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Racconto

Cesarina va alla guerra

di Ruggero Scarponi

Sono appena le quattro di mattina e fa già caldo. Settembre brucia come d’agosto, a Roma, nel 1943. È l’alba del 10; alcune compagnie di paracaduti tedeschi hanno ricevuto l’ordine di occupare il quinto caposaldo, a sud di Roma, al vecchio ponte della Magliana. Dal giorno prima attraverso la radio, l’agenzia Reuter, ha diffuso la parola d’ordine, in codice, che segna l’inizio delle operazioni contro le truppe italiane. I Diavoli Verdi, così sono chiamati i parà tedeschi, non perdono tempo. Rapidi e bene armati si avviano a occupare il ponte che si trova sulla carrozzabile che conduce verso nord. La reazione italiana è generosa ma confusa. Gli ufficiali superiori sono spariti e nessuno sa più bene cosa fare. Solo così si può spiegare la disfatta dei nostri. Si è detto che i Tedeschi fossero meglio armati e forse sarà stato vero. Ma gli Italiani disponevano comunque di forze sufficienti a respingere qualsiasi attacco. La realtà è, che come spesso è accaduto nella nostra storia, anche recente, l’insipienza delle classi dirigenti, civili e militari e la mancanza di piani seri e concertati, ha determinato la sconfitta. In questo clima di totale disorientamento per fortuna ci pensa il coraggio individuale a salvare l’onore di una città e di un intero popolo. I “borghigiani” della Magliana fanno quadrato con le poche unità militari che non “ci stanno” a cedere le armi senza neanche combattere. Gli scontri si accendono un po’ dovunque. Il vecchio ponte della Magliana (di cui oggi non resta che qualche rudere), costruito in ferro a “fine ottocento” per un attraversamento fluviale a nord della Capitale e successivamente smontato e ricollocato sul Tevere, alla Magliana, diventa l’obiettivo strategico. Oggi, specialmente tra i giovani, pochi ricordano che è proprio qui che ebbe inizio la “battaglia di Roma” nel settembre del 1943 e non a Porta San Paolo come si studia sbrigativamente a scuola. Con uno stratagemma i Tedeschi catturano il comandante del caposaldo riuscendo in tal modo a presidiare il ponte. Quasi subito ha inizio la controffensiva italiana e si assiste durante tutto il giorno a furiosi combattimenti per il controllo dell’importante via di comunicazione. Su Roma cominciano ad affluire truppe germaniche da varie parti, soprattutto da nord, dalla via Cassia, con le brigate di panzergrenadieren. Si combatte intorno ai depositi di carburante tra la città e il mare. Si combatte alla Cecchignola e poi, di quartiere in quartiere fino alla Montagnola. Gli Italiani, come si è detto, potrebbero facilmente respingere i Tedeschi. Possono contare, infatti, su almeno otto divisioni contro le quattro nemiche e sul doppio dei mezzi corazzati. Ovunque però la mancanza di coordinamento e qualche volta una certa pavidità dei comandanti non consentono di sviluppare una vigorosa azione di contrasto (spiegabile, purtroppo, dal fatto che nelle stesse ore, si assiste alla fuga del Re che con un convoglio di sessanta automobili percorre una via Tiburtina “stranamente” lasciata libera dai Tedeschi). Tra i civili, i “borghigiani”, risalta in particolare il sacrificio del fornaio Quirino Roscioni, grande invalido della guerra quindici-diciotto, tra i primi a sostenere i nostri soldati rifornendoli di cibo e dando ricovero ai feriti, freddato dai tedeschi insieme alla cognata, Pasqua d’Angeli, dopo essere stati fatti prigionieri. Commuove la fine di Luigi Perna, giovane studente e ufficiale dei Granatieri di Sardegna, centrato in mezzo alla fronte da un proiettile. In tasca aveva ancora due sfilatini caldi, per sé e per il suo aiutante, che gli erano stati dati dal fornaio. Col passare delle ore i Tedeschi guadagnano terreno. A Porta San Paolo lo scontro decisivo, di breve durata. Roma si arrende allo straniero. Dopo, per un giorno, due ancora, una sfilacciata serie di episodi rabbiosi di resistenza, da Piazza Venezia a via Cavour, fino a Piazza dei Cinquecento e vie adiacenti, dimostrano la reazione scomposta ed emotiva di una cittadinanza tradita e che rifiuta una resa da cui si sente oltraggiata. E veniamo a Suor Teresina, delle suore di S. Anna, al secolo Cesarina D’Angelo. La giovane suora presta la sua opera d’ infermiera presso il forte Ostiense, sede del comando italiano e divenuto all’occasione ospedale militare. La struttura esiste ancora ed è ben visibile dal viadotto della Magliana. Al forte giungono in continuazione i feriti negli scontri alla Montagnola. Le Suore di S. Anna e quelle Alcantarine si prodigano in tutti i modi ad alleviare le sofferenze di quei poveretti. La situazione precipita, i Tedeschi infrangono le esili linee di difesa dei nostri soldati e irrompono nell’ospedale. Un parà armato di pistole-machine sfonda con un calcio la porta d’ingresso di una stanza adibita a corsia ospedaliera. Tra le giovani suore qualcuna non riesce a trattenere un grido di terrore. Il soldato appare minaccioso e terribile. In volto reca un’espressione truce e imbraccia la mitraglietta spianata e pronta a sparare. Poi d’improvviso sembra interessarsi a un soldato ferito, disteso su una branda. Lo scruta e con gesto rapace fa per impossessarsi di una catenina d’oro con il crocefisso che s’intravede dal colletto aperto della giubba militare. La reazione di Suor Teresina è immediata. Furente addirittura. Mossa da un’energia inspiegabile, senza timore affronta il tedesco per impedirgli un gesto che prima ancora che un furto recepisce come sacrilego. Ma il soldato ha afferrato la catenina strappandola al legittimo proprietario. Suor Teresina, allora, non esita e vibra sulle mani del tedesco un colpo secco e violento. Quasi incredulo e completamente smarrito, questi, allenta la presa abbandonando il bottino e, a precipizio, la stanza, non per timore, credo, ma per vergogna. Solo allora ci si rende conto che Suor Teresina ha colpito il tedesco con un pesante crocefisso di metallo. La scena sarà immortalata in una raffigurazione del Prof. Licini che si trova presso la Chiesa parrocchiale Gesù Buon Pastore alla Montagnola. Andate a visitarla con i vostri figli, possibilmente, ne vale la pena. Certi episodi, benché modesti sullo sfondo grandioso di una guerra c’invitano a riflettere sull’importanza del coraggio nel quotidiano. Anche così si forgiano le generazioni.


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)