpes vulpes) si segnalano anche frequenti escursioni del lupo (Canis lupus).

Sfiorato con tutta probabilita’ dalla Via Minucia romana che collegava Corfinio con Isernia, a pochi metri dalla strada asfaltata, il Bosco di S. Antonio merita di essere frequentato in tutte le stagioni. D’inverno, tra i suoi faggi e nel pianoro sottostante si snoda una delle piu’ belle piste per sci di fondo abruzzesi; d’estate e’ possibile compiere passeggiate piu’ o meno brevi, oppure sostare al fresco per un piacevole picnic.

  

Mostra di documenti e immagini

La mostra, a cura di Luigi Latini, nell’ambito del Premio Carlo Scarpa coordinato da Domenico Luciani, raccoglie materiali fotografici, documentari e video che raccontano, in tre sezioni, la vicenda storica e sociale, gli aspetti naturalistici e la dimensione paesaggistica del Bosco di Sant’Antonio.

Nella prima parte sono presentati materiali cartografici, fotografici e documenti necessari per la comprensione della natura geografica e topografica del luogo, della vicenda storica del bosco nelle sue relazioni con il territorio e la città di Pescocostanzo, degli sviluppi culturali che hanno accompagnato la vita del bosco, compresa la decisiva battaglia per la sua difesa, all’inizio degli anni cinquanta del secolo scorso.

Nella seconda sezione vengono messe a fuoco le questioni più legate agli aspetti naturalistici del bosco, al patrimonio vegetale e alla sua “architettura”, alla sua collocazione nel quadro dei paesaggi abruzzesi. Sono utilizzati per questo materiali fotografici e documentari come riprese aeree con documenti video.

L’ultima sezione è centrata su un unico, importante documento di sintesi: il film documentario Mille anni di Ermanno Olmi (1994) che tocca da vicino il tema del Bosco di Sant’Antonio e le relazioni tra natura e civiltà umana che la montagna abruzzese esprime in questi luoghi.

  


Love is green

Di Ruggero Scarponi

Quando arrivò in ufficio, non mi fece una buona impressione, nel senso che una così ti crea un po’ d’imbarazzo. E poi uno, solitario come me, nel lavoro, abituato a star solo, a farsi i fatti suoi, condividere uno spazio, mica grande, insomma un po’ ci sformavo.

Intanto, la furba, andò subito ad occupare il posto migliore, vicino alla finestra, e poi se la tirava, uh! E come!

D’accordo, gli occhi ce li avevo anche io e a dirla tutta non mi era indifferente.
Mi dissi: “attento, una frangetta così che ti capita fra capo e collo all’improvviso, è roba da farti girare la testa !E allora contegno ci vuole… e niente sbirciatine, comportati bene che sei anche sposato!”.

E tuttavia ammetto di averci provato.
Le offrivo da bere. Un tipo, però! Sveglio!
E mica ci cascava. Si, accettava, un po’ d’acqua, al massimo…sai che soddisfazione!...
E di rado anche.

E io lì a fare il cascamorto come un quindicenne, a esser gentile, a farle mille moine, a parlarle di me…Sapete come si fa, no? Con le donne…Che sono sensibili quelle…
Le parlavo del mio lavoro e lei ascoltava. Allora mi dicevo: “ è fatta, questa ci stà”!
E invece… niente, non c’era proprio trippa….

E poi era un tipo ligio in Azienda, che quasi ti faceva sfigurare.
Oh, io pure non scherzo e se c’è da lavorare non mi tiro indietro.
Ma quella sbarbina ce la trovavo, in ufficio, prima di me al mattino! E la sera… sempre al suo posto! Ci passava la notte sul lavoro…mi sa… Una così, garantito, ti manda ai pazzi.

Ogni tanto pensavo: “con questa ci vuole decisione, mi sa di quelle smortine che se non ti fai avanti…”.
E però era sempre così contegnosa che mi smontava.
Insomma dopo tanti tira e molla imparai a conviverci.

Alla fine, mi dissi: “ questa, sta qui in ufficio come me, a fare la sua parte. Rispetto ci vuole”.
E non ci pensai più. Beh, più, non è esatto. Non era possibile perché chi non l’ha vista agghindarsi tutta, specie in estate, non può giudicare.
Ma io si. Io che me la trovavo di fronte tutte le mattine e… certe mattine, ohè, dico, roba fine, di lusso…roba per ricchi! Potrei scrivere un catalogo sui colori che metteva su. Un gusto! Una finezza! Uh! Che femmina!

E poi sana, in salute. Quella il raffreddore, l’influenza, non sa neanche da che parte stanno.
Tra noi lo posso dire: ” e che! Qualche volta non mi capita di alzarmi male, lo stomaco sossopra e la bocca che sembra di aver mangiato peperonata alle cinque del mattino? E allora uno se ne sta a casa e aspetta che gli passa, magari basta un giorno, tra noi si può dire, una volta, due l’anno… e che diamine! Se uno se ne sta a casa, si prende un giorno che male c’è? Il mondo non si ferma, figurarsi l’Azienda!”.

Lei invece, la smortina, quella fragile fragile, il sesso debole, quella, niente, mai una buca, sempre presente. Altro che Carabinieri! Nei secoli fedele, sembrava fosse il suo di motto, mica dell’Arma!

E poi che rabbia! Bastava che uno entrasse in ufficio che subito la puntava diritto come un incrociatore e cominciava a sproloquiare e a sbavarle addosso . Io ero geloso. E come! Subito mi attivavo a fare sbarramento. “Roba mia, roba privata, per piacere, non è per estranei”.

La piccola m’aveva rosolato bene bene. Avrebbe potuto far di me qualsiasi cosa (robe che si dicono quando si è innamorati, naturalmente…).

Avevo anche imparato i suoi ritmi. Sapevo aspettare. Oramai purché fosse gentile, mi andavano bene anche i suoi silenzi ma… che si facesse guardare! Mi bastava anche solo quello.

Delicata, con i sui rami verdi di foglioline tornite, rigogliose, cangianti dal verde più tenue al viola acceso a seconda della stagione. Per me e per me solo era dolce pronunciare segretamente il suo nome, difficile d’altronde, di quelli che si danno alle piante grasse.

Me la invidiavano tutti in Azienda. Ma era mia.

Poi un giorno, era passata già da un po’ l’ultima fioritura che l’aveva vista più sfolgorante che mai, mi accolse con un regalo. Non me l’aspettavo! Era la prima volta…E mi ricordo bene la data, e per tanti motivi.

La piccola quella mattina appena misi piede in ufficio, trovandola al suo posto come di consueto, aveva issato sul ramo più alto, un fiore.

Un unico fiore.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)