cinema
Disney e Pixar
Come cambia il linguaggio per parlare ai piccoli
di Giada Gentili
“Spero soltanto che non ci dimentichiamo di una cosa - che era tutto cominciato da un topo”, Walt Disney così definì la nascita della più grande casa d'animazione cinematografica di tutti i tempi, la sua.
La storia della Disney nasce nel 1923 in America, nel primo dopo guerra più oscuro e muove i suoi primi passi nel campo dell'animazione con serie animate e corti, nel 1937 produce il primo lungometraggio Biancaneve e i sette nani.
Tra la crisi durante la seconda guerra mondiale e l'instancabile fantasia e tenacia del suo fondatore la casa di produzione entra ed esce da momenti di crisi, negli anni 60 viene rallentata la produzione di cartoni per l'assenza di richieste da parte del cinema, nel 1966 muore Walt Disney, seguito solo 5 anni dopo anche dal fratello, co-fondatore della casa di produzione.
Ma tra la fine degli anni '80 e in pieni '90 l'esplosione: viene prodotto, con notevoli successi al botteghino nonché vari premi Oscar, quasi un film all'anno.
Nel 2006 un'ulteriore svolta, l'acquisto da parte della Disney della compagnia Pixar animation studios, comprata vent'anni prima dal lungimirante Steve Jobs e al cui timone c'è il geniale John Lasseter.
In queste ultime settimane sono arrivati nelle sale italiane tre grandi capolavori Disney rimasterizzati in digitale: La carica dei 101, Cenerentola e La bella e la bestia, riproposto, quest'ultimo, in 3D, ottenendo incassi discreti nei cinema che hanno visto sale piene di bambini ma soprattutto di adulti.
La Disney, infatti, nell'immaginario dei grandi di oggi è una pietra miliare dell'infanzia, per i nativi digitali (definiti così i bambini nati e cresciuti nell'era tecnologica) rimane un bel punto di riferimento che però è stato felicemente rimpiazzato, termine che non ha necessariamente un'accezione negativa, dai geniali film Pixar.
E se negli anni della nascita Disney fino agli anni '90 le protagoniste erano le storie d'amore delle bellissime principesse, ostacolate dalla strega cattiva che riuscivano sempre ad arrivare al dolce e utopico finale del “vissero per sempre felici e contenti”, la Pixar ci ha messo una marcia in più. Tecnologia e realtà.
Dallo storico Toy Story in poi i cartoni non sono più solo storie d'amore, ma sono diventate storie di vita, della società dei nostri tempi, realizzate con tecniche innovative che rendono quasi più vere le macchine che parlano in Cars dei duelli di Fast and Furios.
Monsters & co. ne è un perfetto esempio, Gianluca Aicardi nel suo libro Pixar, Inc. - La Disney del Duemila, ne riassume la trama con termini che sembrano descrivere il mondo moderno piuttosto che un cartone: “mostri dentro l'armadio che per mandare avanti la loro società capitalistica si nutrono della paura dei bambini ma allo stesso tempo li temono”.
Alla ricerca di Nemo, uno dei primi grandi successi Pixar, è la rappresenazione dei genitori iper-protettivi che rinchiudono i figli dentro una campana di vetro, nel caso del pesciolino Nemo era un anemone, ma la vita viene loro incontro comunque.
Ma forse le due produzioni animate più mature e meno infantili sono state Up e Wall-e.
Il protagonista del primo è il signor Fredriksen, un anziano solo, arrabbiato con il mondo e attaccato alle due sole cose che gli rimangono della defunta e dolcissima moglie Ellie, il suo ricordo e la loro casa.
Migliaia di persone osservando il vecchietto scendere con il montascale in casa avranno rivisto i loro nonni; nipoti e figli osservandolo compiere gli stessi movimenti ogni mattina si sono ricordati dei loro anziani costantemente soli. E altrettanti nonni accompagnando i bambini al cinema si sono rivisti nella cura maniacale delle cose più materiali e nell'insofferenza verso il mondo che va avanti e a cui pare loro non servano più.
E così il tenero Wall-e, l'ultimo robot spazza-rifiuti rimasto sulla terra ormai distrutta perché invasa dalla spazzatura. Circa quindici minuti iniziali di solo silenzio e pura immagine, perché questo è il cinema, “l'arte dell'immagine”, che trasmette allo spettatore la solitudine, il senso di smarrimento e la desolazione con cui saremo costretti a confrontarci a causa del nostro egoismo nei confronti del pianeta.
Poche battute, definito “silent movie”, è così che i geni dell'animazione cercano di innestare nei più piccoli il senso ecologico.
L'intelligenza nel saper comunicare tematiche di attualità con ironia e tenerezza, è questo che ha fatto grande la Pixar.
I bambini di oggi, che ricevono, secondo l'ISTAT, il primo cellulare tra i 10 e gli 11 anni, che sanno usare i computer meglio dei genitori e che (sempre da indagine ISTAT) iniziano a capire cos'è la Rete all'età di 6 anni, hanno anche la necessità di comprendere le grandi tematiche di attualità proprio perché sono meno ingenui dei bambini di una volta ma rimangono pur sempre bambini.
È nell'aver capito questo che sta la polvere di fata della Pixar: usare il linguaggio, solo più perfezionato, inventato quasi 90 anni fa dal signor Walt Disney e descrivendo il mondo in cui viviamo ma con l'immaginazione e la creatività che fanno sì che gli animali parlino e le case volino grazie a tanti palloncini.